19-11-2022
Con l’arrivo di mesi che dovrebbero essere più freddi, come novembre e dicembre, viene quasi spontaneo pensare alla montagna. Paesaggi meravigliosi, aria pulita e, se il meteo lo consentirà, anche neve e qualche sciata, con le serate poi da passare in qualche baita, riscaldati dal vibrante fuoco di un camino acceso.
Anche i vini che arrivano dalla montagna sono un po’ così: magari pungenti come il freddo dei mesi invernali, o taglienti come la roccia delle Dolomiti, ma anche ricchi e profondi, definiti e scolpiti come una pietra, e, come si dice in gergo, “verticali”. Vini da assaggiare senza soggezione, ma che sanno sempre trasportare sulle pendici da dove arrivano. Siamo troppo poetici? No, è la realtà di prodotti straordinari, spesso considerati “di nicchia” ma che invece sanno appassionare. E allora, buoni assaggi di montagna.
Rayon di Mont Blanc sale a quota 1200 La Valle d’Aosta vinicola cresce anno dopo anno e aumenta produzioni e livelli qualitativi trainata da alcuni produttori pionieri della viticoltura di montagna. Fra questo la Cave de Mont Blanc de Morgex et de la Salle ha introdotto nella Vallée un modello, quello cooperativo, già sperimentato con successo in molte altre regioni alpine e di montagna. Oggi con 80 soci, molti dei quali sono piccoli vigneron, e oltre 140mila bottiglie commercializzate, prodotte con uva coltivata sino ai 1200 metri di altitudine, questa realtà si pone fra le eccellenze della produzione delle regioni alpine. I suoi vini sono schietti, acidi al punto giusto e hanno interessanti potenzialità di invecchiamento. Una viticoltura eroica, realizzata ai piedi del Monte Bianco, su terreni morenici spesso scoscesi e impervi e tecniche moderne e in costante aggiornamento. Il cru Rayon è un bianco da uve 100% Prié Blanc, il vitigno a piede franco più alto d’Europa, coltivato in Val d’Aosta da secoli. Rayon svolge in parte la fermentazione malolattica e viene quindi affinato per 9 mesi in vasche d’acciaio. E’ fresco, intenso, sprigiona profumi di pesca, erbe di campo e agrumi per un bouquet complesso e ricco di fascino. La degustazione ne rivela il carattere sapido e fresco e apre alle potenzialità di interessanti abbinamenti. Maurizio Trezzi Anselmet, Torrette e la Valle d’Aosta I monti hanno una nobiltà, un’eleganza non sfrontata che questo vino fa scivolare addosso con naturalezza. Parliamo di Torrette Superieur Vallée d’Aoste Doc della Maison Anselmet. Una raffinatezza non stucchevole, quella che offre l’annata 2017, che anzi alimenta il desiderio di degustare e mette al bando la stanchezza. C’è una storia recente, di quest’azienda, e una che affonda le radici nel tempo. Il nome risuona già nell’atto di acquisto di una vigna a Introd, Non si è tuttavia rimasti impigliati nel tempo. A Villeneuve, dove il primo Anselmet iniziò la sua vita da vigneron, è arrivata la nuova cantina, in legno, pietra e ferro. Qui ogni vino ha la sua strada tracciata. Certo, il lavoro sulle montagne valdostane è manuale e ciò conta. Nel dieci ettari di vigneti, sono racchiuse piccole parcelle terrazzate sui versanti della Dora Baltea. Torrette è parola che schiude Petit Rouge 70 %, Fumin 25 %, Cornalin 5 %. Già agli occhi Torrette suggerisce la propria personalità, poi suggellata all’olfatto da spezie, frutti di bosco e sfumature di erbe con note fino di incenso. Una sua sacralità vibra posando gli occhi sulle montagne e quindi sul bicchiere. Marilena Lualdi La Valtellina di Dirupi, Nebbiolo delle Alpi Il Nebbiolo è indubbiamente uno dei vitigni più prestigiosi d’Italia. Ma quando si pensa al Nebbiolo, si tende a “viaggiare” verso le colline piemontesi, verso le Langhe, tra Barolo, Barbaresco e Roero. Questa volta puntiamo in alto, andando in Valtellina, dove il Nebbiolo ha trovato un habitat ideale, esprimendosi su caratteristiche diverse e per certi versi uniche. Ne è una dimostrazione il Valtellina superiore di Dirupi. Pierpaolo Di Franco e Davide Fasolini sono due vignaioli che hanno saputo osare, partendo da terrazzamenti ormai quasi abbandonati ma che avevano vigne eccelse per la realizzazione dei vini. Nel corso degli anni hanno pian piano affinato i loro vini, fino ad arrivare a prodotti di grandissima eleganza e finezza, con una grande longevità. Il Valtellina superiore Dirupi è diventato quindi “maturo”, piacevolmente energico e anche un po’ spigoloso da giovane, ma con una successiva evoluzione da grande vino. Una bottiglia che, come dice il nome, rappresenta la montagna e la viticoltura eroica, su terrazzamenti difficili da coltivare ma che possono restituire grandi prodotti. Raffaele Foglia
Vigneti Dirupi
Maison Anselmet
Maestà della Formica, Riesling sulle Apuane Nel 2013 nasce il progetto di Maestà della Formica, azienda vitivinicola biologica e biodinamica con vigneti in Garfagnana, nella zona montana della provincia di Lucca. Andrea Elmi e Marco Raffaelli, entrambi enologi, intuiscono le grandi potenzialità in prospettiva di una zona in cui il vino si fa da sempre per consumo domestico, una zona aspra e montana, non semplice da coltivare ma ricca di una biodiversità ampelologica notevole, che i due hanno tenuto a mantenere. Nei circa 3 ettari aziendali si coltiva infatti Nebbiolo, Bonarda, Moscato Amburgo, Ciliegiolo, Sangiovese e numerosi altri vitigni che le donne della zona - che per usanza a inizio del secolo scorso andavano a lavorar come balie in Piemonte o Francia - riportavano a casa per arricchire la vigna di famiglia. Nel 2018 avviene la prima microscopica vendemmia, da vecchie vigne già impiantate - alcune coltivate negli anni, altre recuperate da Andrea e Marco - mentre dal 2014 crescono a circa mille metri sul mare, a Careggine, le vigne di Riesling selezionate in Mosella, da pochi anni in produzione. Crescono lentamente, senza fretta a causa del poco terreno disponibile alle radici e ai tanti sassi di montagna. Il Riesling 2020 di Maestà della Formica, in circa 1.500 bottiglie, è sul mercato da pochi giorni. Si tratta di un vino estremo come l’ambiente da cui proviene. Un vino duro, che sosta due anni in cantina, con un’acidità citrica prorompente che si mitiga nel tempo con una nota delicatamente burrosa. Una bottiglia da lasciare in cantina, se lo si vuole, per vedere come aumentano nel tempo le sensazioni terziarie, il sentore di pietra bagnata e quell’accenno mediterraneo, che emerge con piacevole nettezza. Amelia De Francesco
Pojer e Sandri
Hofstätter
Monteleone
Contrada R
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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A cura della redazione di Identità Golose
Alla scoperta dei vini iconici dell'Alto Adige, tra storia, tradizione, ma anche evoluzione e sperimentazione
Vinitaly 2024, racconto di un successo (Foto Ennevi per Fiera Verona/Vinitaly)
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo, dando voce a grandi blasoni, insomma delle vere e proprie istituzioni, ma anche a piccole aziende: tutto questo è In cantina.