Si dice che ci sia una storica rivalità fra australiani e neozelandesi dovuta a una certa acredine di questi ultimi nei confronti dei primi, la famosa invidia che, anziché essere contenuta e incanalata come propulsore, crea un radicato risentimento. La Nuova Zelanda vorrebbe essere, non tanto l’Australia ma "australiana", si dice; il che sarebbe un vero peccato, vista la immane quantità di spazi verdi - e non per l’irrigazione -, il clima meno torrido e un sano isolamento che, anziché frenare l’ingegno, fomenta la necessità di scambi.

Anna Pavlovna Pavlova (1881-1931)
Una delle più bonarie diatribe di cui io sia a conoscenza è quella che riguarda la primigenitura di una torta, la famosa
Pavlova. Incredibilmente anche
Wikipedia riporta la corretta attribuzione dell’origine del dessert ai
Kiwi, la qual cosa forse indurrà l’Australia a invadere l’Isola Sud per lavare l’onta a suon di pinot nero di
Central Otago – un’altra cosa che riesce meglio ai neozelandesi. Il dessert a base di meringa dedicato alla famosa ballerina russa che agli inizi del Novecento era in tournée più o meno in tutto il mondo (beata lei!), ha promosso una querelle che è stata risolta da
Helen Leach, emerita dell’Università di Otago; la docente di antropologia ha dedicato un imprecisato numero di anni ad analizzare i ricettari delle due nazioni, cercando indizi che dimostrassero come sulla
Pavlova stiano meglio le fettine di kiwi anziché quelle di frutto della passione.
La buona notizia è che ce l’ha fatta, cosa per la quale gli ortofrutticultori della
Bay of Plenty ringraziano sentitamente; quella che invece lascia insoddisfatti i puristi della cucina è che un'attribuzione netta delle origini culinarie di un piatto a un solo creatore è altamente improbabile. Esattamente come trovare una, e una sola, ricetta di un piatto tradizionale. Lo so che questa cosa fa salire il sangue al cervello a una parte dei food blogger che vivono nella contraddizione di proporre ricette “uniche e originali” mentre le adattano alle esigenze dei lettori.
Nel caso della
Pavlova, la ricerca è stata basata su ogni possibile fonte storica, cercando anche nella corrispondenza privata tra pasticcieri o di madri con le figlie lontane. Il punto era cercare come si è spostata la ricetta da una nazione all’altra, ma nel frattempo è emerso che non esisteva una ricetta univoca e che con lo stesso nome si intendevano più tipi di torte, l’unica costante che accumunava torte completamente diverse l’una dall’altra era il nome, non la meringa o i
cranberries di decorazione.
Farò male a sospettare che ai giorni nostri, più che la ‘tradizione’ la posta in gioco sia meramente economica? Le due facce della stessa medaglia combaciano quando l’originalitá si perde nel meccanismo della novità a tutti i costi e qualcuno si attacca alla ripetizione sempiterna nella convinzione di fare qualcosa di sensato. Vivere di rendita dovrebbe essere trasformato in un’arte, giusto per dimostrare di meritarsela ancora. Chiaramente, se domani qualcuno dovesse mai arrivare a mettere l’ananas (e pure surgelato!) sulla pizza anche a Napoli, declino ogni responsabilità.