«Quando si prepara il panettone non bisogna avere fretta, perché l’impasto se ne accorge e si ribella. È lui che comanda. E non si può mai dare nulla per scontato. Tempistiche e temperature sono fondamentali. Anche un singolo passaggio eseguito male va a minare un soddisfacente risultato finale», spiega il g’trainer Nicola Borra, nel Laboratorio del Molino di Vighizzolo d’Este. Indicando alcuni degli ingredienti fondamentali per la realizzazione del panettone artigianale. Che sono sì lievito, farina, uova, burro, zucchero, vaniglia, canditi e uvetta. Ma che sono pure concentrazione, passione, tecnica, sensibilità e consapevolezza. Senza dimenticare una buona dose di esperienza.
Sì, il panettone è un tipo esigente. Pretende attenzione. E vanta persino un suo lessico e un suo vocabolario. A partire dal lievito madre. Che in primis è figlio: di acqua e farina. «Io sono un grande appassionato di lievito madre. Perché lavorare con lui è differente e divertente. È qualcosa di viscerale e di primordiale. Si tratta di un impasto molto particolare, che va lasciato fermentare in maniera spontanea. Ma per avviare il tutto serve uno start. E la buccia della frutta, quella dell’uva ad esempio, è perfetta», precisa Luca Giannino, altro g’trainer della brigata di Petra. Lievito madre - in questo caso in crema - che va pure rinfrescato. «Cioè va nutrito con cibo nuovo. Non solo. Il rinfresco aumenta la temperatura del lievito, che magari ha riposato in frigorifero, grazie all’aggiunta di acqua calda. E poi il rinfresco serve a meglio regolare l’acidità», continua Luca. Farina ideale? Petra 6384.
Rinfrescare, certo. Ma anche impastare. Continuando con la farina
Petra 6384, oppure aggiungendo
Petra 0103 HP, una farina high performance, preziosa di riso e orzo germogliati, per un lievitato ancor più aromatico, nutrizionalmente bilanciato e ricco di proteine. Nell’impianto atestino di
Petra Viva infatti è stato installato un esclusivo impianto di germogliazione controllata di ultima generazione. Un unicum in Europa. Dove cereali, legumi e semi vengono portati alla loro massima potenzialità. «Un seme germogliato concentra fino a cinque-sette volte le vitamine e gli oligoelementi, rendendoli biodisponibili», spiega il capo mugnaio
Gianluca Sinigaglia. «Inoltre i cereali germogliati favoriscono la lievitazione e allungano la shelf life del prodotto finito». E non finisce qui. «La germogliazione elimina gli aspetti più spigolosi di certi legumi, evitando di provocare quella fastidiosa sensazione di gonfiore».

Canditi di limone e bergamotto by Corrado Assenza
E poi? C’è l’uvetta. E ci sono pure i canditi (tagliati a mano) di
Corrado Assenza. Di arancia per il panettone classico. Di limone e di bergamotto di Calabria, nonché di capperi di Pantelleria per il lievitato con la
0103 HP. Un panettone dalla solare vis mediterranea, in cui il cappero candito, liberato dal sale e messo in uno sciroppo di miele, regala freschezza, grinta e potenza. «La bravura? Sta nel far gonfiare bene il prodotto, mettendo tanta frutta. Del resto, i canditi devono avere lo stesso peso della farina», continua
Borra. Che insegna anche le voci dei verbi riposare, stagliare, preformare (per conferire struttura, dare una certa spinta verticale e creare una sorta di pelle), pirlare (agendo con movimenti rotatori delle mani), scarpare (incidendo e benedicendo l’impasto con una croce e un pezzetto di burro), glassare (con un composto a base di zucchero, farina
Petra 5, farine di mandorle e nocciole, amido di mais e albume), infornare e inforcare. Perché una volta uscito dal forno il panettone va messo a testa in giù. Complici due spilloni. Per poi esser steso e lasciato raffreddare, raggiungendo la temperatura ambiente ideale.

Luca Giannino e Nicola Borra
Ma come riconoscere al primo sguardo un buon panettone artigianale?
Nicola Borra e
Luca Giannino ce lo svelano in dieci diktat.
1 - Non deve implodere. Anzi. La cupola deve risultare tonda, pronunciata e omogenea. E deve fuoriuscire per qualche centimetro dal pirottino. Senza d’altro canto creare l’indesiderato effetto fungo.
2 - Non si deve staccare o ritrarre dal pirottino.
3 - Non deve apparire chiuso. Se la scarpatura è fatta per bene, la superficie deve risultare aperta e ariosa. Deve sbocciare, come un fiore.
4 - Non deve presentare l’aureola lungo i contorni. Sarebbe un indice di eccessiva grassezza.
5 - Non deve contare troppi buchi. Dopo il taglio, gli alveoli devono apparire ben distribuiti e allungati verso l’alto. Un panettone eccessivamente rarefatto si asciugherebbe in un battibaleno.
6 - Non deve essere pallido o albino. Il suo tono ideale è un bel giallo.
7 - Non deve sgretolarsi. Bensì filare. Prendendo un pezzo di pasta fra indice e pollice, e tirandola verso il basso, deve somigliare a un filo.
8 - Non si deve sbriciolare. Un po’ di briciole sono concesse esclusivamente in caso di presenza della glassa.
9 - Non va masticato. In bocca si deve sciogliere. E non deve mettere sete.
10 - Non va sprecato. Per questo il consiglio è quello di controllare sempre la data di scadenza. Questione di chiarezza, trasparenza e consapevolezza. Dopotutto un panettone artigianale andrebbe consumato entro 20 giorni. E passata la dead line? «Si può tagliare a fette e lasciar intiepidire in forno a 50°C. Non di più. Altrimenti diviene biscottato».
Non da ultimo il panettone deve avere carattere e personalità. E deve portare la griffe dell’artigiano che lo fa. Persino sulla confezione. «Il packaging è importante. E deve avere l’impronta di una forte manualità», puntualizza il designer spezzino
Emanuele Martera. Che predilige un abito creativo e su misura. Partendo da un semplice sacchetto in carta, puro e semplicissimo. Anche riciclato. Poi? Pennelli alla mano e colori acrilici ben dosati e correttamente diluiti, via che si può partire con schizzi, disegni, lettere, parole, elementi reali o surreali. «L’importante è non usare il pennello come se fosse una penna. Il tratto deve essere marcato, grosso e deciso. Si deve ottenere l’effetto materico», continua
Martera. A suggello: tanti nastri vivaci.