Luca Sacchi
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Mariella Caputo, ambasciatrice della cucina italiana nel mondo (nonché Ambasciatrice del Gusto)
Molto interessante qualche giorno fa la classica chiacchierata pomeridiana via Instagram di Paolo Marchi, ospiti in quel caso Alfonso e Mariella Caputo, la coppia che dà vita e sapore alla Taverna del Capitano di Marina del Cantone a Massa Lubrense (Napoli). Al termine, ne abbiamo approfittato per rivolgere qualche domanda a Mariella: lei alla Taverna da molti anni è bene allenata ad accogliere una clientela internazionale verso la quale è divenuta ambasciatrice preziosa del buon pescato di questa costa incantevole e dei tanti prodotti agroalimentari della Campania.
Che evoluzione ha avuto nel tempo questo impegno costante nella famiglia Caputo? «Il nostro impegno continua, anzi cerchiamo di ampliare ancora di più la rete di fornitori locali per salvaguardare il buono e il sano della produzione di eccellenza della Campania. In un momento così difficile il ritorno alla Terra ci salverà: il rispetto - dell’ambiente, delle biodiversità, del mare, dell’aria, di tutto il nostro ecosistema - sarà la chiave di svolta per il futuro. Non perdiamo tempo. Noi, nel nostro piccolo, stiamo creando un circuito di cose buone, ma è presto per parlarne. Tra un po’ sveleremo il progetto».
Vista dalla Taverna del Capitano
Qual è stato il segreto della Taverna del Capitano considerando che, nel lungo percorso di ristoranti stellati lungo la costa di Sorrento, voi siete geograficamente gli ultimi? «Il segreto è stato, prima di tutto, crederci ed essere costanti ed ospitali con i clienti. Dopo le lunghe file della costiera sotto il sole cocente, aspettiamo gli ospiti, ci prendiamo cura della loro auto e li accogliamo nella nostra casa».
Mariella e Alfonso Caputo
Con tuo fratello Alfonso, lo chef della Taverna del Capitano, hai un rapporto di piena complicità. Ce lo racconti? «Siamo stati cresciuti dai nostri genitori con dei valori semplici: famiglia, rispetto, lavoro ed educazione. Poi abbiamo distinto i ruoli senza mai dimenticare che si lavora in team e ci si confronta, si discute, si litiga ma poi si trova una soluzione».
Il lockdown dovuto alla pandemia Covid–19 è arrivato a marzo, quando voi eravate ancora nel periodo di chiusura invernale. Come avete immaginato e programmato la ripresa? «È molto difficile immaginare il futuro in un momento così incerto e senza riferimenti. Abbiamo programmato di riaprire il primo giugno, se tutto va bene, contando sul lavoro nostro e dei fidati collaboratori, ripartendo da zero senza guardarsi indietro».
Tu sei sommelier e la sensibilità femminile in questo tipo di lavoro spesso è un valore aggiunto. Cosa ne pensi? «Essere donna e sommelier mi ha dato la carica per smentire i pregiudizi. Non so se sia un valore aggiunto, ma è sicuramente un valore di cui la ristorazione italiana non deve fare a meno».
Come gestirai la cantina e la carta dei vini? «Sarà la carta di sempre, fatta su misura del cliente e delle sue esigenze. Stiamo pensando ad un codice qr sia per il menu che la carta dei vini per evitare il contatto, così il cliente può sentirsi più sicuro».
Se fossi un vino, quale saresti? «Un rosso del Vesuvio».
Sei ambasciatrice della cucina italiana nel mondo (nonché Ambasciatrice del Gusto) e con Alfonso hai partecipato alla settimana della cucina italiana in Bolivia e in Sud Africa... «Abbiamo presentato i piatti della tradizione. Ovviamente gli immancabili Spaghetti alla Nerano, ma anche gli Gnocchi di patate, il Dentice in foglia di limone... All’estero è molto importante far conoscere il gusto autentico dei nostri prodotti, l’eleganza delle preparazioni. Ed evitare le banalizzazioni».
Gli Spaghetti alla Nerano di Alfonso Caputo
Classe 1966, nata a Napoli, è giornalista, sommelier e degustatrice Onaf, oltre che di vini ovviamente. Wine & food writer
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri