08-04-2015

Incanti di Sicilia

Nella rievocazione di Pino Cuttaia ci sono tutti i profumi isolani che hanno ispirato Birra Moretti

Pino Cuttaia e la sua squadra del ristorante La Ma

Pino Cuttaia e la sua squadra del ristorante La Madia. La fotografia di Davide Dutto è una gentile concessione di Giunti editore, che ha appena pubblicato il libro del cuoco siciliano con Francesco Lauricella “Per le scale di Sicilia” (Giunti 2014, prefazione di Marco Bolasco), acquistabile online

In un anno in cui la globalizzazione è diventata la parola chiave di ogni attività, dove l’esposizione universale ha catalizzato lo sguardo di tutto il mondo, esiste un luogo in cui la persona rimane il centro del suo universo e per questo viene tutelata. Non è una pia illusione o una romantica leggenda, bensì il frutto di chi lavora e vive mettendo in cima alla lista delle priorità la passione, l’amore per la terra e le sue tradizioni.
La Sicilia è questo luogo privilegiato e, in particolare, quello scorcio d’isola raccontato dallo chef
Pino Cuttaia che, nel suo angolo di mondo chiamato La Madia a Licata, ha creato un microcosmo unico.

Il regno dello chef due stelle Michelin, premiato da molte guide, è una terra che non ha dimenticato il suo passato ma, anzi, più che negli scorsi anni lo sta riscoprendo giorno dopo giorno. È quello stesso territorio che ha ispirato
Birra Moretti nel creare una nuova referenza dedicata ai profumi della regione. Birra Moretti alla Siciliana si caratterizza proprio per l’utilizzo dei fiori di Zagara, che conferisce dei gradevoli sentori agrumati che ben si sposano con i piatti di pesce. È piacevole quindi scoprire il percorso di Cuttaia mentre descrive la sua Sicilia, fatta di ricordi tradizioni e profumi che scandiscono il suo cammino nel mondo della ristorazione nazionale e internazionale.

SCORCIO SICILIANO. Foto di Davide Dutto per Giunti editore

SCORCIO SICILIANO. Foto di Davide Dutto per Giunti editore

«Licata è un grande terreno fertile, che vive di stagionalità e memoria. In queste terre e nella mia Regione si sono alternati diverse dominazioni: dagli ellenici ai romani, dai bizantini agli arabi fino ai normanni e agli spagnoli. Ognuna di queste civiltà ha segnato profondamente la cultura, il modo di vivere e il territorio: sia che si guardi verso Agrigento, sia che si vada verso Palermo, lo sguardo si perde nell’ammirare un patrimonio archeologico, architettonico e ambientale pressoché unico.

Come le città restituiscono, con le loro chiese, vie e palazzi le tracce vivide del passato, così anche la nostra gastronomia è una mappa facile da interpretare nei contributi delle varie culture che si sono succedute nei secoli. Ai greci si deve l’introduzione delle olive, della ricotta e del miele; ai bizantini le spezie e i formaggi piccanti; agli arabi sorbetti e granite; ai normanni gli arrosti e i pesci sotto sale; agli spagnoli le preparazioni in agrodolce.

Ma soprattutto noi siciliani abbiamo fatto tesoro di quanto la terra poteva offrirci e su questo basare una cucina semplice e gustosa, i cui ingredienti erano raccolti direttamente nei campi. Con l’arrivo dei francesi si diffuse, tra i nobili siciliani, una cucina più alta e preparata dai monsù, un’abbreviazione dialettale di “monsieur” e che veniva usata per indicare i cuochi. A loro venne affidato il compito di rielaborare i piatti della tradizione ma con sapori più decisi. Tutte prelibatezze che hanno arricchito le pagine di uno dei romanzi più belli che racconta la mia terra, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Oggi, nonostante si siano perse alcune delle maestranze raccontate anche dalla letteratura oltre che essere nella memoria dei nostri nonni, i giovani sembrano guidati dal desiderio di ritornare alle campagne con l’obiettivo di riscoprire prodotti e sapori che si stanno perdendo. Un desiderio di continuità del passato che io stesso condivido con questi giovani e porto avanti di giorno in giorno nel mio ristorante.

Pino Cuttaia, chef del ristorante La Madia di Licata (Agrigento), classe 1967 (foto Brambilla/Serrani)

Pino Cuttaia, chef del ristorante La Madia di Licata (Agrigento), classe 1967 (foto Brambilla/Serrani)

È nata accanto a me una filiera di produttori, che ricerca e controlla i prodotti della terra e del mare. L’intento è di tutelare le ricchezze del territorio, di garantire l’eccellenza dei prodotti ma soprattutto di tramandare un sapere millenario.  Penso all’azienda agricola La Perla del Sud e ai suoi meravigliosi ortaggi o ai meloni e carciofi dei fratelli De Caro. Non da ultimo il dorato olio extravergine d’oliva che viene franto per me dall’azienda agricola Mandranova.

La mia Licata ha visto la scomparsa di fruttivendoli e ortolani, che ognuno di voi magari ha accanto a casa, e sono stato costretto a trovare fornitori che per me coltivano e raccolgono il meglio che la mia terra sa dare.
Lo stesso accade per quello specchio cristallino di mare, così ricco di pesce e al quale sono legato da ricordi d’infanzia che spesso diventano fonte d’ispirazione per i miei piatti. La mia cucina deve quindi ringraziare i professionisti che mi accompagnano in questo percorso di riscoperta della memoria e dei ricordi, ma anche del “qui e ora”. Penso però anche a quelle persone che si guadagnano la giornata portandomi le erbe spontanee. Il confronto e lo scambio reciproco di conoscenze accresce il sapere di ciascuno e preserva la tradizione dall’indifferenza.

In queste prime settimane di primavera, ad esempio, mi arrivano al ristorante gli asparagi selvatici e i sinapi. Sono erbe dalle note amare, protagoniste dei miei piatti di questa stagione, e che mi hanno fatto riscoprire il gusto per il contrasto. Da piccolo infatti non amavo l’amaricante e ora, invece, ho imparato che è un gusto a tutti gli effetti e il cui utilizzo era già presente nella cucina povera. I nostri nonni sapevano mangiare ed è per questo che oggi in carta servo una Frittata di piselli e fave con asparagi selvatici e sinapi, giocando sul dolce e amaro. È per questo che amo definire la mia cucina come una riscoperta dei sapori del passato, una conoscenza che riporta alla terra e alle persone che la sanno rendere unica».


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Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

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