18-04-2023

Mattia Vezzola e la sua dichiarazione d'amore per le bollicine. Da cinquant'anni

Il celebre enologo ha voluto festeggiare l'importante anniversario, ripercorrendo la sua carriera. Con l'obiettivo più importante: la longevità

Mattia Vezzola ha festeggiato i suoi 50 anni di bo

Mattia Vezzola ha festeggiato i suoi 50 anni di bollicine

Probabilmente, più che un articolo, servirebbe un libro intero per racchiudere tutti gli aneddoti di una vita nel mondo dell’enologia. E il titolo sarebbe proprio “Cinquant’anni che le amo”.

Mattia Vezzola, nel mondo del vino, non ha bisogno di presentazioni, ma sicuramente può essere considerato uno dei maestri delle bollicine, che ama da 50 anni, come lui stesso ha voluto sottolineare non solo durante i festeggiamenti per questo importante traguardo, ma anche con una particolare etichetta del suo spumante Grande Annata.

Rivivere questi cinquant’anni significa attraversare, da attenti osservatori, l’evoluzione del mondo del vino, provando magari a immaginare il cavallo con il quale il padre di Mattia Vezzola coltivava le vigne di Moniga del Garda, oppure quel panino caldo dal vicino forno che sua mamma gli portava mentre si trovava nei campi. «Per tenermi sveglio alle 5 del mattino – racconta Vezzola – mio papà mi tirava un pezzetto di terra. Ma poi arrivava mia mamma, con quel panino».

Erano gli anni in cui in Italia il consumo medio del vino era di 130 litri, mentre ora è sceso a 33 pro capite. Cambiamenti epocali, con gli obiettivi che cambiavano nel tempo: dalla quantità alla qualità.

Vezzola, oltre a organizzare una festa in cantina, ha voluto ripercorrere i suoi cinquant’anni di viticoltura (e di bollicine) in un incontro, tenuto insieme a due amici: Davide Gaeta, professore dell’Università di Verona, e Marco Simonit, uno dei più importanti agronomi al mondo. Non è solo un racconto didascalico di una carriera, ma è un viaggio attraverso gli aneddoti.

Mattia Vezzola, Davide Gaeta e Marco Simonit

Mattia Vezzola, Davide Gaeta e Marco Simonit

Nella sua mente, tutto cambia nel 1972, quando da Conegliano, dove aveva studiato enologia, parte alla volta della Francia. «Vado in Champagne, dove trovo una grande tradizione, ma anche una forte reticenza nei confronti di ragazzi di 22 o 23 anni che erano lì per imparare. In Champagne capisco una cosa: la longevità è fondamentale. Così nel 1973 parte la mia sfida, comprando lo Chardonnay per fare Metodo Classico».

Ma dove è il segreto della longevità? «In vigna. Noi dobbiamo fare vini da viticoltura».

E ricorda i primi tempi. «Il mio è stato un inizio molto complesso e difficile, ma anche molto affascinante. Un giorno incontrai l’alpinista Simone Moro, che è riuscito a fare tutti i 14 Ottomila, che mi dice: “Secondo te, quando arrivi a 150 metri dalla vetta, facendo solo un passo al minuto, e guardi per aria e vedi il tempo che cambia, è più coraggioso quello che torna indietro e quello che va avanti?” Ecco, questa è la lucidità mentale. Capire se bisogna fare un passo in avanti o indietro».

La degustazione dei vini

La degustazione dei vini

Nel 1981 ci fu poi l’importante incontro con Vittorio Moretti, che gli chiese di fare un vino più importante dello Champagne. Nasce così la collaborazione, durata poi quarant’anni, a Bellavista.

Ma il pensiero di Vezzola era sempre a casa sua, al suo vino, alla sua terra. Così nel 1994 parte la prima cantina con un investimento importante sul Metodo Classico, anche da un punto di vista immobiliare, visto che servono spazi. «Poi decido di fare un’azienda solo per le bollicine. Quindi azienda la Costaripa si dedica ai vini di territorio, mentre Mattia Vezzola ai vini di attitudine, cioè quelli che sei bravo a fare. Il tutto con un investimento di 3 milioni di euro». E ribadisce: «Senza mai scopiazzare nessuno: il nostro doveva e deve essere un Metodo Classico italiano, identitario del nostro territorio»

La Grande Annata 2018 in magnum

La Grande Annata 2018 in magnum

In quegli anni – per la precisione nel 2005 – c’è l’incontro con Marco Simonit, che si dimostra un’altra svolta,in questo caso da un punto di vista delle vigne. «Qui avevamo una moria del 5% delle piante all’anno. Era pazzesco. Il pensiero corretto è potare le vigne, l’educazione all’allevamento, affinché si possa portare la pianta a vivere a lungo. Ora il rischio di morte è sceso allo 0,5%». Longevità che, si diceva, parte in vigna.

«Nel 2009 mio fratello lascia, io rilevo l’azienda – continua Vezzola - Devo ringraziarlo per quello che aveva fatto fino ad allora. Decido però di ridisegnare l’azienda».

Le quattro Grande Annata degustate: 2018, 2008, 2001 e 1995

Le quattro Grande Annata degustate: 2018, 2008, 2001 e 1995

Ma qual è il pensiero attuale di Mattia Vezzola? «Vinificare con tecnologia contemporanea e con i principi della tradizione. La cantina è un fattore interpretativo delle materie prime. Tutti i vini che fermentano in botte sono più stabili. Dov’è l’innovazione? Non possiamo usare botti nuove, altrimenti le 40 vinificazioni che facciamo per le diverse particelle diventerebbero tutte uguali. Finché la botte è batteriologicamente e fisicamente a posto, noi andiamo avanti. Più anziane sono e più preziose sono».

La differenza tra i vigneti, comunque, rimane l’elemento chiave per poter assemblare un grande Metodo Classico. E se ne è avuta la prova assaggiando le basi spumanti, tutte Chardonnay, di tre zone differenti, Carzago, Agro e Cintarello, con tre terreni e climi differenti. «E sono solo tre dei quaranta vini che vanno poi a realizzare la cuvèe» sottolinea Vezzola, evidenziando come questo sia una sorta di mosaico, dove le tessere cambiano di vendemmia in vendemmia, ma bisogna essere attenti per arrivare a un quadro finale sempre ben delineato, che rispecchi l’annata ma anche lo stile voluto.

Una dimostrazione arriva dall’assaggio dei Mattia Vezzola Grande Annata Brut, annate 2018, 2008, 2001 e 1995 (in quest’ultimo caso con una piccola percentuale di Pinot Nero). E proprio sul 2018 Vezzola racconta come abbia dovuto affrontare un fenomeno importante: «Nel 2017 c’era stata una gelata importante, così le vigne l’anno dopo hanno reagito con due o tre germogli per gemma. Quindi abbiamo dovuto togliere i germogli di troppo». La viticoltura, d’altronde, non è matematica, ma è saper interpretare anche i cambiamenti della Natura.

I vini hanno tra loro l’inconfondibile fil rouge dell’eleganza. Ma soprattutto della longevità, come ha ripetuto più e più volte, quasi come un mantra, Mattia Vezzola. D’altronde era quello il suo obiettivo: così la 2008 si presenta con grande profondità e frutta matura, mentre la 2001 dimostra freschezza e piacevolezza, e infine la 1995 è l’emblema della complessità e del tempo che, anche e soprattutto nelle bollicine, non è un nemico, ma un alleato. E Vezzola ne è convinto. Da 50 anni.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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