Paolo Donei
Lombo di cervo, crauti di cavolo rosso, purea di mela e rapa, dumplings di coda di bue, funghi Shiitake e mirtilli rossi
Shake & shock Grande Italia a Londra: il racconto di Agostino Perrone e Giorgio Bargiani, sulla vetta del World’s 50 Best Bar
ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana, è stata fondata a Colorno nel 2004. Tra i corsi di aggiornamento professionale, ce n'è anche uno di sala, bar e sommellerie
Diplomarsi in una Scuola e guadagnarsi subito le chiavi di una sala. Per merito delle proprie caratteristiche personali, è ovvio, da quelle non si può mai prescindere: soprattutto se tra di esse, di fianco alla vocazione, ci stanno il desiderio di imparare e l’abnegazione di mettersi a studiare. Ma per merito anche della ‘cassetta degli attrezzi’ - completa degli strumenti più evoluti, dei più rari e sofisticati - che quella Scuola infila nello zaino di chi sceglie di farsene carico, portando poi da solo, sulle proprie spalle, il ‘compito’ con cui inevitabilmente coincide il semplice fatto di saperli usare. Se la Scuola si chiama Alma, di questi aneddoti fatti di talento che incontra l’occasione se ne potrebbero raccontare tanti. E anche per questo coloro che ne animano tanto l’impostazione culturale quanto la pratica didattica, a Identità Milano 2020 avevano scelto di portare poca teoria e molta pratica: nel loro turno - previsto per la giornata dell’8 marzo, slittato a inizio luglio per i noti motivi – avrebbero parlato di “La formazione e l’inserimento dei giovani allievi”. Cominciando dalle case histories da raccontare: «Quelle di chi ci aiuta a dimostrare - per usare le parole del direttore generale Andrea Sinigaglia - che formiamo persone, prima ancora che professionisti».
Seduto, Andrea Grignaffini, storico membro del comitato scientifico di Alma
«Non a caso quando parliamo di rinascimento della Sala - conferma Sinigaglia - lo facciamo in chiave tutta italiana. È per questo aspetto dell’ospitalità, prima ancora che per l’alta cucina, storicamente appannaggio dei francesi, che siamo sempre stati famosi: saper combinare il calore dell’accoglienza con una grande professionalità. È un patrimonio da far rinascere e condividere a partire dalla resurrezione di questo mestiere che sembrava morto e sepolto e che oggi ci consente invece di raccontare bellissime storie di persone che, scegliendo questa strada, hanno rigenerato anche la loro vita. Sappiamo ormai tutti che al Ristorante un piatto non basta, se non è mediato dalla gestualità di chi lo serve: sarà suo il compito di tessere, un filo dopo l’altro, il tessuto dell’esperienza di ogni ospite».
Fabio Zanotti, detto il Cianta, sull'uscio della sua cantina quattrocentesca in alta val Curone dove custodisce prelibetezze come quella che tiene in mano, un salame tipologia "gentile" vecchio almeno quattro anni
Ezio Indiani, direttore generale del Principe di Savoia di Milano, ospite a Identità on the road, dove ha spiegato come gestire gli imprevisti in un grande hotel cinque stelle lusso
«Non è semplice il lavoro di sala in quello che è uno degli indirizzi più prestigiosi e carichi di storia del nostro Paese, che proprio in questo 2020 così complicato festeggia il proprio mezzo secolo di vita. Per reggere la prova, bisogna essere grandi professionisti, capaci di empatia con il commensale e di grande preparazione; di essere accoglienti e impeccabili nello stesso tempo. Lui - classe 1988, origini in un piccolo borgo irpino - ci riesce splendidamente»: sono le parole della motivazione del premio Identità di Sala assegnato a Identità on the road 2020 a Francesco Cioria
classe 1987, giornalista professionista testardamente modicana, sommelier in formazione permanente. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie, persone e imprese legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri