22-02-2021

Piero Incisa della Rocchetta ci racconta come ha creato il migliore vino del mondo. Un pinot noir argentino

Nipote di Mario, ideatore del Sassicaia, vinifica da 20 anni in Patagonia, territorio estremo ma con enorme potenziale. Il suo Treinta y Dos 2018 per James Suckling è il top in assoluto

Vendemmia al Bodega Chacra, tenuta in Patagonia di

Vendemmia al Bodega Chacra, tenuta in Patagonia di Piero Incisa della Rocchetta. Lui dà una grandissima importanza alla squadra di 32 persone che compone il team della cantina, Il suo (anzi: il loro) Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta y Dos 2018 è la migliore bottiglia del mondo, secondo l'autorevolissimo parere di James Suckling

Piero Incisa della Rocchetta proviene, per chi non masticasse proprio nulla di vino, da una delle più rinomate famiglie di produttori che creò e portò al successo Tenuta San Guido a Bolgheri, in Toscana. Quando anni fa parlò per la prima volta al suo importatore in Inghilterra di una sua nuova etichetta di pinot noir, si sentì rispondere: «Non sapevo che avessi comprato vigneti in Borgogna!». Piero gli spiegò che no, non lo produceva in Francia ma in Argentina; al che l’importatore inglese in questione, tra la sorpresa e lo sconcerto, si mise a ridere. Non si fermò a pensare a sufficienza a chi avesse davanti, a quali orme stesse ricalcando quel vignaiolo dell’alta Maremma mentre gli proponeva un nobile vitigno francese ma prodotto in un luogo lontano dal suo terroir elettivo. Non sapeva, o non gli sovvenne in quel momento, che a Piero fin da molto giovane era sempre stato insegnato, oltre che a riconoscere un grande vino, anche a essere curioso, a sperimentare, a pensare out of the box: in modo non convenzionale. Il genio del nonno Mario aveva trovato nel nipote, come il cabernet sauvignon in Maremma e, a quanto pare, il pinot noir in Patagonia, un terreno in cui prosperare e regalare al mondo enoico frutti eccezionali.

Piero Incisa della Rocchetta

Piero Incisa della Rocchetta

Da Bolgheri alla Patagonia in effetti il passo è lungo. Come, quando e perché Piero sia finito nella remota regione del Rio Negro, ce lo ha raccontato lui stesso, pochi giorni prima di partire per L’Argentina - non senza difficoltà, date le restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19 - dove, il 9 febbraio, ha iniziato la vendemmia 2021 con la raccolta dei bianchi.

L’affinità particolare con il pinot noir ha radici nei suoi assaggi precocissimi, col nonno: «lo bevevo sempre con lui - ci ha raccontato - È un vitigno molto seduttore dal quale i francesi hanno prodotto i vini più prestigiosi e cari al mondo». I francesi, appunto: sia perdonata la fallace inferenza dell’importatore.

Bodega Chacra vista dall'alto. Si apprezzano il deserto patagonico, battuto dal vento, e la macchia verde costituita dalla vigne, protette dai filari di pioppi piantati da Piero

Bodega Chacra vista dall'alto. Si apprezzano il deserto patagonico, battuto dal vento, e la macchia verde costituita dalla vigne, protette dai filari di pioppi piantati da Piero

In Patagonia lo ha portato una degustazione fatta a New York, nel 2001: un blind tasting di pinot noir provenienti da diverse parti del mondo. Un solo assaggio, tra tutte le etichette provate quel giorno, lo colpisce: «Non un vino eccezionale - ci spiega - ma che presentava le caratteristiche che cercavo da tempo: un frutto molto pronunciato, oltre a un carattere floreale». Si trattava appunto di una bottiglia prodotta in questa regione argentina estrema per posizione geografica e condizioni climaticheNel 2002 Piero è già in Patagonia per un sopralluogo, alla ricerca di vigneti da acquistare. Qui scopre che questi luoghi custodiscono un patrimonio genetico eccezionale: piante con oltre 130 anni di età, a piede franco, messe a dimora da immigrati italiani e spagnoli nel secolo scorso e che hanno resistito, nel corso dei decenni, a peronospora, oidio, tignola e fillossera grazie a (ma anche resistendo e adattandosi a) condizioni climatiche estreme: un vento molto forte e secco, che scende dalle Ande; la barriera naturale del deserto circostante; un clima arido (appena 150 mm di pioggia all’anno); temperature diurne molto elevate e notturne molto basse con un’escursione termica, com’è tipico di questi climi, che arriva anche ai 40 gradi. Un luogo che non è toccato da nessuna forma di inquinamento, baciato da un’irradiazione solare e una purezza della luce eccezionali, lambito dall’acqua incontaminata che scende dalle Ande coi fiumi Limay e Neuquèn: convergono poi nel Rio Negro, che attraversa ancheggiando questa regione. Ai lati di questo corso d’acqua gli immigrati inglesi, all’inizio del XIX secolo, scavarono un sistema di canali per l’irrigazione che ancora oggi permette di gestire con precisione l’irrigazione delle piante e che ha col tempo portato alla creazione di una cintura verde lungo le sue sponde.

Le viti antiche di Bodega Chacra. Un patrimonio genetico eccezionale che si è adattato al luogo nel corso dei decenni.

Le viti antiche di Bodega Chacra. Un patrimonio genetico eccezionale che si è adattato al luogo nel corso dei decenni.

Un posto dotato, secondo le parole dello stesso Piero, di «un’enorme forza energetica».

A tre anni da quel primo assaggio a New York, nel 2004, Piero Incisa della Rocchetta aveva già acquistato i primi vigneti, tutti a piede franco, i più antichi dei quali avevano circa 70 anni. Piantati nel 1932 non si sa bene da chi né perché, sono quelli che oggi danno vita - e nome - al vino che Suckling ha posto in cima alla sua classifica Top 100 Wines of 2020, come vino dell’anno: il Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta y Dos: “Treinta y dos” fa appunto riferimento all’anno in cui sono stati piantati questi vigneti.

Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta y Dos. L’annata 2018 si è aggiudicata i 100 punti di James Sucking e il primo posto nella sua classifica Top 100 Wines of 2020, come "vino dell’anno"

Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta y Dos. L’annata 2018 si è aggiudicata i 100 punti di James Sucking e il primo posto nella sua classifica Top 100 Wines of 2020, come "vino dell’anno"

Per arrivare a quella che oggi è la cantina Bodega Chacra, bisogna fare tre ore di volo da Buenos Aires fino alla città di Neuquèn, e da qui altre due ore di macchina fino a Mainque, il centro abitato più vicino. La proprietà si trova in una zona più o meno equidistante dalla catena montuosa delle Ande, a Ovest, e dall’Oceano Atlantico, a Est, e si estende per 1000 ettari - «L’equivalente di mezzo ettaro nel Chianti» ci ha spiegato Piero, dato che l’80% è coperto dalla tipica vegetazione bassa del deserto patagonico. Gli ettari vitati sono circa 40, principalmente pinot nero e una piccola porzione di chardonnay, piantato in un secondo tempo.

Le condizioni climatiche descritte risultano perfette per la frutticultura che risulta infatti essere la principale attività economica della zona. La parola chacra, nel Sud dell’Argentina, indica un terreno dedicato alla coltivazione di alberi da frutta, specialmente pere e mele. Quando vi capita di comprare pere fuori stagione “origine: Argentina” con ogni probabilità saranno state prodotte proprio in questi luoghi, nelle chacras che prosperano lungo la cintura verde che corre ai lati del fiume Rio Negro. Ma il termine "chakra" (con la "k", in questo caso), secondo la dottrina induista, indica anche i punti di energia vitale distribuiti nel nostro corpo che ci permettono di connetterci con il resto dell’universo, dottrina ripresa e approfondita da Rudolf Steiner, il fondatore della biodinamica. Il vino è nutrimento, non solo per il corpo ma per tutti i nostri sensi e “Bodega Chacra aspira a potenziare questa connessione”, si legge dalla pagina web della cantina. Secondo la visione di Incisa della Rocchetta un’azienda agricola è un complesso organismo vivente il cui equilibrio e sviluppo si basano sulle relazioni tra suoli, piante e animali. Anche l’uomo si inserisce in questo equilibrio: lo fa rispettandolo, in primo luogo, e osservando in che modo le sue azioni incidono sull’ambiente che lo circonda e cercando di mantenere e fomentare questo equilibrio con azioni mirate, mai dettate da protocolli prestabiliti ma sugg­­­erite dall’esperienza e dall’osservazione diretta.

Piero Incisa della Rocchetta con due apicoltori a Bodega Chacra. La sinergia tra viticoltura e apicoltura è ampliamente riconosciuta. Le api danno un contributo fondamentale alla biodiversità, di cui la vite si beneficia, alla salute dell’uva e alla qualità dei lieviti presenti sulla buccia

Piero Incisa della Rocchetta con due apicoltori a Bodega Chacra. La sinergia tra viticoltura e apicoltura è ampliamente riconosciuta. Le api danno un contributo fondamentale alla biodiversità, di cui la vite si beneficia, alla salute dell’uva e alla qualità dei lieviti presenti sulla buccia

Le api svolgono un ruolo fondamentale a Bodega Chacra e sono, in generale, protagonisti indispensabili di un approccio biodinamico alla viticoltura

Le api svolgono un ruolo fondamentale a Bodega Chacra e sono, in generale, protagonisti indispensabili di un approccio biodinamico alla viticoltura

Nell’azienda vinicola, oltre ai 22 ettari di pinot nero e 16 di chardonnay, trovano così spazio l’area riservata all’allevamento degli animali (pecore, capre, galline, anatre, maiali, cavalli…), le arnie delle preziosissime api, la zona per la produzione del compost organico (300 tonnellate all’anno), l’orto dove si producono pomodori, melanzane, barbabietole, zucche, piante aromatiche. L’aria è profumata da roseti, aiuole di lavanda, camomilla, equiseto, centifoglie, ortica, valeriana: utili per rinforzare la risposta immunitaria delle piante e per la creazione del compost organico. La corteccia delle querce viene usata per nutrire il suolo, e i pioppi - oltre 35mila alberi piantati in doppia fila da Piero - servono per smorzare il vigore dei forti venti che scendono dalle Ande, per drenare attraverso le loro radici l’acqua contenuta nel suolo e per offrire un po’ di riparo dall’inclemente sole estivo patagonico (una nota: non tutti sanno che i famosi cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar, dovevano essere inizialmente dei pioppi; dei pioppi cipressini, per l’esattezza, proprio per il potere drenante delle loro radici che si adattava perfettamente al terreno paludoso, e che poi invece – per alterne vicende – furono sostituiti dai cipressi che tutti conosciamo a memoria, e che il Carducci ha scolpito nell’immaginario collettivo di chi ama Bolgheri e di chi ama il vino).

I filari dei pioppi piantati da Piero

I filari dei pioppi piantati da Piero

L’obiettivo di Piero quando ha iniziato a produrre pinot noir in questo luogo, non era solo quello di produrre un vino eccezionale, ma di riuscire a produrre l’espressione quanto più possibile libera e trasparente del luogo, del clima, del microclima, del terroir di Mainquè. La scelta di farlo seguendo i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica «era l’unica sensata», come ci ha detto. Perché? Perché non c’è bisogno di utilizzare sostanza chimiche: «Se per ottenere un prodotto agricolo devi usare prodotti chimici, vuol dire semplicemente che lo stai facendo nel posto sbagliato».

Questo non vuol dire rimanere con le mani in mano e affidarsi alla natura. Tutto il contrario: il lavoro in vigna è meticoloso. È necessario essere sempre vigili e lavorare in modo rigoroso. Ma quale “naturale”, sottolinea Piero: dietro un vino biodinamico c’è tantissimo lavoro, moltissima preparazione, osservazione empirica, studio e una miriade di decisioni che vanno prese in continuazione: «Io sono lì, mi assumo i miei rischi in continuazione, è necessario essere attenti e umili per riuscire a preservare e ristabilire gli equilibri quando si osservino degli sbilanciamenti». L’assenza di protocolli prestabiliti implica naturalmente più lavoro, più difficoltà nel gestire tutte le possibili varianti in gioco e più rischi. La linea tra il successo e il fallimento a volte è molto sottile, come ci ha detto.

L’obiettivo di Piero, quando ha iniziato a produrre pinot noir in questo luogo, non era solo quello di realizzare un vino eccezionale, ma di riuscire a produrre l’espressione quanto più possibile libera e trasparente del luogo

L’obiettivo di Piero, quando ha iniziato a produrre pinot noir in questo luogo, non era solo quello di realizzare un vino eccezionale, ma di riuscire a produrre l’espressione quanto più possibile libera e trasparente del luogo

Il 12 febbraio è iniziata la raccolta del pinot noir: una vendemmia molto precoce, anche per portare in cantina dell'uva con una magnifica acidità

Il 12 febbraio è iniziata la raccolta del pinot noir: una vendemmia molto precoce, anche per portare in cantina dell'uva con una magnifica acidità

Il risultato, secondo le parole che James Suckling ha utilizzato per descrivere il pinot nero di Bodega Chacra, è un vino che colpisce per "la sua sublime struttura e la sua sensibilità dinamica, con tannini sodi e fini e un’acidità brillante che incornicia perfettamente il carattere fruttato puro delle fragole con sfumature di terra e di bosco. È meraviglioso da bere giovane ma mostra la costituzione di un grande vino da invecchiamento”.

Alla bevibilità dei suoi vini Piero tiene parecchio: «I grandi vini devono essere approcciabili anche da giovani. Certo a volte è interessante aspettare ma devono esser buoni subito, me lo diceva sempre anche mio nonno. In questo senso i nostri sono vini "digesti", di grande bevibilità».

Carattere che si ottiene, oltre che col lavoro in vigna, anche con le scelte compiute in cantina. La macerazione avviene in vasche di cemento, di forma rotonda, molto basse (circa 1 metro di altezza) e molto larghe (circa 2 -2,5 metri di diametro). Questo per offrire alle bucce la maggior superficie possibile di contatto con il mosto: il vino, infatti, non si ottiene per estrazione ma per infusione, le bucce possono così rilasciare i loro composti fenolici ottenendo un’espressione elegante ed equilibrata, senza eccessiva estrazione. Fermentazione (spontanea) con lieviti indigeni in vasche di cemento e affinamento in cemento e in botti di rovere francese di secondo, terzo e quarto utilizzo, a grana molto fine e tostatura leggera: «Non vogliamo imporre al vino un aspetto cosmetico troppo pronunciato».

L’analisi di ogni appezzamento, la mappatura meticolosa per capire se e quali sostanze manchino nei suoli, per poi reintegrarle con semine mirate. Le api, le galline, le pecore, i cavalli, l’orto, le piante aromatiche, le querce, i pioppi… Tutto concorre nel mantenere e potenziare l’equilibrio che regna a Bodega Chacra

L’analisi di ogni appezzamento, la mappatura meticolosa per capire se e quali sostanze manchino nei suoli, per poi reintegrarle con semine mirate. Le api, le galline, le pecore, i cavalli, l’orto, le piante aromatiche, le querce, i pioppi… Tutto concorre nel mantenere e potenziare l’equilibrio che regna a Bodega Chacra

Oggi Bodega Chacra produce circa 150mila bottiglie e 8 diverse etichette. È una cantina moderna e sana, un’impresa a carattere agricolo con grandi margini di guadagno, dove la domanda dei vini prodotti supera di un buon 60% la produzione. Gli utili vengono completamente reinvestiti di anno in anno (scelta spiegata anche da un’inflazione che, in Argentina, si aggira attorno al 30%) e redistribuiti tra i dipendenti. «Si può fare agricoltura organica e biodinamica e avere un’azienda florida» sottolinea Piero che, ci confessa, spera di contagiare, con l’esempio e l’entusiasmo, altri produttori.

Anche Suckling, nel suo giudizio sul vino premiato, ammette di averlo scelto, non solo per le sue eccelse caratteristiche intrinseche, ma anche come esempio virtuoso e modello produttivo da seguire:

È un vino meraviglioso, non solo perché è un perfetto vino da 100 punti, ma perché rappresenta una serie di caratteristiche che apprezziamo nella produzione vinicola di oggi, soprattutto in questo momento di cambiamenti climatici e di instabilità dell’economia: un valore incredibile, una produzione sostenibile e responsabile dal punto di vista ambientale, un carattere chiaro e trasparente che riflette il suo ecosistema, e un’incredibile bevibilità. Il Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta y Dos 2018 dell’Argentina riflette tutto questo e altro ancora, ed è per questo che è il nostro vino dell’anno 2020.

Selezione manuale degli acini in cantina

Selezione manuale degli acini in cantina

L’attenzione e l’impegno nella tutela dell’ambiente è una delle tante cose che Piero ha ereditato dal genio del nonno Mario che fu tra i fondatori, e primo presidente, del Wwf in Italia. «Era un uomo geniale, estremamente intelligente, che ha vissuto tutta la sua vita sperimentando - ricorda il nipote con profonda ammirazione - Uno dei suoi lasciti più preziosi è stato avermi insegnato che abbiamo dei grandi doveri e che questi vanno messi prima del volere personale ed egoistico di ognuno di noi».


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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