Avete presente le scaloppine al Marsala, o lo zabaione? Oppure anche il Marsala all’uovo? Avete presente quando di un vino si dice che è “marsalato”?
Bene, ora dimenticatevi di tutto questo: il Marsala è tutta un’altra storia. La parola giusta è proprio questa: storia. Perché il Marsala, oltre a essere un vino di qualità e non un “ingrediente” di cucina, è uno di quei prodotti con un incredibile bagaglio di storia, cultura e tradizioni.

Un'immagine delle cantine storiche
Le
Cantine Pellegrino sono una di quelle realtà che questa storia non solo la conservano, ma cercano anche di valorizzarla. Ne è una dimostrazione l’archivio
Ingham-Whitaker, che prende il nome dalle famiglie inglesi che hanno scritto alcune delle più belle pagine della storia economica della Sicilia dell’800: si tratta di 110 volumi, conservati nelle cantine storiche della
Pellegrino a Marsala, che riferiscono dei rapporti commerciali tra Sicilia e Inghilterra tra il 1814 e il 1924.
Una grande storia, un grande passato, ma un presente ancora troppo costellato da stereotipi e pregiudizi, un “muro” che spesso allontana i consumatori dal
Marsala, considerato come un vino dolce e anche con uno stile un po’ vecchio. «Vogliamo smontare le credenze che esistono sul Marsala – spiegano
Maria Chiara Bellina e
Demetrio Rizzo di
Cantine Pellegrino – vogliamo fare capire che si tratta di un vino di altissima qualità».

La famiglia, uno dei valori fondamentali di Pellegrino
Un impegno che la famiglia
Pellegrino porta avanti da 140 anni, con 7 generazioni alle spalle (di cui
Maria Chiara Bellina è una delle rappresentanti). «Con la crisi tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta – spiegano – si è passati da 118 aziende produttrici di
Marsala a solo 16. In questo momento noi di
Pellegrino insieme a
Florio rappresentiamo quasi il 90% del mercato».
Ma qui nascono gli stereotipi: «Quando un vino che è andato a male viene definito “marsalato”, non fa certamente bene a chi produce Marsala. Parliamo piuttosto di ossidato, vecchio, ma non “marsalato”.

Un'altra suggestiva immagine della cantina
Poi, negli anni Quaranta, con l’introduzione degli aromatizzati, che un tempo si chiamavano ancora
Marsala, ma che oggi giustamente devono essere definite in etichette come creme, il
Marsala da prodotto di nicchia è diventato prodotto commerciale».
Nell’immaginario della gente è diventato il “vino della nonna”, un vino stanco. Non una bella immagine. «In pochi pensano al Marsala come a un grande vino, in molti lo associano alle scaloppine».
Ma c’è di più, come racconta
Demetrio Rizzo: «Il
Marsala nasce come vino secco. Bisogna pensare che quando
Giuseppe Garibaldi nel 1862 arrivò qui e assaggiò questo vino, disse: “Buono, ma se fosse dolce sarebbe più buono”. Così si narra che nacque la versione dolce, che fu chiamata appunto
Garibaldi dolce».
Per capire cosa sia davvero il Marsala, il modo migliore è quello di assaggiarlo. Ma quale? Il disciplinare, con tutti gli “incastri” possibili, arriva a prevedere 39 tipologie possibili. Ma le distinzioni si raggruppano in tre categorie, tutte espresse in etichetta: colore, anni di invecchiamento, e gusto. Il colore può essere rubino, ambra oppure oro; con l’invecchiamento prende il nome di Fine (un anno), Superiore (due anni), Superiore Riserva (4 anni), Vergine (5 anni) e Vergine Riserva (10 anni). Per il Vergine non è prevista la tipologia dolce; infine il gusto può essere dolce, semisecco e secco, a seconda dello zucchero residuo.

Uncle Joseph, il Marsala Riserva Rubino Dolce dedicato a Joseph Whitaker
Con Cantine Pellegrino abbiamo assaggiato due ottimi
Marsala. Il primo è
Uncle Joseph, dedicato a
Joseph Whitaker, un
Riserva Rubino Dolce:
Nero d’Avola al 100%, due anni di invecchiamento a cui segue la concia con mistella di mosto d’uva concentrato e ulteriori due anni di affinamento in botte, prima dell’imbottigliamento.
È un vino dolce, certamente, ma non stucchevole e molto ricco di aromi, tra ciliegie, marasche, melograno, spezie. E poi grande bevibilità, nonostante i 18 gradi alcolici.

N° 167 Marsala Vergine Riserva Single Barrel 2001
Il secondo è invece una vera perla: si chiama
N°167 Single barrel,
Marsala Vergine Riserva Doc, annata 2001. «Circa 150 ettolitri dell’annata 2001 erano stati destinati alla realizzazione di
Marsala Vergine e quindi messi in botti da 20 ettolitri. Quando arrivò il tempo dell’imbottigliamento, l’enologo si accorse che il vino affinato nella botte 167 era molto particolare, aveva caratteristiche che gli altri non avevano. Era unico. Da qui la decisione di uscire con questo
Single barrel, con sole 2.356 bottiglie, con 17 anni di invecchiamento».
Un vino assolutamente straordinario, con una complessità assoluta di profumi dalla frutta secca, mandorle e fichi, miele di castagno, spezie, cannella e pepe bianco, e chi più ne ha più ne metta, accompagnati da una grande acidità e secchezza. La fortificazione, in questo caso, è avvenuto con solo alcool neutro da vino.

Il giardino pantesco di Pantelleria
Le
Cantine Pellegrino, in questo momento, si dividono in tre anime: Marsala, Pantelleria e produzione di vini bianchi e rossi Siciliani. Il tutto con tre cantine distinte e tre enologi dedicati. «Su Pantelleria – spiegano ancora
Maria Chiara Bellina e
Demetrio Rizzo –
Pellegrino è stata la prima a investire con forza sui vini dolci dell’isola, prima con i vini naturali e poi con i liquorosi. Nel 1991 nasce il primo
Moscato di Pantelleria naturale di
Cantine Pellegrino, che ora riproponiamo con il nome di
Giardino Pantesco, proprio a ricordare le coltivazioni sull’isola».
L’annata 2019 di questo vino è molto ricca di profumi, dolce, ma mai stancante, con note che variano dal fico secco, ai canditi d’arancia, fino al cedro e al miele. «Questi sono i nostri vini delle feste» concludono. Sperando davvero di passare delle feste serene.