C’è un pasticcere in Spagna che sforna 90mila panettoni all’anno. E non lo fa soltanto in periodo natalizio com’è d’uso in Italia, ma tutti i 365 giorni del calendario, da gennaio a dicembre. Lui è Paco Torreblanca, uno dei uno dei più importanti e innovativi pasticceri degli ultimi trent’anni e ai tanti riconoscimenti collezionati negli anni, se n’è aggiunto un altro, quello di Ambasciatore del panettone del mondo appena consegnatogli nell’ambito degli Artisti del Panettone (che continua fino a stasera, domenica 9 dicembre, al Palazzo dei Giureconsulti di Milano) direttamente dalle mani del maestro Gino Fabbri. Sempre Fabbri, nel luglio 2017, aveva premiato il lievitato di Torreblanca come il Miglior panettone fuori dall’Italia nella Notte dei maestri del lievito madre.

Paco Torreblanca a Milano, tra Gino Fabbri e Carla Icardi
«Il panettone è uno dei miei grandi successi – spiega
Torreblanca - La prima volta che ne ho assaggiato un pezzetto ero alla
Cast Alimenti, la scuola di
Vittorio Santoro. A propormelo a colazione furono
Iginio Massari e
Achille Zoia e l’ho trovato un prodotto straordinario. Da allora ho cominciato a lavorarci, chiedendo consigli agli stessi
Massari e
Zoia, fino a farlo diventare immancabile della mia produzione. E anche se i volumi maggiori li faccio in periodo natalizio, lo sforno tutto l’anno perché sta diventando amatissimo in Spagna».

Torreblanca nominato ieri Ambasciatore del panettone del mondo nell’ambito degli Artisti del Panettone, in corso a Milano
A colpire il palato di
Torreblanca è stata «la morbidezza, l’untuosità che gli dà il burro, i canditi, l’utilizzo del lievito madre. Tutti elementi che ne fanno il miglior lievitato del mondo e un dolce molto italiano. E ancora: «Il panettone sta all’Italia come la brioche sta alla Francia. Ma la brioche, però, è la sorella piccola del panettone», dice
Torreblanca che la Francia la conosce bene, il padre lo mandò appena tredicenne alla corte di
Jean Millet per allontanarlo dal regime dittatoriale di
Francisco Franco.

Quello di Torreblanca è stato dichiarato Miglior panettone fuori dall’Italia nel 2017
Nel panettone tradizionale di
Torreblanca, però, manca l’uvetta. «Agli spagnoli non piace – si rammarica il pasticcere - All’inizio la mettevo, poi quando mi sono reso conto che erano più quelli che la gettavano via di quelli che la mangiavano l’ho tolta dalla ricetta». Una ricetta che il pasticcere di Alicante realizza con ingredienti italiani, «dalla farina ai canditi, perché non ne ho trovati eguali nel mio Paese», eccezion fatta per il burro «che arriva dal Nord della Spagna». L’altra versione del panettone di
Torreblanca è al gianduja, «lo faccio con il
64% Manjari di
Valrhona».

Il panettone di Torreblanca al gianduja, con il 64% Manjari di Valrhona
Paco Torreblanca “rischia” di riuscire lì dove gli italiani fin qui non hanno osato: far conoscere il panettone in tutto il mondo. Dopo la Spagna, dove il pasticcere ha cinque negozi, infatti,
Torreblanca potrebbe far esplodere il panettone anche in Cina dove tra i corsi della sua scuola ne ha inserito uno dedicato al grande lievitato italiano. «E se i cinesi cominceranno ad amarlo sarà la fine», se la ride
Torreblanca che annuncia anche un prossimo corso sul panettone a Miami. «Perché gli italiani non ci riescono? Per voi è un dolce natalizio, per gli altri è solo la migliore brioche al mondo».
Girando l’Italia come giudice di
Best Bakery, programma andato in onda su
Tv8,
Torreblanca ha conosciuto molto della pasticceria italiana. «Un po’ come in Spagna dove la creatività è concentrata al Nord tra Barcellona, Alicante e Valencia e la tradizione nel Sud, ho trovato una pasticceria moderna al Nord e una molto classica, ma di ottima qualità, al Sud, tra Napoli, Catania e Palermo. Una pasticceria, quest’ultima, che però necessita di qualche accorgimento perché è troppo zuccherata», riflette. Detto ciò, «un altro dolce con un enorme potenziale è la sfogliatella napoletana. È antica, unica e identitaria: c’è la parte croccante, poi la crema alla vaniglia e la morbidezza delle fragoline di bosco». E di identità, oggi, la pasticceria ha molto bisogno. «Per tantissimo tempo la pasticceria è stata identificata con quella francese, molti professionisti che oggi lavorano in tutto il mondo si sono formati in Francia con la conseguenza che trovi lo stesso dessert a Parigi e a Tokio. Invece si dovrebbe guardare all’essenza, come si fa a Napoli e a Catania, rinnovando però l’estetica e adattando il gusto».