Caspita, quante belle esperienze in ristoranti d’hotel ha fatto chi scrive, quest’anno! (Cosa non scontata in Italia, fino a non molti anni fa). Viene in mente Norbert Niederkofler, ma vabbé, era quasi ovvio (ne abbiamo parlato qui); e Super-Andrea Ribaldone a I Due Buoi di Alessandria… Di Pasquale Palamaro e del suo Indaco a Ischia riparleremo. Grande Matteo Felter a Il Fagiano di Gardone Riviera, leggi qui. Recentemente anche Fabio Silva a Monza (leggi qui), qualche mese fa Mario Cimino all’Argentario (leggi qui), prima ancora Ivano Ricchebono ad Arenzano (leggi qui). Tra i best 2016 rientra a pieno diritto Stefano Sforza, da un anno e mezzo abbondante alla guida de Les Petites Madeleines del Turin Palace Hotel di Torino. E di lui vogliamo scrivere ora, perché se lo merita, eccome.

L'ingresso del Turin Palace Hotel
Classe 1986, di San Mauro Canavese (è cugino di
Chiara Patracchini, gran pasticcera alla locale
Credenza), è un talentuoso eclettico: esperienze con
Pier Bussetti, Alain Ducasse, Luigi Taglienti quando era al
Trussardi meneghino e al sabaudo
Del Cambio ai tempi della gestione targata
Riccardo Ferrero. Un bel percorso, che oggi mette a frutto tra carte da parati, boiserie e divanetti imbottiti dell’indirizzo in via Paolo Sacchi 8, ospitato da una celebrata insegna dell’alta hotellerie di Torino, scintillante dopo un restauro durato due anni che l’ha resa al passo coi tempi senza farle perdere quella patina di storicità che fa tanto atmosfera.
Ci ha colpito tanto, di
Sforza, l’ampiezza e poliedricità nella declinazione di una cucina di qualità. Quest’estate si è anche messo a preparare pizze, tanto per dire (c’era ad esempio quella dall’impasto a base di farina di riso Venere, farina macinata a pietra, lievito madre e miele, per la farcitura protagonisti pomodorino nero confit, scampi, burrata di Andria, fiori di zucca, insalata mizuna e basilico). Ma nella carta trovano stabile spazio piatti vegetariani e della tradizione piemontese, ognuno col suo bel percorso degustazione; ricette contemporanee, uno spazio per le zuppe e suggestioni mediterranee e quasi nostalgiche, come quei “banali” spaghetti al pomodoro raccontati in una pagina intera del menu, con orgoglio: “Per scoprire la filosofia che ispira la nostra cucina, vi chiediamo il tempo necessario per leggere queste poche righe che vi illustreranno il modo in cui realizziamo un piatto solo apparentemente semplice”, e via a raccontare gli spaghetti usati, come vengono prodotti e cotti, poi tutta l’attenzione necessaria per preparare la salsa di pomodoro, fino al tocco finale della crema di mozzarella…

Partiamo da questo piccola chicca perché vi emerge tutta la passione, dedizione, umiltà ed entusiasmo con i quali
Sforza approccia il proprio lavoro – che in un ristorante d’hotel è innanzitutto quello di fare bene per tutti i gusti. E potremmo finirla in breve, magnificando la straordinarietà di un piatto che vale il viaggio mille volte, gli
“Anullòt al Plin” con granella di nocciole: paradisiaca cartina di tornasole di uno chef moderno ma non montato, dotato di basi solidissime, rispettoso della storia e che dunque sa celebrare una bontà classica come meglio non avrebbe potuto fare (lo stesso dicasi per
Vitello tonnato, sedano riccio, acciuga del mar Cantabrico: ovvero come dare veste 2.0 a una suadenza senza tempo).
Il Piemonte c’è tutto, insomma; poi però, come abbiamo sottolineato, Sforza ha anche molto altro da dire. Dal menu vegetariano è una delizia Green: tuorlo d’ uovo gasato, fava, finocchio, pak choi, mentre per i carnivori ecco Animella di agnello, crema di mandorle fresche, gambero di Porto Santo Spirito, pesca alla lavanda. Buono il Riso allo yuzu, burro di bufala, vongole al timo serpillo, ancor più l’Anatra in tre cotture: petto, coscia confit, collo, birra Moretti alla Piemontese, spray di vermouth, appena prima dei dolci che spaziano dai classici piemontesi alle proposte dal cuore vegetale come Mousseline di patata arancione, air bag di patata, spugna di pepe nero e cacao, albicocca, acqua ghiacciata di melissa.