Philip Cranston
Fagottino di verza con pasta di salame fresca, fondutina alla molana e tartufo nero
Dolcezze Silvia Biasioli, l'ingegnere dolce che ha aperto la sua pasticceria a Trento
Laura Fratton, Dominga Cotarella e Mariella Organi, tra le protagoniste del dibattito "Futuro e formazione", che ha avuto luogo domenica scorsa a Identità di Sala (foto Brambilla/Serrani)
Che la questione sala e personale di sala sia di straordinaria attualità lo dimostra il moltiplicarsi degli istituti di formazione dedicated to, quelli di vecchia istituzione si rinnovano, di nuovi se ne aprono, su un fronte e sull’altro si lanciano nuove sfide: metti la prima guida interamente dedicata ai camerieri firmata dall’associazione Noi di sala per i tipi di Giunti. Tutti d’accordo su un punto, di sala più se ne parla, meglio è. Per tutti.
Per Mariella Organi, signora di sala alla Madonnina del Pescatore di Senigallia oltre che costola del comitato scientifico per l’ospitalità di Alma, essenziale per formare un cameriere fatto e finito è intanto non lasciare gli studenti al palo dell’ultimo giorno del corso. «È mia cura accompagnarli anche dopo, li sento spesso al telefono, mi piace capire come si stanno preparando al lavoro, cosa faranno dopo i banchi di scuola. Quello che mi preme è che spendano bene il loro tempo, la sensibilità e concentrazione sulle persone è essenziale nel percorso formativo, umano e professionale». Per Laura Fratton, della Scuola alberghiera di Tione, la premessa è la differenza del sistema trentino rispetto al resto dell’Italia, territorio autonomo per costituzione, ma le conclusioni sono le medesime. «Noi abbiamo totalmente svecchiato il piano di studi, smantellando il vecchio percorso sala-bar con un focus tutto dedicato all’accoglienza e all’ospitalità». Ma quel che c’è di veramente rivoluzionario è forse il fatto che per la scuola la comunicazione con le aziende è diventata prassi: «Costruiamo i piani di studio insieme alle imprese, tanto più perché dal quarto anno c’è l’alternanza scuola-lavoro. Il focus è acceso su tre parole-chiave: saper trasmettere identità, essere consapevoli della bellezza italiana, la sacralità dell’ospite. È questo che per noi fa grande un professionista di sala».
Italians do it better? La risposta è sì per Mariella Caputo dell’associazione Ambasciatori del gusto, nata del 2016 per promuovere il gusto italiano nel mondo. La signora de La Taverna del Capitano, responsabile di sala per gli ambasciatori golosi, ha sottolineato: «Fare formazione è il progetto tutto dedicato all’ospitalità che abbiamo lanciato, per superare le criticità del settore e la mancanza di professionalità che determina squilibri fra sala e cucina». E non c’è dubbio che le più suggestive delle lezioni derivino dall’esperienza diretta: «Mio marito dice che si è innamorato di me, ma ha sposato il ristorante. Io lo prendo come un complimento. Il nostro sforzo quotidiano è quello di lavorare in rete, creare uno staff: se io sono qui è perché le persone che lavorano con noi hanno sviluppato un’autonomia e una dedizione tali da consentirmi di allontanarmi. Ecco, è importante che ciascuno abbia consapevolezza del proprio ruolo. Il lavapiatti è una delle figure strategiche, fondamentali, per esempio: se il piatto esce sporco l’esperienza è compromessa al di là dei giochi di prestigio che un cuoco può metterci dentro».
Ai due estremi, Matteo Zappile e Mariella Caputo
Zappile con Federico De Cesare Viola, moderatore di giornata
Cronista di professione, curiosa di fatto e costituzione, attitudine applicata al giornalismo d’inchiesta e alle cose di gusto. Scrive per Repubblica, Gambero rosso, Dispensa