«Noi? Siamo molto classici. E orgogliosi di esserlo», dice col sorriso Pierluigi Perbellini, aggirandosi nel gigantesco laboratorio. Uno spazio immenso (di oltre cinquecento metri quadrati), che se ne sta dietro la pasticceria e che rappresenta la vera fucina di un’insegna quale la Rinomata Offelleria Perbellini - dal 1900 in Bovolone, a una trentina di chilometri da Verona. Sì, perché è qui che si produce la celeberrima Offella d’Oro, sorella del pandoro e figlia di quel Nadalin considerato il capostipite della locale tradizione. E il merito va a un’intuizione: rendere più alta, soffice e morbida la pasta lievitata del Nadalin& (più secca e magra, per via della minor quantità di burro contenuta). Correva la fine dell’Ottocento, l’epoca in cui Giovanni Battista - bisnonno di Pierluigi - lavorava per la drogheria di Melegatti, nel centro della città scaligera. Nacque così il pandoro, rigorosamente a otto punte (come il Nadalin), grazie allo stampo a piramide tronca disegnato da un pittore della zona, tal Angelo Dall’Oca Bianca. Il risultato? Un dolce soave e vaporoso, a foggia di stella.

I pandori Perbellini. Sulla destra, Giovanni Battista Perbellini nel 2005 con lo stampo del pandoro
Da lì all’
Offella il passo fu breve. Al punto che verrebbe da chiedersi: ma è nato prima il pandoro o sua sorella? Poco importa. «Nell’
Offella cambia però la forma, che è tonda, anzi, troncoconica, con le basi circolari. E poi sul fondo dello stampo, prima di infornare, posizioniamo le mandorle. Solitamente di Bari. Così, cuocendo, si tostano e regalano un inebriante profumo al dolce», racconta
Pierluigi: classe ’77, indigeno di Bovolone, studi superiori all’insegna della chimica e della microbiologia e un corso universitario per la gestione delle imprese alimentari. Se non avesse fatto il pasticcere? «Forse sarei diventato architetto», svela
Pierluigi. Che costruisce delizie a partire da impasti accuratissimi, complici burro, zucchero, lievito madre e la farina
Panettone di
Molino Quaglia. Molino atestino che lo ha eletto fra i
Petra Selected Partners.

L'Offella d'Oro Perbellini
«Per fare un’
Offella d’Oro sono necessari tre giorni. Tutto sta nell’unire acqua e farina, nell’impastare e nel mettere al caldo a riposare. Ripetendo l’operazione per ben tre volte. Infine, si fanno le forme», spiega
Pierluigi. Fiero anche della confezione. Semplice ma d’impatto. Con corda e legnetto a suggellare l’incarto. Un chiaro richiamo al Novecento e all’uso di trasportare a mano i dolci. «Andiamo dai vignaioli e ritiriamo i
cai, i tralci di vite che vengono tagliati e che andrebbero gettati. Poi prendiamo i rametti e li riduciamo in piccoli pezzi, ricavandone una sorta di maniglia», precisa il pasticcere, sempre pronto a onorare il non scarto. «Qui in pasticceria non si butta via nulla. A parte i gusci delle uova», continua
Perbellini junior. Che ha trovato una soluzione pure per tutti quei prodotti - biscotti, cannoncini o lievitati che siano - non riusciti alla perfezione. Certo, a loro viene data un’altra chance. Confezionati in sacchetti trasparenti. «Ci sono clienti che vengono appositamente a chiedermi queste seconde scelte». A conferma che nulla è perduto.
«Anche il pandoro talvolta può venire storto», confessa
Pierluigi. Perché? Perché è molto più delicato del panettone. Inoltre va cotto in un forno
ad hoc, aiutandosi nei movimenti con una lunga pala. Poi, va sfornato e tolto dallo stampo, capovolgendolo con assoluta attenzione». Insomma, un’operazione che richiede la massima cura. Regalando però anche molta soddisfazione. Lo si legge negli occhi di
Pierluigi, alla guida della pasticceria con lo zio
Battistino e papà
Flavio.

Il passaporto di Giovanni Battista Perbellini, bisnonno di Pierluigi: data 1892, professione "pasticcere". A destra, nonno Ernesto Perbellini nel 1970
Figli di quell’
Ernesto che negli anni Cinquanta mise a punto altri due
must della maison: la
Millefoglie Strachin e il
Dolce Dorato, un biscottone di frolla da inzuppare ne latte o nel tè. Mentre la mitica millefoglie - realizzata con la farina per sfoglia di
Molino Quaglia - è chiamata “strachin”, per via dell’ariosa crema che, poco dopo la sua preparazione, inesorabilmente è destinata ad afflosciarsi. Creando un dessert diventato mito. Proposto già porzionato a tranci oppure intero, come fosse una torta. Segni particolari? La coltre di amaretti fatti in casa e sbriciolati fra i diversi strati.

Enzo, Flavio e Giovanni Battista Perbellini nel 2005
E poi? Non mancano i croissant, gli
zaeti, i friabili
pearini (alle mandorle e pepe) e i cannoncini, riempiti al momento, anche con crema pasticcera al Marsala. E ancora, la
Sbrisolada - in omaggio a Mantova, non lontana da Bovolone - a base di farina per frolla e farina di mais, burro e mandorle. Che finiscono pure nel
Pan dei Siori, nobile impasto profumato alla cannella, con pezzetti di cedro, arancia, noci e fichi secchi. Invece la
Focaccia Allegra sfoggia l’uvetta imbevuta nel Moscato e il
Fior d’Albicocca cela gocce di confettura, esibendo una glassa mandorlata.

Il Pan dei Siori, nobile impasto profumato alla cannella, con pezzetti di cedro, arancia, noci e fichi secchi
Ma il panettone? C’è, eccome. Persino in formato “Il gigante buono” da otto chilogrammi, custodito in una maxi cassa in legno. Mentre la taglia classica vanta due gusti originali: arancia e cioccolato; e cedro, zenzero e cioccolato. «Ma prima di proporli li abbiamo fatti, rifatti, assaggiati e riassaggiati», puntualizza
Pierluigi. Un perfezionista. Che ha voluto cimentarsi pure in un corso sulla pizza. «Ma non si può essere bravi in tutto», ammette con umiltà. Tanto lui è già bravissimo a fare il resto.

Il panettone Perbellini con cedro, zenzero e cioccolato
Per i più golosi: un secondo punto vendita è a Isola Rizza, accanto al ristorante stellato che porta il cognome di famiglia e che vanta la cucina di
Francesco Baldissarutti.
Rinomata Offelleria Perbellini
via Vittorio Veneto 46, Bovolone (Vr)
tel. +39 045 7100599
via Muselle 130, Isola Rizza (Vr)
tel. +39 045 7135899
pasticceriaperbellini.it