24-09-2018
Matias Perdomo, al pass di Identità Golose Milano. Chef di Contraste a Milano, vive e lavora in Italia dal 2001 (foto Sonia Santagostino)
Settimana scorsa, in occasione della cena Il Mondo in Italia, abbiamo ascoltato le storie di cuochi di passaporto non-italiano, protagonisti della terza serata del neonato Hub di Identità Golose Milano. Avventure interessanti, che abbiamo deciso di isolare con piccoli racconti a parte. Perché, accanto alla retorica del “fornello in fuga” dall’Italia - l’aspirante cuoco che, in mancanza di alternative, cerca gloria fuori dai nostri confini - dovremmo occuparci allo stesso modo di chi si reca dal suo paese al nostro. Storie di amore spassionato per la cucina italiana, con riflessi sull’attualità. «Sono in Italia da tanto tempo», rievoca Matias Perdomo, chef di Contraste a Milano, «Ricordo benissimo il giorno esatto in cui arrivai: era il 17 maggio 2001. Mi aveva chiamato il connazionale e amico Juan Lema – ora alla Trattoria Mirta, un’altra bella storia di cuochi stranieri che si innamorano del nostro paese, ndr -. Non ci ho pensato un attimo». Vent’anni fa il livello della cucina uruguaiana era piuttosto basso: «Per questo scelsi di lavorare in un'insegna italiana a Montevideo, pur rudimentale nel suo approccio. Tiravamo diverse paste fresche da un lato e preparavamo tante salse dall’altro. Accoppiavamo le due cose a seconda del desiderio del cliente. Conobbi lì Juan, era in Italia già da un decennio. Mi disse che da voi c’erano importanti opportunità».
Foto Sonia Santagostino
I Ravioli al tuco di Matias Perdomo e Simon Press (foto Sonia Santagostino)
Un attaccamento così viscerale alla patria adottiva, che Perdomo cucina italiano anche quando crede di riprodurre piatti sudamericani. Come i Ravioli al tuco, preparati l’altra sera all’Hub di Identità Milano. «Quando abbiamo concepito questo piatto, un paio di anni fa, con Simon volevamo lavorare su qualcosa di sudamericano al 100%. La pasta col tuco la mangiano tutti, in Argentina, in Uruguay, in Cile, tutte le domeniche. L’abbiamo reinterpretata mettendo un ripieno di mollica bagnata nel tuco all’interno del raviolo. Quel che abbiamo scoperto dopo è che il tuco fu portato in Sudamerica negli anni Trenta da emigranti italiano. E' stata la giornalista Lydia Capasso a spiegarci che tuco non è che la traduzione del genovese “tocco”, il pezzettone di manzo, appunto». Ergo, oggi Perdomo è così italiano, che lo è anche quando non vuole.
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.