Il 18 maggio scorso un articolo pubblicato (senza firma) su Noto News ha avuto un’eco piuttosto ampia sui social. Il format è quasi un classico: due turisti pubblicano online uno scontrino «indigesto» per lamentarsi di una somma a loro dire eccessiva. In questo caso, «15,86 euro per due granite speciali e 2 brioche gustose e fresche». Il lettore saprà già che il «noto bar del centro storico di Noto» è il Caffè Sicilia di Corrado Assenza. Il quale non ha certo bisogno di essere difeso da noi, vista la stima universale di cui gode (per Alain Ducasse è «le plus grand confisier du monde», per noi di Identità Golose è l'unico relatore di 12 edizioni del congresso) e le dichiarazioni solidali con cui colleghi e clienti hanno inondato la sua bacheca di facebook.
Tanto basterebbe per distanziare il caso in questione dagli articoli dello stesso tenore che appaiono di tanto in tanto (tipo i turisti tedeschi ciclicamente bastonati in Sardegna per una cena ad astice e champagne). Però abbiamo voluto sentire il diretto interessato perché è assurdo che un organo di "informazione" locale dia addosso a un esercizio che dovrebbe essere il vanto cittadino. Ma soprattutto perché sono in ballo questioni che vanno oltre la singola, sterile polemica. Qualcosa che l’autore americano Michael Pollan definirebbe «L’illusione che esista il cibo economico e di qualità». Cerchiamo, intanto, di fare l'anatomia di quello scontrino.
Corrado, possiamo spiegare cosa sono le granite ‘speciali’ del Caffè Sicilia?
Nel nostro menu, le granite sono di due famiglie. Ci sono quelle ‘normali’ al gusto limone, arancia, pompelmo rosa o mandarino. E quelle ‘speciali’ alla mandorla, gelso nero, fico o pesca. Le prime si distinguono dalle seconde perché più economiche: la materia prima alla fonte ha costi meno elevati e il ciclo di produzione comporta meno passaggi. Ad esempio, un limone ci costa 80 centesimi al chilo, 16 volte meno di un chilo di mandorle. La granita alla pesca è nella categoria ‘speciale’ perché i noccioli non sono commestibili e il tempo impiegato per rimuoverli uno a uno è un costo.
Quanto pesa una granita speciale?
Abbiamo due misure: quella ‘incriminata’ da 5 euro è il formato più grande. Sono circa 3 etti di granita naturale, composta senza ricorrere ad alcun semilavorato industriale, utilizzato nella stragrande maggioranza dei casi.
E le brioches da 1,50 euro?
Le facciamo con farina Petra, che costa il doppio della media. Poi solo uova, latte, burro, zucchero e lievito madre. Nessun additivo o miglioratore. I nostri aromatizzanti non sono quelli sintetici venduti nei flaconi ma li ricaviamo direttamente dalla corteccia del frutto: d’arancia in stagione, di limone tutto l’anno. Per ogni brioches occorrono 14 ore di lievitazione: una parte è condotta in frigorifero, un’altra a temperatura ambiente. Le produciamo man mano nella giornata in modo che risultino friabili in ogni momento. Vogliamo che ogni cliente possa avere le stesse emozioni, dalle 8 del mattino fino alla chiusura. È il concetto di democrazia alimentare del Caffè Sicilia.
Ultimo dettaglio dello scontrino: il 22% di servizio.
Chi acquista per il passeggio e chi consuma per un’ora seduto al tavolo, esterno o interno, non può pagare la stessa cifra. L'aumento percentuale giustifica i costi del cameriere e del tavolo stesso. Quella maggiorazione non ci rende più ricchi ma copre le spese del compenso mensile del cameriere e per un’altra parte finisce in tasse, che da noi si attestano attorno al 48% del fatturato.
Avete stagisti al Caffè Sicilia?
No, tutti i nostri collaboratori sottostanno al regolare contratto nazionale del lavoro che rispettiamo e che dovrebbe essere in vigore in ogni esercizio, dalla Valdaosta a Lampedusa. Il nostro concetto di sostenibilità non contempla le scorciatoie degli stage con vitto e alloggio incluso.

Corrado Assenza, pasticciere netino, nello scatto di Francesca Brambilla e Serena Serrani al congresso di Identità Milano del marzo scorso
Perché allora fa notizia uno scontrino così?
Perché la qualità fa paura. Spaventa perché è faticosa. Costa fatica a noi fare pagare al cliente il giusto prezzo per ripagare a nostra volta il contadino che ti dà una mandorla perfetta. Allo stesso tempo deve remunerare tutta la filiera, ogni filiera di ogni prodotto perché in tutti i passaggi ci sia il rispetto di ciascuna delle materie prime, non basta avere raccolto un prodotto straordinario. La missione è compiuta quando questa straordinarietà arriva al palato del consumatore. Con le necessarie attenzioni e cure a ogni passaggio. Questa dev’essere la scommessa che l’agro-alimentare italiano s’impegna a fare propria e vincere per salvare il patrimonio di cultura e biodiversità che è il nostro vero tesoro. Ricordiamoci che lo abbiamo ereditato per consegnarlo a chi arriva dopo di noi, magari senza averlo nel frattempo distrutto. Un po’ come tutto il pianeta. Occorrerebbe una rivoluzione culturale del cibo, per sensibilizzare tutti. A partire dall’artigiano. Ma mi pare che il mondo stia andando nel senso opposto.
Cosa intendi?
Ti faccio un esempio. L’anno scorso ho ricevuto una visita dalla Food and Drug Administration americana. Un’ispezione di 3 giorni nei quali hanno verificato che tutte le loro normative alimentari e anti-terrorismo fossero rispettate. Questo perché ogni anno vendo al mercato statunitense poche migliaia di euro in confetture, torroni, mandorle e pistacchi. Report finale: possiamo continuare a vendere a quel mercato. Evviva. Ma questo vuol dire che, in prospettiva, ci attende un mondo che premierà strutture sempre più grandi, standardizzate, controllabili. Un bastone tra le ruote per tutti quei piccoli artigiani che faticano ogni giorno a confezionare prodotti grandi e unici.
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