23-01-2019

NOT, vignaioli fuori dagli schemi

Cronache e riflessioni dalla fortunata prima edizione della rassegna di vini franchi a Palermo (seconda e ultima parte)

Frammento da una delle tante degustazioni della ra

Frammento da una delle tante degustazioni della rassegna NOT che ha animato Palermo dal 12 al 14 gennaio scorso

segue dalla prima parte

Eleganza e finezza si ritrovano anche nei vini di un altro talentoso vigneron siciliano, Aldo Viola, che ad Alcamo fa vini naturali dal 2010. Ci è piaciuto molto il suo Saignée (“emorragia, sanguinamento”, in francese). Un rosso o un rosato? Rosato nel 2016 e rosso nel 2017 perché l’annata particolarmente calda ha dato vini carichi e il Saignée ha preso più colore. Diciamo che in una scala ipotetica bianco-orange-rosato - Saignée - rosso questa etichetta fa una categoria a sé. Piacevolissimo, fine, estremamente gradevole e profumato, creato ricercando una minore concentrazione o, come ci dice lo stesso Aldo: “il punto di equilibrio tra finezza e concentrazione”. Blend di Nerello Mascalese (40%), Perricone (30%) e Syrah (30%), macerato brevemente sulle bucce (48 ore) e poi separato con la tecnica del salasso: parte della massa viene separata dalle bucce e va a comporre il Saignée: fermentazione in botti grandi di rovere dove resterà per circa 9 mesi. Leggermente sgrossato (filtrato), zero solfiti aggiunti. Il risultato dà una estrema bevibilità, un vino godibilissimo a cui non mancano polpa e struttura, e dagli illimitati accostamenti. 

“Diciamo che il mito del muscolo, nel vino siciliano, il mito della concentrazione degli anni Novanta si è ribaltato” ci conferma anche Aldo. “Con il cambio climatico ormai anche in Alsazia e Piemonte si ottengono vini di 15°C. Se prima la concentrazione era sinonimo di qualità, ora è accostata a un impegno eccessivo nel calice”. La sfida dunque ora è: diluire l’intensità senza scadere nel banale, cercare la piacevolezza senza andare a scapito del carattere. Intento perfettamente riuscito nei vini di Aldo. La poetica di questi artisti e artigiani del vino si vede anche dalle etichette colorite, qualche volta naïf, provocatorie, artistiche, quasi mai convenzionali, e dai nomi dati ai loro vini: Anarchia, Franco, Armonia, Privo, Bastian Contrario, Aura, Eretico, Dalla Terra, Magico, DiversaMente, Le mie Origini.

Filosofia produttiva ma anche atto culturale e politico che pensiamo possa essere espresso sinteticamente dal murales fotografato nel winebar Some Good Wine di New York (vd immagine) .

Gian Marco Iannello, già sommelier del ristorante Il Crocifisso di Noto e oggi collaboratore di Arianna Occhipinti e, a destra, Vittorio d'Angelo

Gian Marco Iannello, già sommelier del ristorante Il Crocifisso di Noto e oggi collaboratore di Arianna Occhipinti e, a destra, Vittorio d'Angelo

L’amore, il rispetto, la cura dell’ambiente, del suolo e dell’ecosistema qui a NOT, sia marketing o meno, è sulla bocca di tutti. Così come il rispetto e la salute dell’uomo: “Il non utilizzo di sostanze chimiche” ci ha sottolineato Guido Grillo di Elios Modus Bibendi  “è dato anche dalla volontà di bere un vino che non ti faccia star male”. Non solo un nuovo concetto di produzione ma anche un diverso stile (Modus) di bere (Bibendi) che Guido ha concretizzato, assieme al socio Nicola Adamo, in tre belle etichette che producono nel trapanese: un Grillo, un godurioso Bianco Macerato (blend di Grillo, Catarratto, Zibibbo) e un Nero d’Avola, ai quali affiancano una piccola produzione di miele e olio d’oliva, tutto in regime biologico.

“La chimica avvelena e lentamente uccide il nostro corpo” ce lo ripete anche Pierre Frick, vignaiolo da 12 generazioni che, assieme alla moglie Chantal e al figlio Thomas, produce vino in Alsazia: in regime biologico dal 1970, biodinamico dal 1981, è approdato al naturale nel 1999 come conseguenza spontanea delle scelte e della filosofia produttiva adottate in precedenza. “Scegliendo il metodo biodinamico si porta la vita nel suolo, dunque dopo è impossibile pensare di portarci la morte”.

Appena 12 ettari di vigne, circa 16 mila bottiglie e 25 -ven-ti-cin-que!- etichette. Quando si dice: la ricerca del terreno ideale, la microparcellizzazione del suolo per permettere a ogni vitigno di esprimersi al meglio. (Nota: Frick, e non è il solo, ci parla del cambio climatico: con l’aumento delle temperature diviene ancora più difficile produrre in regime naturale perché queste comportano una diminuzione dell’acidità dei vini, necessaria alla loro longevità.) Ci presenta il suo Pinot Gris macération Pur Vin 2017. Una macerazione breve, di circa 10 giorni “per permettere una migliore fermentazione in un modo naturale”. Poi in botti grandi da 3mila litri e vecchie di un secolo, poi in bottiglia. Si ottiene un vino completamente secco, facile da abbinare con carne, pesce, verdure. Una grande versatilità, quando si tratta di abbinamenti cibo-vino-  è una delle caratteristiche dei vini naturali.

Nicola Adamo e Guido Grillo di Elios Modus Bibendi, vino naturale ad Alcamo dal 2015

Nicola Adamo e Guido Grillo di Elios Modus Bibendi, vino naturale ad Alcamo dal 2015

Se chiedessimo a uno di questi vigneron con cosa abbinerebbe un suo vino, probabilmente ci risponderebbe “Con quello che ti piace”. Ai vignaioli indipendenti non piacciono le etichette, gli schemi, (i rasoi), le linee guida stabilite da altri e i protocolli; in effetti non esiste un disciplinare che regoli la produzione di vino naturale - diciamo che tendono all’anarchia. Avvicinarsi a un vino franco con lo schema di degustazione che insegnano nei vari percorsi convenzionali, è partire col piede sbagliato. “Basta con questa ansia di prestazione, con questa gara a chi sciorina migliori competenze” – ancora Sangiorgi: “Un vino naturale va gustato secondo i propri personali parametri: Ti piace? A cosa ti fa pensare? Ti ricorda qualcosa? Con cosa ti far venir voglia di accompagnarlo?”, niente schemi prestabiliti.  

Fuori dagli schemi è di sicuro Giuseppe Amato, della cantina Valdisole produce in Piemonte, a Corneliano d’Alba tra le colline del Roero assieme a Kyriaki Kalimeri, brillante ingegnere elettronico di Sparta. Appassionato di cucina e di gastronomia, fece un corso per sommelier per comprendere meglio le tecniche di abbinamento cibi-vino e rimase avviluppato nel mondo del vino. Ha comprato la sua prima vigna on line, mezzo ettaro impiantato a nebbiolo, in un sito che vendeva articoli usati e di lavoro fa il venditore di pesci tropicali per acquari. Vince il premio “Best improbabile” della rassegna. Produce 15.000 bottiglie e 14 etichette (!) un lavoro artigianale e attento alle sfumature spinto esclusivamente dalla passione per il mondo del vino. Naturale “perché è l’unico modo possibile”.  

Which side are you on, murales dipinto sulle pareti del wine bar Some Good Wine di New York - cortesia di Nicola Adamo, Elios Modus Bibendi

Which side are you on, murales dipinto sulle pareti del wine bar Some Good Wine di New York - cortesia di Nicola Adamo, Elios Modus Bibendi

Interessante il lavoro filologico svolto per creare il Barolo “come si beveva prima di Cavour”. Il Pnoi (“Soffio della Vita/ Respiro” in greco) è un rosato di nebbiolo ottenuto da una pressatura soffice senza macerazione, fermentazione spontanea, temperatura non controllata, diviso in tre parti uguali e invecchiato in legno di castagno, botti di ceramica e rovere. Ha un leggero residuo zuccherino (5g/l) che, se leggermente rinfrescato, lo presta anche per accompagnare un dessert. I solfiti aggiunti sono minimi (30mg/l) anche se “L’idea è quella di arrivare man mano a non aggiungere nulla”. Da due anni i trattamenti in rame sono stati sostituiti con il propoli delle api.  Molto buono anche Armonia, macerato di Arneis e Moscato bianco, contatto con le bucce per 1 mese e affinamento in barrique di acacia per sei mesi.

 “Qual è quel mistero padrone” si chiedeva il Zorba il Greco di Kazantzakis “per cui dopo un bicchiere di vino il mondo appare più bello?”. Non solo bello, caro Zorba, ma migliore: con un bicchiere di vino naturale in mano, il mondo è, senza dubbio, un posto migliore.

PS: I vignaioli indipendenti non intervengono sul vino che fanno, e neppure sulle loro barbe.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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