A Luca Abbruzzino mancava ancora qualcosa. Molto è arrivato negli ultimi anni: la critica l’ha sommerso di elogi, in un successo crescente; ha preso la guida, con Caterina Ceraudo, della pattuglia di giovani chef calabresi, che fa ormai furore; si sono moltiplicati inviti e trasferte, l’ultima in Giappone, con Antonio Biafora; il ristorante è cresciuto; e prima ancora di tutto il resto, babbo Antonio gli ha ceduto il testimone, con gesto coraggioso e inconsueto (leggi anche: Abbruzzino's story con assaggi). Eppure, ripetiamo: mancava ancora qualcosa.



Parecchie decine di migliaia di euro d’investimento dopo, il tassello mancante è finalmente al suo posto: un ristorante tutto rinnovato, a uso e consumo dello chef. Costruito a misura per lo stile che vuole esprimere: essenziale, contemporaneo, focalizzato sui piatti fin dalle luci, che inquadrano i tavoli alla perfezione. Questi ultimi sono diminuiti, ora sono solo sette, due in meno rispetto a prima; via le tendine alle finestre, che ora sono tecniche; ecco anche la nuova cucina a vista. «Ora sento il locale pienamente mio: è pulito, leggero, impedisce la distrazione». Tavoli in legno coperti da tovaglie fatte su misura, nuove sedie, cucina
Molteni «disegnata in base alle nostre esigenze», una diversa organizzazione interna del personale (5 in cucina più un lavapiatti, 4 in sala più mamma
Rosetta e papà
Antonio).
Parla quest’ultimo: «Ci trovavamo di fronte a un bivio, ho pensato che
Luca meritasse tutta la nostra fiducia. Oggi attorno al locale si è creato un sistema, una rete di fornitori che muove l’economia della zona: serviva allora anche da parte nostra un ulteriore investimento». E’ arrivato, importante. «D’altra parte, chi avrebbe mai pensato, anni fa, che per mangiare la cucina di mio figlio venissero da così lontano? L’altro giorno una coppia di Toronto, ieri degli scozzesi, e ancora australiani e statunitensi. Due maltesi prenotano regolarmente ogni mese. E’ arrivata una richiesta di stage dal Messico e una dalla Corea». Orgoglio di papà.
Il figlio, che è calabrese ma anche un po’ svizzero (di carattere), guarda avanti: «Sto eliminando completamente la carta per introdurre solo il menu degustazione, mi piace lavorare giorno per giorno in base a quello che trovo alla mattina. Non voglio avere vincoli: questo mi consente di andare dal pescivendolo e comprare semplicemente il meglio, senza rigidità».

Antonio Abbruzzino, Giuseppe Torcaso, Luca Abbruzzino, Matteo Morello, Cristiana Caccamo
Un punto fermo però rimane: la Calabria. «Per me è la terra ideale, non la cambierei con nessuna in Italia e forse del mondo. Ti offre prodotti straordinari». Quali? «Ah, l’elenco è lungo: il bergamotto, la cipolla di Tropea, le carni… Ma quello che mi piace più di tutto è il rapporto con chi produce queste prelibatezze. Ho tra le mani materie prime tali che non posso non proporre anche piatti che li esaltino con semplicità: un crudo con olio e limone o un’insalata di pomodori con cetrioli e origano. Poi, certo, utilizzo alcune tecniche: faccio una marinatura, creo una sfoglia, ottengo un estratto… Ma sono sempre sicuro del risultato, perché partendo da certe eccellenze, anche se le lavoro un poco ho esiti pazzeschi».
Le cose sembrano procedere a gonfie vele. Questa è stagione di cerimonie, nozze soprattutto. Papà e figlio fanno i conti, si sono suddivisi il lavoro per aree geografiche,
Abbruzzino jr segue quelli dell'area di Lamezia,
Abbruzzino sr si occupa di quelli a Gioia Tauro. Numeri importanti coi quali ricavare le risorse per fare ricerca: «Abbiamo appena sperimentato la produzione di un prosciutto di pecora, dalle nostre parti non si è mai fatto: 90 giorni di stagionatura dopo l’aromatizzazione con bergamotto, ginepro, diversi pepi, coriandolo, semi di sesamo». L’esito è eccelso, una bontà assoluta: gongola il sous chef
Matteo Morello, da sei anni in brigata, che ha avuto l’idea per primo.
Chiudiamo la chiacchierata con un assaggio di crudi di pesce. «Sai qual è il paradosso? – ci dice
Luca Abbruzzino – Qui il pesce mi arriva fin troppo fresco, la gente non è abituata a queste carni così sode, compatte». Allora lui le fa frollare un giorno in frigo. E poi provate ancora a dire che questo non è un paradiso per buongustai…