Capitiamo una sera al ristorante di Daniel e Chiara Canzian a Milano ed è come essere rapiti e trasportati bendati fino a Roanne, 500 chilometri più a ovest. Nella cucina a vista di via Castelfidardo, accanto al cuoco padrone di casa di Conegliano, si affannano sotto toque chilometriche Cesar e Léo Troisgros, 25 e 21 anni, epigoni di una dinastia di alta cucina francese la cui longevità non conosce simili di qua delle Alpi.

Triglie, acetosa e fumeto di tamarindo, uno dei piatti presentati a Milano da Cesar e Léo Troisgros. Il secondo, Sanpietro con asparagi e capperi croccanti
È la quarta generazione della
Maison Troisgros, fiorita nel 1930 quando
Jean-Baptiste e
Marie acquistano l’ex
Hôtel des Platanes, davanti alla stazione dei treni di quel borgo dimenticato della Loira.
Concepiscono i fratelli
Jean e
Pierre, che nel 1954 ereditano dalla mamma le redini della cucina, scrivendo le pagine di una grande saga certificata da una stella Michelin (1955), una seconda (1965) e la terza (1968).
Sono gli anni che preparano la strada alla Nouvelle Cuisine, debitrice ma anche lesta a prendere le distanze dalla cucina classica francese post-Escoffier, dominante per tutta la prima metà del Novecento. E' l'epoca del Saumon a l'oseille, il Salmone con salsa all’acetosella, il capolavoro dei Troisgros: «Per la prima volta», riassumerà l’illustre allievo Daniel Boulud, «il salmone non è più messo a bollire, disposto su un piatto caldo e cosparso da una cucchiaiata di salsa. Ma è scottato rapidamente in padella e messo nel piatto sopra alla salsa. Un gesto che oggi non ci dice nulla, ma che allora valse una rivoluzione».

Controfiletto di vitello allo zafferano e riso soffiato, ratatouille di porri e zucchine verdi e gialle. Il piatto della serata è di Daniel Canzian e da oggi è fisso in carta al suo ristorante
La terza generazione di chef
Michel, figlio di
Pierre, sale in sella nel 1984, appena dopo la scomparsa di zio
Jean.
Michel consolida il prestigio della
Maison con una cucina che va via via sgrassando il patrimonio opulento accumulato dalle origini, alleggerendolo con tecniche anche transnazionali. Fioriscono le consulenze nel mondo e tra queste c'è il ristorante dell’
Hyatt Regency di Tokyo. Col che ci riabbiamo dal nostro breve excursus temporale.
L’idea della cena dell’altra sera è frullata in testa a Daniel Canzian nel corso di un servizio proprio in Giappone con Cesar e Léo, poco prima di aprire il suo ambizioso locale milanese, nell’ottobre scorso. «Con loro», ha rivelato, «è nata un’amicizia che magari un giorno sfocerà in qualcosa di stabile». Nel mentre è bello indagare su tutta una serie di intrecci, alcuni insospettabili, che legano a doppio filo la Maison della Loira all’Italia.

Impressionante lo spiegamento di forze nella cucina a vista di Daniel
L’apprendistato negli anni Settanta di
Gualtiero Marchesi dai
Troisgros è storia nota: chissà cosa sarebbe oggi l’alta cucina italiana senza le lezioni impartite dai fratelli
Pierre e
Jean al futuro Maestro di via Bonvesin de la Riva (3 stelle nell'86, primo caso italiano, 18 anni dopo la
Maison).
Pierre poi era a sua volta sposato con
Olympe, una graziosa signora friulana, scomparsa nel 2008, che contagiò marito e figlio con l’amore per i nostri ingredienti. Lo stesso
Canzian, a lungo allievo di
Marchesi e folgorato da una breve esperienza in Loira, ha scritto le sue impressioni
per noi: «In carta non mancano mai i ravioli del plin piemontesi, i babà e le focacce. E adorano il culatello, che addirittura servono su alzata per collocarlo nel suo giusto piano».
Si aggiunga che l’altra sera a cucinare con Daniel, Cesar e Léo c’era Marco Viganò, cuoco italiano a lungo secondo di Paolo Lopriore all'Albereta di Erbusco, sotto l'occhio attento ancora di Marchesi. Oggi è al timone di Aux Anges, ristorante aperto proprio a Roanne 4 anni fa con la moglie Annabelle, francese di origini a sua volta italiane. Un cuoco tanto inaspettatamente rispettato dai locali che è pronto ad aprire una seconda insegna dopo l’estate. Si chiamerà Vigà e chissà che le otto mani amiche non si intreccino di nuovo sotto quel tetto.