28-01-2019
Antonia Klugmann, triestina classe 1979, chef e patron con il marito Romano De Feo del ristorante L'Argine a Vencò, Dolegna sul Collio (Gorizia). Sabato 23 marzo Klugmann sarà relatrice a Identità Milano. Foto www.largineavenco.it/Mattia Mionetto)
Semi di girasole, amaranto, quinoa, sesamo, papavero. Ravioli di guancia brasata, rosa di Gorizia, salsa di vino e cioccolato. Seduti all’Argine di Vencò, Gorizia, si ha come l'impressione di mangiare come mangeremo tra 20 anni. È la preveggenza di Antonia Klugmann, una dote di cui tanto è stato scritto su queste pagine. A osservarla per tutto un servizio, dietro al finestrone della cucina a vista, prevale invece all’occhio un'altra caratteristica: il ritmo serratissimo con cui interpreta la sua professione. In 3 ore di cena, la cuoca triestina non solo non si è mai mossa dalla sua postazione, ma non c’è stato un solo momento in cui siamo riusciti a incrociare il suo sguardo, sempre chino a comporre un piatto. Proprio prima di sedere, avevamo avuto con lei una piacevole chiacchierata su un tema di cui si parla sempre di più, ma ancora non a sufficienza per le rilevanti conseguenze che ha sulla tenuta di un ristorante: il logorio di chi ci lavora. Quante persone impiega oggi il suo ristorante? In cucina siamo in 4 più uno stagista; in sala c'è il mio compagno Romano e altre una o 2 persone. E' il quinto anno dall'apertura. Ogni stagione le cose vanno sempre meglio e il personale cresce, per fortuna. Quando abbiamo preso la stella Michelin (dicembre 2015, ndr) in cucina c'ero solo io con un commis e un lavapiatti che non si presentava nemmeno tutti i giorni. Qual è oggi il suo ritmo personale in un servizio medio? Rifinisco da 180 a 220 piatti in due ore e mezza di media, per soddisfare 15/20 coperti. Sono circa un piatto al minuto. In questo momento sono anche capopartita dei secondi. A chi si sorprende del fatto che non alzo mai la testa, rispondo: e come faccio? Non ho proprio il tempo.
L'Argine. Foto www.largineavenco.it
Foto Paolo Marchi
Semi
Ravioli di guancia brasata, rosa di Gorizia, salsa di vino e cioccolato
In cucina ha un atteggiamento più autoritario o materno? Credo molto nell’autorità e nell’autorevolezza. Per me, l’unico metro per misurare il valore di una persona è la sua competenza: puoi essere anche la persona più simpatica, intelligente e sensibile dell’universo, ma se non sei adatto a un certo tipo di lavoro, non può stare nella mia cucina. Anche perché chi non è bravo a fare questo mestiere viene subito isolato dagli altri, è una dinamica frequentissima. Non può succedere in ambienti ridotti come il nostro, in cui si sta assieme per 15 o 16 ore al giorno.
Wasabi e cioccolato
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.