05-11-2024

La Contralta, in Gallura, interpreta il Cannonau in equilibrio tra passato e futuro

L'azienda è nata cinque anni fa e grazie al lavoro dell'enologo Roberto Gariup mette al centro le varietà autoctone, scegliendo tecniche antiche come l'alberello

Il futuro merita un ritorno al passato. Questa frase offre una sua sferzante bellezza, come un vigneto che guarda al mare. La realtà che diventa metafora, quella dell’azienda La Contralta, e lo fa unendo terra, tradizione, ricerca e poesia. Quella frase viene pronunciata a Milano – allo Spazio The River – dall’agronomo consulente Maurizio Saettini, che accanto a Roberto Gariup, winemaker di questa cantina sarda, ci conduce sul sentiero del Cannonau Doc tra L’Ora Grande e la novità che è L’Ora Costante.

Ma facciamo un passo indietro, a cosa si riferiva Maurizio? Alla tecnica dell’alberello, scelta appunto in omaggio a una radicata saggezza. E a molto di più.

Maurizio Saettini e Roberto Gariup

Maurizio Saettini e Roberto Gariup

È un’azienda giovane, La Contralta, e di questa sua peculiarità mostra un tratto: il desiderio di scoprire, ricercare, innovare sempre. Tuttavia, avverte anche quel legame sacro con la meravigliosa terra di cui è parte integrante. Scorrono le immagini nella stanza che si affaccia sul Duomo di Milano ed è come se mare e metropoli per un attimo si sfidassero benevolmente con la loro storia.

Nella Gallura cinque anni fa nasce l’azienda: missione possibile, unicità dei vini che sono di varietà rigorosamente autoctone e alta qualità. Due sono i poderi: uno a Enas (Comune di Loiri Porto San Paolo a sud di Olbia) che ha visto comprare cinque ettari di vigneto di circa 15 anni, mentre l’altro è vicino a Palau. In quest’ultimo terreno, che conduce al mare, sono state appunto piantate vigne ad alberello ad alta densità d’impianto. Un suolo intonso, che ha accolto e permesso di ricercare uno dei tesori di un vino, l’eleganza.

È un piacere inatteso una verticale, considerando il breve cammino. Partiamo da L’Ora Grande 2019 (qui entra in gioco la poesia, con Umberto Saba). Acciaio e tonneaux ne scandiscono il percorso, fino ai passi finali in bottiglia. Le note fruttate accolgono l’olfatto e restano a deliziare il palato, accanto a sfumature speziate e balsamiche. Un’annata fresca, la 19, mentre la 21 è stata segnata dal caldo. La 23 poi rammenta la memorabile punta di 47 gradi a Olbia: c’era molta disomogeneità nei vigneti e si sono dovute eseguire tre vendemmie. Più omogeneo il 2024.

L’Ora Grande

L’Ora Grande

Ma è tempo di spostare sguardo ed esperienza su un altro Cannonau Doc, L’Ora Costante. Questa volta è un insolito Giuseppe Ungaretti a ispirare, insolito perché si allontana dalla sofferenza della guerra e canta l’amore. L’anno dell’impianto è il 2019, l’altitudine 20-50 metri, con un’esposizione a Sud-Est e un terreno di disfacimento granitico. La vendemmia è scrupolosamente manuale, unicamente al mattino, a Palau che è zona molto ventosa.

«L’uva vendemmiata a mano nelle prime ore del mattino viene portata in cantina dove, una volta diraspata e pigiata, viene avviata alla fermentazione alcolica – spiega l’azienda - La fermentazione è svolta a temperatura controllata e dura circa 2 settimane con ripetute follature della massa. A fermentazione ultimata il vino separato dalle bucce viene travasato in vasca di cemento non vetrificato dove svolge la fermentazione malolattica e affina fino a luglio quando viene imbottigliato». In questo vino, i piccoli frutti rossi vedono entrare timidamente in garbo la viola. Colpisce l’eleganza, quella sensazione di tannini che si esprimono con vigore, non con invadenza.

L’Ora Costante

L’Ora Costante

Maurizio e Roberto descrivono cos’è stato fatto. C’è un’altra frase rivelatrice: «Abbiamo capito cosa c’era sotto, abbiamo tolto grandi pietre rotte e le abbiamo riusate in strade e drenaggi». Abbiamo capito cosa c’è sotto: un terreno, una storia, un’isola.

«Si è proceduto con l’avvio di tutti i lavori preparatori, dal movimento della terra, all’escavazione di pozzi per l’irrigazione di soccorso, fino all’impianto delle barbatelle; abbiamo quindi allevato con cura maniacale le viti, fino alla prima vendemmia nel settembre del 2023, alla quale sono seguiti i processi di vinificazione nella nuova cantina di Enas-Loiri» dice Roberto Gariup. Questa vigna vede 10.000 piante e un maestrale che detta le regole, vicino al “monumento naturale” della Roccia.

«Quest’area, prima del nostro intervento, non era stata mai coltivata in quanto dedicata esclusivamente ad antichi pascoli. Per questa ragione la quantità di sostanza organica presente nel terreno, era molto alta, così come l’attitudine ad accogliere una pianta meravigliosa e plastica nell’adattamento come la vita» osserva Maurizio Saettini. Ecco che siamo arrivati a quel ritorno al passato, l’alberello.

Un omaggio alla tradizione, sì, ma con valide motivazioni tecnico-scientifiche. È così che le viti coltivate ad alberello crescono poco in altezza e sanno resistere molto meglio all’irruenza del maestrale; anzi vista la densità si instaura una reciproca protezione. Naturale risultato le piante dagli acini con polpa molto concentrata, buccia spessa e resistente, abbondante di sostanze preziose. Le vasche prima citate in cantina sono di cemento non vetrificate per consentire al Cannonau di esprimersi al meglio. Ci vuole tempo, quel tempo celebrato nella poesia di Ungaretti.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Marilena Lualdi

di

Marilena Lualdi

responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky

Consulta tutti gli articoli dell'autore