«A Monza si mangia male. Vanno tutti a Milano», mi diceva l’altro giorno un amico, gran gourmet brianzolo. Vero in generale; verissimo, se si guarda al passato anche recente. Ma qualcosa si muove, l’abbiamo già visto parlando del Derby Grill, leggi anche: Al GP (Gran Pasto) di Monza.
«Difficile trovare una ristorazione regionale di qualità», sottolineava d'altra parte proprio ieri Maddalena Fossati, nuovo direttore della storica rivista La Cucina Italiana, in un’intervista che pubblicheremo nei prossimi giorni. Si riferiva a Milano e dintorni, quindi anche Monza. Vero anche questo: troppo spesso i locali dedicati ai piatti delle tante cucine italiane sono retrò, fuori dal tempo, impolverati, affannati. Ma emergono sempre più le eccezioni: come Sikelaia, il nuovo ristorante siciliano di Federico La Paglia che ha stregato Paolo Marchi a tal modo da indurlo a nominarlo “Sorpresa dell’anno” per la Guida Identità Golose 2018.

Salvatore, Antonella e Vincenzo Butticè
Una recente esperienza contribuisce ulteriormente a voltare in positivo le considerazioni pessimistiche di cui sopra. Eravamo a
Il Moro, ristorante di ottima cucina siciliana nel capoluogo brianzolo. Non un’insegna nuova: l’hanno aperta il primo marzo 2007 i tre fratelli
Butticé,
Antonella (classe 1979) in sala,
Salvatore (1976) in cucina,
Vincenzo (1972) specializzato nella governance - ma è chef a sua volta, quindi non disdegna i fornelli, quando occorre.
Storia di famiglia, dunque. I tre vengono da Raffadali, piccolo paese dell’Agrigentino dove i genitori posseggono una piccola azienda agricola; coltivano mandorle, pistacchi, olive e uve da vino. Da un decennio abbondante si sono dunque insediati a Monza per proporre la loro Sicilia, il loro modo di intendere il mare, dopo svariate esperienze in Italia e all'estero.
Hanno pensato di sintetizzare le loro reminiscenze di Trinacria in una serie di portate composta da tanti assaggi; l’hanno chiamata
Viaggio in Sicilia. E' un percorso che cambia nel tempo, così raccontano però quello che vedete nell’immagine di apertura di questo articolo: «Il nostro viaggio è iniziato 31 anni orsono, in Romagna. Poi Versilia, Sestriere, Germania, Napoli e Porto Cervo. Il primo assaggio, a sinistra, è la dedica alla mandorla di Raffadali, che accompagna nella sua evoluzione cremosa e leggermente salata, con retrogusto amaro e fresco, l’ostrica Fine de Claire. Il secondo vede in scena il tonno rosso, l’aglio rosso di Nubia e la ciliegia dell’Etna dop: concordanza di colore e intervalli tendenti al piccante grazie alla particolare lavorazione del frutto».
Ancora: «Nel
Viaggio in Sicilia non poteva mancare una dedica agli agrumi: dunque granita di limone in cui il dolce s’unisce con l’acidità, insieme sposano la sapidità del mare con i molluschi appena aperti e serviti vivi». Il quarto assaggio è una sarda alla beccafico «col cuore di arancia, insomma un altro elemento agrumato, più le note di freschezza lunga del finocchietto e la croccantezza dei pinoli». Lo step successivo è il riso, «elemento centrale della gastronomia siciliana, checché se ne dica: noi l’abbiamo ibridato con la tecnica più milanese, nella versione del risotto, mantecato col Nero d’Avola e con la fonduta di caciocavallo ragusano Dop, e guarnizione finale di cozze».
La penultima portata è una ricciola, con cavolfiore viola siciliano, paté di foie gras (nella versione dei monsù) e tartufo ibleo. “E infine il pistacchio, quello di Raffadali nostro paese di origine. Lì biologicamente si ritrovano il maschio e la femmina di pistacchio più antichi della Sicilia. La sua declinazione è trasversale: cremosa, croccante e gelata».

Un altro piatto dei Butticè
Fin qui una sorta di storytelling. Poi c’è l’assaggio vero e proprio, nel corso di una nostra cena immortalata dagli scatti di
Tanio Liotta, li vedete nella nostra fotogallery.
Sintesi: i Butticè sono quadrati, onesti, professionali, di buon talento. Non sbagliano un colpo né vogliono strafare con effetti speciali. Hanno mano felice: accarezzano una materia prima di alta qualità con ammirevole grazia. La loro non è una Sicilia urlata, eccessiva, di quella rusticità priva di eleganza che caratterizza tanta offerta di Trinacria fuori dall’isola, e che finisce col perpetuare un modello ormai superato di trattoriaccia che è solo la parodia decaduta delle sane osterie d’antan.
No: la loro proposta (soprattutto ittica) è contemporanea senza perdere in autenticità. Ci sono sapore, ricordo, infanzia, territorio, certo; ma siamo nel 2018, e se ne sono accorti.
Il Moro
via Parravicini 44 – Monza
Tel. +39 039 327899
ilmororistorante.it
Chiuso il lunedì
Vari menu degustazione tra i 55 e i 70 euro