01-04-2016

Palestra di sala, ricordando Frank

Giuseppe Palmieri spiega il suo progetto, nel nome di Rizzuti. Ne discuterà ad Arrabbiatissima

Sala e cucina sullo stesso piano. E una

Sala e cucina sullo stesso piano. E una "palestra" per far sì che la primi s'elevi al livello della seconda, che in italia è al top mondiale. Sono i messaggi che Giuseppe Palmieri vuole lanciare durante Arrabbiatissima, la festa prevista a Modena domenica 3 aprile. Li anticipa su Identità Golose

[Cosa sia Arrabbiatissima, il 3 aprile a Modena, e perché vi si parlerà molto di sala, Giuseppe Palmieri l’ha già spiegato nei giorni scorsi, in questo suo post. Lo abbiamo sentito, per saperne di più. Ha preso ha parlare con tale passione e trasporto, da rendere inutile l’opera del giornalista che tesse la trama. Ecco allora, semplici e chiare, le parole di Palmieri. (Carlo Passera)]

Arrabbiatissima è innanzi tutto una festa, non la prima che organizziamo Da Panino, e tutte le altre hanno avuto un buon riscontro. Però in questo caso volevamo fare qualcosa di diverso: avevamo voglia di attirare l’attenzione del nostro pubblico – al di là del piacere di stare insieme, al di là dell’ironica sfida che anima l’appuntamento – su un tema che mi sta molto a cuore, quello della sala. E’ ormai una questione della quale si dibatte parecchio, e la cui importanza è emersa, anche grazie a voi di Identità Golose che ne raccontate le storie, oppure ad altri che si dimostrano consapevoli seppur in modo diverso.

"The best of" brigata di sala della Francescana 

"The best of" brigata di sala della Francescana 

La grande chance italiana – E’ strepitoso quanto la crescita degli chef italiani sia ormai un’evidente realtà. La questione è che si è puntato tutto su di loro, trascurando la sala. In tanti ristoratori mi scrivono, dicendomi che sono in difficoltà non tanto a trovare figure di qualità per il servizio, ma che siano sullo stesso piano dello chef. E’ questo è il vero gap: proprio perché le cucine italiane traboccano di talenti, i ritardi della sala emergono ancor più chiaramente. Ma tale discrasia è molto penalizzante: un grande piatto che, in sala, finisce nelle mani di una persona non in grado di reggerne metaforicamente il peso, equivale a un cerchio che non si chiude. Invece piatto e servizio, cucina e sala devono essere sullo stesso piano. Oggi la più grande cucina del mondo siamo noi, ma la più grande sala è ancora francese. In compenso, Oltralpe è venuta a mancare la cucina. Dobbiamo essere più bravi noi a supplire al nostro deficit di sala, di quanto possano mostrarsi i francesi a porre rimedio alle loro difficoltà di cucina: non vorrei trovarmi, tra un po’, ad avere a che fare con una nuova generazione di cuochi transalpini, supportati come sempre da una sala perfetta. E noi dietro, ancora una volta. Eh, no.

Manie di grandezza? – Mi rendo conto che può sorgere un equivoco. E profilarsi un pericolo. Qualcuno può sospettare: non è che tutto questo parlare di sala nasconda ambizioni personali? Ossia, chi anima il dibattito lo fa per ragioni autoreferenziali? Perché invidia la fama degli chef e vuole porsi sullo stesso piano per semplice vanità, alla ricerca di riflettori che lo illuminino con uguale intensità? Sgombriamo subito il campo, con una premessa: anche in questi anni così difficili per la sala, sono emersi campioni come Alessandro Pipero, Marco Amato, Alberto Tasinato… Ecco: noi vogliamo che in tanti, nei prossimi anni, diventino non come Carlo Cracco, ma come Alberto Tasinato. E allora sì che la desidereremmo, la luce dei riflettori; e ci piacerebbe che ai congressi, penso a Identità, sul palcoscenico del futuro accanto allo chef ci fosse il suo collega di sala. Ma non per dar importanza a lui medesimo, quanto al suo ruolo. Ma dare credibilità al lavoro che compie ogni giorno. E, con la stessa logica, vorremmo che una critica oggi tutta concentrata sul piatto, potesse dedicare ugual attenzione al servizio.

Massimo & Giuseppe

Massimo & Giuseppe

Una scuola diversa, nuova – Quanto ho appena affermato è importante, ma non nuovo: parole ne sono state dette tante. Voglio passare ai fatti. Ossia creare qualcosa di inedito. Di scuole di sala & cantina ad altissimo livello ne abbiamo già, penso ad Alma, a Noidisala… Non desidero proporre un doppione, non voglio una scuola, ma una palestra. Mi spiego: io credo che, per il professionista della sala, la teoria, lo studio valgano un 25% del totale, mentre il 75% gli venga dalla pratica quotidiana. Solo quest’ultima fa comprendere i meccanismi e insegna come affrontare le difficoltà, quali atteggiamenti occorre tenere. Penso dunque a corsi teorici che durino tra i 3 e i 6 mesi (un primo gruppo pilota sarà di 10 persone per 3 mesi) e poi subito all’inserimento nel mondo del lavoro, a tutti i livelli possibili: si può essere impiegati nella pizzeria dei fratelli Salvo come in una grande gelateria, fianco a fianco di un pescatore quanto da Uliassi. Non importa: è l’esperienza generale a diventare professionalità. Credo che chi possa uscire da un percorso siffatto abbia subito ottimi sbocchi professionali, perché - giova sempre ricordarlo, specie in un mondo dell’haute cuisine italiana che presenta spesso bilanci non esaltanti: in un ristorante - i conti in ordine li garantisce la sala, non la cucina.

Il giusto compenso – A proposito di soldi, va detta una cosa: da oggi in avanti, bisogna gratificare anche economicamente le persone che lavorano in sala. Dicevo prima che in tanti mi contattano. Tra loro, una buona parte è alla ricerca di qualche ragazzotto, da mandare allo sbaraglio e pagare poco. Buttato sul ring senza preparazione, fa quel che può. Ecco: occorre cominciare a guardare alla formazione della brigata di sala con occhi diversi: tutti vanno gratificati economicamente, altrimenti appena possono prendono un aereo per Londra o Dubai. E non è un caso che proprio in tali luoghi, le sale migliori vedono proprio noi italiani come protagonisti.

Ma quanto tempo occorre? – Mettere sullo stesso piano chef e maître, sommelier e capopartita, cuoco e cameriere… Sembra un’impresa titanica, per realizzare la quale occorrano anni e anni, se mai vi si riuscirà. Io sono convinto del contrario: il percorso che intraprenderemo per recuperare il gap dovrà essere, anzi sarà veloce, perché il sistema è pronto. Mi ricordo la prima Identità Milano, 12 anni fa: il quadro era diverso. Si dovevano gettare le basi, si trattava di spingere la cucina italiana a intraprendere un nuovo percorso. C’è voluto tempo. Qui abbiamo già le fondamenta, la storia è già scritta, va solo ripresa: questo ci consentirà, tra qualche anno, di chiudere il cerchio.

Frank Rizzuti

Frank Rizzuti

Nel nome di Frank Rizzuti – Ho voluto dedicare questa mia iniziativa di scuola-palestra a Frank Rizzuti. Io l’ho conosciuto negli ultimi anni della sua vita. Era lucano come me, veniva da una terra che è – come si dice – il posto ideale per partire verso un fallimento. Amo la Basilicata, una regione straordinaria; ma anche tremendamente immobile, dove domina la cultura del lamento. Per questo io, a 18 anni, decisi di andarmene; e per lo stesso motivo ho stimato tantissimo chi, come Rizzuti, ha invece scelto con coraggio di rimanere e tentare di realizzare, da visionario con gli occhi aperti, il suo sogno. Anche se era circondato da persone che gli dicevano di no. Ebbene, ce l’ha fatta, perché era una persona determinata, anche se poi ha pagato caro questa sua ribellione alla cultura della rassegnazione: se solo si fossero svegliati in tempo per diagnosticargli il male che l’ha portato via, invece di buttare via un anno… Ma è giusto che, sul sue esempio, la scuola che ho in mente gli sia dedicata.

Io e Bottura – La sala vive per la cucina, non per avere anche noi della sala un palcoscenico autonomo. Un ristorante ha senso se è guidato da un grande chef; è lui il protagonista, mentre la sala deve essergli sullo stesso piano, ma solo perché deve validamente assecondare l’eccellenza dei suoi piatti. E può farlo se matura la consapevolezza del proprio ruolo, che è funzionale e coordinato, non subordinato. Credo di pormi nei confronti di Massimo nello stesso modo, ossia nel modo che ritengo più corretto: lui è un genio che pretende tanto, è spesso difficile stargli a fianco. Ma bisogna sforzarsi a riuscirci, e io mi sforzo ogni giorno.

A Modena, da gennaio – La scuola intitolata a Frank Rizzuti vedrà la luce e gennaio 2017, a Modena. Sarà una scuola privata, bisognerà pagare un costo per entrarvi, ma chi dimostrerà passione e determinazione potrà frequentarla senza versare un euro. Forza che ce la facciamo!


In sala

Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri

Giuseppe Palmieri

di

Giuseppe Palmieri

classe 1975, maître e sommelier dell'Osteria Francescana di Modena, cura anche Glocal, think global live local, "organic blog"

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