22-04-2019
Sul tema della sala, ospitiamo questo intervento di Carmine Renzulli, restaurant manager di Spazio Roma di Niko Romito
Ho come l’impressione che di sala parla solo l’élite della ristorazione e la mia considerazione sta nel fatto che parlando solo loro e tra loro, si rischia che il messaggio rimanga fermo in alto e non arrivi a chi oggi ha voglia di avvicinarsi alla sala e a questo bellissimo lavoro.
Carmine Renzulli, restaurant manager di Spazio Niko Romito a Roma
Partiamo dal fatto che avendo lavorato in età giovane in giro per l’Europa ho sempre avuto la sensazione che i camerieri italiani, e non a detta mia, sono i migliori del mondo e quindi oggi più che mai bisognerebbe coinvolgere tutti, e quando dico tutti intendo dal piccolo ristorante di paese o di provincia fino al grand hotel.
I grandi chef hanno aperto solo scuole di cucine e non di sala, il motivo penso sia legato al fatto che oggi il cuoco è visto come una rockstar e il cameriere come una parte non importante dello stesso meccanismo. Ci tengo a dire che quello del cameriere è un lavoro nobile ed è e sarà sempre importante, anche fondamentale, per la riuscita di un buon servizio e per il successo di un attività.
Poi non bisogna essere ipocriti: bisognerebbe sfatare il tabù che per essere un buon cameriere o lavorare in un buon ristorante vuole dire lavorare 14/16 ore al giorno per 6 giorni a settimana. Quindi anche il legislatore dovrebbe essere coinvolto e alleggerire i costi di tasse al datore di lavoro, e per questo ci vorrebbe un coinvolgimento anche da parte di chi dovrebbe aiutare il datore di lavoro a migliorare la qualità del lavoro dei dipendenti e di alleggerirgli i costi.
Per me, che mi sono formato fuori dall’Italia, la formazione del personale è fondamentale, il coinvolgimento nel processo operativo è vitale attraverso le analisi di costi e ricavi, così le persone capiscono come attraverso un lavoro di squadra si migliora la vita lavorativa.
In America, già negli anni 60 è nata, la psicologia del lavoro, ossia se il lavoratore sta bene rende di più, e rendendo di più il datore di lavoro guadagna di più. Basta con il tabù che «se io lavoro nel grande ristorante con un grande chef e devo essere sfruttato».
Chiudo dicendo che il mio è il lavoro più bello al mondo, e ti dà l’opportunità di imparare tante cose e conoscere tante persone perché a tavola siamo tutti uguali quindi io parto dal presupposto che imparare come si prepara un piatto o sapere da che une è fatto un vino vale sia per la grande elitaria ristorazione che per la pizzeria o il ristorante di quartiere.
Poi in ultimo abbiamo il privilegio di essere nati e lavorare nel più bel paesa del mondo. Quindi abbiamo il dovere di essere preparati e professionali ad accogliere il turista con un grande sorriso, calore umano e preparazione professionale, sia a Venezia che a Crotone.
a cura di
avellinese, classe 1978, ha lavorato in Inghilterra al Metropolitan e al Petrus con Gordon Ramsay. Quindi in Italia al Romeo di Napoli, al Capri Palace e due anni a Milano durante l’Expo, poi di nuovo a Roma all’Imàgo dell’Hassler e all'Assaje dell'Aldrovandi Villa Borghese. Ora è restaurant manager dello Spazio Roma di Niko Romito