07-03-2023

Ferraris, orgoglio Ruchè

L'azienda guidata da Luca Ferraris ha fatto di questo vitigno il fulcro della propria identità, che ha in Opera Prima la sua espressione più nobile e completa

Ferraris, una questione di famiglia

Ferraris, una questione di famiglia

L’etichetta inizia a sprigionare la storia, il legame familiare, la riconoscenza. E tutto questo si conferma con forza dentro le bottiglie di Opera Prima Ruchè di Castagnole Monferrato Docg Riserva dellazienda Ferraris.

Ogni annata esprime a modo suo l’emozione di un vino, che fa brillare gli occhi a Luca Ferraris: mentre affronta la verticale di questo Ruché particolarmente nel cuore per il suo rapporto decisivo con il tempo, passato e futuro, percorre sentieri di vita suoi e del territorio. A partire dal primo capitolo, quello di nonno Martino oggi ricordato appunto sull’etichetta come il fondatore. In nome suo, in sua memoria, Luca riprende un filo mai spezzato, ma da avvolgere e rafforzare con passione.

Cent’anni esatti fa Martino intraprese questo percorso e a cavallo dei due secoli, dei due millenni, il nipote sceglie di tuffarsi pienamente in quest’attività. Comincia dalla ristrutturazione della vecchia cantina e cresce gradualmente, vivendo l’accelerazione dell'espansione nel 2015. Punta con sicurezza sul Ruchè e la svolta arriva nel 2016 con l'acquisto della Vigna del Parroco: don Giacomo Cauda, colui che gettò la luce su questo vitigno e la sua l’identità profonda.

Vigna del Parroco

Vigna del Parroco

Dirà poi Luca: «Abbiamo ridato dignità ad un territorio. Il Ruchè non è solo un buon vino, è un sapore unico, è il frutto dell’orgoglio contadino che negli ultimi quindici anni ha ridisegnato le colline del Monferrato, creando un quadro che è un capolavoro agricolo in continua evoluzione».

Ma c’è un tesoro nel tesoro: il Bricco della Gioia sul versante sud della dorsale collinare che conduce da Castagnole ad Asti, invita ad affrontare il percorso imprenditoriale con un’etichetta icona. Un ambasciatore potente, che spiani poi la strada a tutti gli altri Ruchè. Terreno calcareo, povero, esposizione a sud-ovest che consente di capitalizzare l'energia solare e ottenere un vino di grande concentrazione: è la cornice, anzi il quadro dell’Opera Prima. La struttura e l'eleganza sono due perni e di annata in annata il primo gareggia con la seconda e viceversa.

Un Ruchè, di elevata qualità, che si presenta subito con la tonalità rosso rubino decisa abbastanza da poter accogliere sfumature granata. Le note fruttate danno subito il benvenuto, tra more e susine, ma si accostano anche ad aromi floreali, cominciando dalla rosa, e poi spezie, tabacco, carezze balsamiche.

Con Luca Ferraris viaggiamo nelle annate 2010, 2015, 2016, 2017, che riposano nella storica cantina scavata nel tufo. I vigneti hanno in media 20 anni e la fermentazione avviene in rotofermentatori in acciaio a temperatura controllata per 20-25 giorni, quindi a contatto con le bucce per lo stesso periodo con la tecnica del “cappello sommerso”. La fermentazione malolattica è in acciaio, l’invecchiamento prosegue 36 mesi in tonneaux di rovere francese da 500. Ultimo passaggio, l’affinamento di almeno un anno in bottiglia.

Riecheggia potente l'effetto dell'Opera Prima. «Abbiamo preso fiducia – sottolinea Luca Ferraris - e siamo usciti dal mercato locale, che non è italiano ma regionale o comunque del nord ovest. Ha aperto le porte del mondo».

Oggi il primo mercato della denominazione è l’America, seguito da Giappone e Cina, e grazie all’Opera Prima «sono stati recensiti anche i Ruchè tradizionali come il nostro Clàsic o di nostri colleghi. Un vino fresco, floreale, fruttato, ma se vogliamo farlo diventare un grande vino, dev’essere in grado di resistere nel tempo».

Storicità e versatilità, quelle del Ruchè, che l’hanno fatto diventare il nuovo fenomeno e spinto verso una produzione di 1.100.000 bottiglie. Ma soprattutto - sottolinea Luca - «ha portato l'economia vera anche al contadino che lavora il vigneto».

L'investimento di Ferraris avvolge il territorio, dalla cantina al museo che ora viene rilanciato. Molto si deve al canto di Opera Prima, di questo prodotto che voleva andare dentro e oltre il tempo appunto. Nasce nel 2007, delle bottiglie attualmente a disposizione ecco che si affaccia «la 2010 che come la 2016 si presenta annata fresca, piovosa, in cui il vino si esprime meglio dal punto di vista dell'eleganza - osserva Ferraris - nel 2015 e nel 2017 si sono vissute delle estati particolarmente calde, fortunatamente con riserve idriche di inverni nevosi». La conseguenza è una maturazione anticipata e davvero il confronto mostra vini diversi: questi ultimi due con una struttura più corposa. Canti che si differenziano, ciascuno con una propria armonia.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Marilena Lualdi

responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky

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