17-01-2023

Boragó: viaggio sorprendente in una regione remota e sconosciuta attraverso le specie endemiche cilene

Rodolfo Guzmán, a Santiago del Cile, racconta l’identità del suo Paese con talento, visione e maestria attingendo a una impressionante ricchezza di prodotti unici al mondo e a conoscenze ancestrali

La murtilla, Ugni molinae, è una bacca selvati

La murtillaUgni molinae, è una bacca selvatica, con un delizioso profilo floreale e un profilo gustativo che ricorda un incrocio tra quello della rosa e della mela. A Boragò si utilizzano la murtilla negra e quella roja - Foto: Giovanna Abrami

Impresa difficile condensare nello spazio di un articolo tutta la complessità della storia di Rodolfo Guzman, chef cileno classe 1978 - sangue mapuche, spagnolo, croato e chissà cos’altro nelle vene - e di Boragó, il ristorante che ha aperto nel 2007 e che oggi svetta al decimo posto del 50 Best latinoamericano - unico cileno nel 50 best mondiale - dopo un percorso tortuoso, sofferto e complicato.  

La storia di Rodolfo è bella come sono belle le storie a lieto fine. Non lo diciamo noi ma l'introduzione al libro Boragó - Coming from the South, scritto da Guzman: parla di una storia che termina con un “vissero felici e contenti”. Ma gli inizi di Rodolfo e la sua storia - dal 2007 (anno di apertura del ristorante), fino al 2013  (anno in cui si inaugurò il 50 Best Latinoamericano che lo vide catapultato direttamente alla posizione numero 8, salvandone le sorti e il destino) - non sono state affatto facili né lineari.

Rodolfo Guzman

Rodolfo Guzman

In un paese asfaltato dalla dittatura (considerazioni di chi scrive, non di Guzman), filo americano, classista e ingiusto, dove tutto ciò che era relazionato al folklore è stato per decenni guardato con sospetto (perché associato alla sinistra), Guzman proponeva, a chi era abituato a pagare per mangiare foie gras, prosciutto italiano e caviale: bacche, alghe, frutti selvatici, funghi sconosciuti raccolti nei boschi della Patagonia cilena, piante alofite strappate dalle scogliere rocciose del Pacifico e - affronto doppio - preparate attingendo agli antichi saperi delle popolazioni native. La gente non capiva la sua proposta e il ristorante rimaneva vuoto. Per anni. Poi, nel 2013, il ristorante si è ritrovato catapultato ai vertici della classifica dei migliori ristoranti del continente, alla sua prima edizione (Latin America's 50 Best Restaurants si inaugura nel 2013), passando ad avere, da un giorno all’altro, la sala vuota al ristorante al completo, tutti i giorni.  

Parte della brigata di cucina. Tra il pass e la cucina sperimentale (l’area Research&Development) lavorano 40 persone - Tutte le foto Giovanna Abrami

Parte della brigata di cucina. Tra il pass e la cucina sperimentale (l’area Research&Development) lavorano 40 persone - Tutte le foto Giovanna Abrami

La sala prima del servizio, su cui affaccia la cucina 

La sala prima del servizio, su cui affaccia la cucina 

Sedersi a uno dei tavoli della ampia e luminosa sala di Boragò, nel quartiere di Vitacura a Santiago, ai piedi del Cerro Manquehue, è un viaggio in un territorio affascinante, insolito, remoto, sconosciuto che Rodolfo racconta attraverso una successione di piatti spettacolari e dai sapori allo stesso tempo sorprendenti, assolutamente insoliti e incredibilmente comfort. Molto umami vegetale, sapidità, acidità, un piccante elegante che si ritrova in ogni piatto. Ogni passo del menu è composto da consistenze e forme esteticamente meravigliose e suggestive.  

Borago officinalis è una pianta, ma non c’entra nulla in particolare col ristorante: «mi piaceva come suonava» ci ha detto Guzman «ho aggiunto l’accento: l’accento fa con la parola quello che l’uomo fa con l’ingrediente. L’accento cambia l’intenzione della parola» - Tutte le foto: Giovanna Abrami

Borago officinalis è una pianta, ma non c’entra nulla in particolare col ristorante: «mi piaceva come suonava» ci ha detto Guzman «ho aggiunto l’accento: l’accento fa con la parola quello che l’uomo fa con l’ingrediente. L’accento cambia l’intenzione della parola» - Tutte le foto: Giovanna Abrami

In Cile si conta il maggior numero di specie endemiche al mondo: piante, frutti, funghi e vegetali, cioè, che esistono solo in questo territorio. Caratteristica che di solito si applica alle isole e che è facile comprendere se si considera la conformazione geografica di questo paese remoto dell’emisfero australe: isolato a nord dal Deserto di Atacama, a est dalla Cordigliera delle Ande, a sud dai ghiacciai e a ovest dalle acque gelate dall’Oceano Pacifico, il Cile è una cassaforte che ha custodito nei millenni centinaia di specie che vivono solo in questi paesaggi: endemiche, appunto. Da questa ricchezza pesca a piene mani Guzman per comporre i suoi piatti. Endémica è il nome che lo chef ha voluto per il suo menu degustazione (dalle 12 alle 17 portate) che si declina attraverso 5 stagioni - Autunno, Inverno, Pre-primavera, Primavera, Estate - e lungo gli innumerevoli e diversissimi paesaggi che compongono questo paese lungo e sottile. 6000 km di territorio che Guzman ha passato tutta la vita ad esplorare alla ricerca di ingredienti nascosti e insoliti: bacche, alghe, piante, frutti, vegetali, funghi mai visti né sentiti né, tanto meno assaggiati (da un europeo men che meno) che rischiano di trasformare quest’articolo in un trattato di etnobotanica, micologia e paleobotanica oltre che di storia della cultura Mapuche (la popolazione originaria di questi luoghi alle cui tecniche di cottura Guzman si ispira dichiaratamente).  

Cerchiamo di riflettere quello che il suolo ci consegna in ogni momento, abbiamo portato il miglior prodotto proveniente da un angolo del pianeta piuttosto insolito e che consideriamo inestimabile, si legge nel benvenuto che riproduce in 3D i tratti e la morfologia di questo paese lungo e sottile, che si sviluppa longitudinalmente tra il deserto più arido del pianeta e le distese ghiacciate della Patagonia cilena. Portare l’ospite lungo un viaggio in questo territorio così remoto e sconosciuto è un intento dichiarato fin dall’inizio. La cucina di Boragó è un esperimento continuo su quello che, in un determinato momento, offre il territorio cileno

Cerchiamo di riflettere quello che il suolo ci consegna in ogni momento, abbiamo portato il miglior prodotto proveniente da un angolo del pianeta piuttosto insolito e che consideriamo inestimabile, si legge nel benvenuto che riproduce in 3D i tratti e la morfologia di questo paese lungo e sottile, che si sviluppa longitudinalmente tra il deserto più arido del pianeta e le distese ghiacciate della Patagonia cilena. Portare l’ospite lungo un viaggio in questo territorio così remoto e sconosciuto è un intento dichiarato fin dall’inizio. La cucina di Boragó è un esperimento continuo su quello che, in un determinato momento, offre il territorio cileno

Parlando del suo progetto e della sua storia, Guzman non dice mai "io" ma sempre "noi". In questo Noi sono incluse le circa 200 persone con cui lavora - raccoglitori, agricoltori, allevatori, biologi, agronomi... -, nonché la sua squadra di cucina, con cui esplora e scandaglia il territorio cileno alla ricerca degli ingredienti unici che utilizza per comporre i suoi piatti. La cucina di Boragó è un esperimento continuo su quello che, in un determinato momento, offre il territorio cileno: Guzman non smette di perlustrare boschi, cime, scogliere, sottoboschi, vallate, deserti, distese rocciose e campi fioriti percogliere ogni momento del territorio e raccontarlo nel suo ristorante. Questo gesto manuale, questo raccogliere dai sottoboschi, dagli scogli, dai rami, viene ripetuto anche in sala, dal commensale: una parte importante dei piatti del menù degustazione va mangiata senza posate, utilizzando le mani, dettaglio che aggiunge il senso del tatto all’esperienza a Boragò, una fascinazione continua.  

Changle e murtilla rossa di Valdivia.  Si tratta di un arbusto endemico, composto da funghi (il changle è un fungo endemico cileno del sud del Cile, che cresce dalla regione del Maule fino a quella dei Laghi) e murtilla rossa (una delle centinaia di bacche endemiche cilene proveniente dal sud del paese). Le foglioline che si vedono vengono invece dall’estremo nord, dal deserto di Atacama, e dalla pre-Cordigliera e sono di una pianta che si chiama Cachiyuyo e di un’altra che si chiama Milenrama.  Nella graziosa canasta sullo sfondo c’è un asciugamano per pulirsi le mani dopo aver goduto di questa e delle successive portate: si mangiano con le mani

Changle e murtilla rossa di Valdivia.  Si tratta di un arbusto endemico, composto da funghi (il changle è un fungo endemico cileno del sud del Cile, che cresce dalla regione del Maule fino a quella dei Laghi) e murtilla rossa (una delle centinaia di bacche endemiche cilene proveniente dal sud del paese). Le foglioline che si vedono vengono invece dall’estremo nord, dal deserto di Atacama, e dalla pre-Cordigliera e sono di una pianta che si chiama Cachiyuyo e di un’altra che si chiama Milenrama.  Nella graziosa canasta sullo sfondo c’è un asciugamano per pulirsi le mani dopo aver goduto di questa e delle successive portate: si mangiano con le mani

Il cambio di sguardo della cucina latinoamericana che ha smesso di dirigersi, con ammirazione e senso di inferiorità, verso le grandi cucine europee per volgersi all’interno dei propri confini, con occhio indagatore e orgoglio identitario, è un movimento condiviso da diversi grandi chef del continente e iniziato circa all’inizio del millennio. Fino a una ventina di anni fa, in Sud America, l'alta cucina era pressoché esclusivamente quella di impronta italiana e francese: i ristoranti più famosi del continente proponevano pietanze e stili che niente avevano a che fare con l’autenticità e con l’identità gastronomica di questa parte di mondo. A partire dagli anni 2000, il cambio di paradigma: diversi chef latinoamericani si sono resi protagonisti di una sorta di rivoluzione introspettiva. Pensiamo a Virgilio Martínez, assieme a Pia León (del cui lavoro Gabriele Zanatta ha recentemente scritto qui), in Perù; a Manu Buffara in Brasile o a Pablo Rivero in Argentina (di cui vi abbiamo raccontato qui). Ognuno di loro, in modo molto diverso, ha rivolto lo sguardo all’interno dei propri confini, delle proprie tradizioni, dei propri prodotti. Un atteggiamento orgogliosamente introverso, guidato dalla volontà di non scimmiottare più modelli europei ma di dare valore e visibilità agli elementi che definiscono l’identità gastronomica, alimentare, culturale del proprio paese.

Fragola di mare o più precisamente: Carpobrotus chilenis. Profuma come una fragola, ha il sapore di una fragola, ma con una spiccata salinità.  Un esempio delle specie endemiche che utilizza Guzman per comporre il suo menù. Foto: dal profilo instagram dello chef Guzman

Fragola di mare o più precisamente: Carpobrotus chilenis. Profuma come una fragola, ha il sapore di una fragola, ma con una spiccata salinità.  Un esempio delle specie endemiche che utilizza Guzman per comporre il suo menù. Foto: dal profilo instagram dello chef Guzman

Guzman rientra sicuramente tra i protagonisti di questa rivoluzione. Visione che porta avanti proponendo una successione di piatti spettacolari, esteticamente meravigliosi e dai sapori allo stesso tempo sorprendenti, insoliti e sorprendentemente comfort, giocando con consistenze, umami vegetale e marino, sapidità, acidità e una elegante nota piccante che puntella quasi ogni piatto. Un’esperienza lunare. Un viaggio lungo un paese remoto e sconosciuto: dai boschi e i vulcani della Patagonia cilena, fin su su al deserto di Atacama, il più arido del pianeta, passando per le scogliere tra cui soffia il vento gelato del Pacifico, per le cime della pre-Cordigliera,  i boschi millenari di araucarias e i sottoboschi delle distese verdeggianti della Patagonia. Guzman e la sua squadra conducono l’ospite in questa esplorazione attraverso l’interpretazione di prodotti unici: la dispensa endemica cilena. Il mezzo di trasporto, sorta di tappeto volante, una lastra di una pietra di fiume della regione del Bíobío, sotto cui sfilano, man mano, paesaggi di una bellezza estrema e sopra cui vengono adagiate le diverse portate del menu.

Sole di Mare di Jibia. La Jibia è un calamaro gigante che può misurare dai 50 cm ai 4 metri e abita le coste del Pacifico. Nel mezzo della stella di jibia, una specie di salsa tartara preparata utlizzando radici piccanti (elegantemente piccanti) e crema di kefir. Poggia sul guscio di un picoroco, un crostaceo che abita le coste del Sud del Cile, da cui, dopo aver mangiato il sole con le mani, si berrà un caldo di curanto – una forma antica di cucinare, originaria dell’arcipelago di Chiloè, che consiste nell’utilizzare pietre incandescenti sepolte in una buca nel terreno, assieme a carne e verdure - la carne qui è stata sostituita da alcune alghe endemiche e mele selvatiche

Sole di Mare di Jibia. La Jibia è un calamaro gigante che può misurare dai 50 cm ai 4 metri e abita le coste del Pacifico. Nel mezzo della stella di jibia, una specie di salsa tartara preparata utlizzando radici piccanti (elegantemente piccanti) e crema di kefir. Poggia sul guscio di un picoroco, un crostaceo che abita le coste del Sud del Cile, da cui, dopo aver mangiato il sole con le mani, si berrà un caldo di curanto – una forma antica di cucinare, originaria dell’arcipelago di Chiloè, che consiste nell’utilizzare pietre incandescenti sepolte in una buca nel terreno, assieme a carne e verdure - la carne qui è stata sostituita da alcune alghe endemiche e mele selvatiche

Ceviche di loco (Concholepas concholepas un mollusco carnivoro, che raggiunge i 13 cm di lunghezza e i 9 cm di larghezza), capasanta e piure (Pyura chilensis un invertebrato marino simile a una pietra sottomarina) con estratti primaverili, condito con un limone ricoperto da muffe nobili, trattato per sei mesi come fosse un formaggio erborinato e grattugiato sopra questa preparazione

Ceviche di loco (Concholepas concholepas un mollusco carnivoro, che raggiunge i 13 cm di lunghezza e i 9 cm di larghezza), capasanta e piure (Pyura chilensis un invertebrato marino simile a una pietra sottomarina) con estratti primaverili, condito con un limone ricoperto da muffe nobili, trattato per sei mesi come fosse un formaggio erborinato e grattugiato sopra questa preparazione

Brodo di radici di Kollof (alga che, eccezionalmente possiede radici, conosciuta in Cile come cochayuyo, può raggiungere i 15 metri di altezza). Il brodo che se ne ricava ricorda vagamente la salsa di soia (ma non c’è stata fermentazione). Servito con piante di roccia appassite alla brace, estratti marini. Le alghe utilizzate sono: la bietola di spiaggia, luche (un’alga rossa ricca di sali minerali, iodio, fibra, proteine), verdolaga (una pianta grassa, infestante, molto ricca di omega 3 e vitamine), gota de mar, malva di spiaggia. Incredibile la giostra di sapori e consistenze che queste piante generano al palato. Si va dal dolce, al salato, al piccante, a un profondo umami marino, all’amaro, al floreale. 
Plantas de rocas, piante di roccia, è come si presentano, per le piante alofite agli ospiti di Boragò. Quelle piante cioè che vivono in terreni altamente salini o in presenza di acque salmastre e che necessitano di pochissima acqua per sopravvivere. Alta sapidità, una interessante percentuale di proteine e una resistenza alla siccità, ci dice Guzman, possono trasformarle in una importante risorsa per l’alimentazione del pianeta

Brodo di radici di Kollof (alga che, eccezionalmente possiede radici, conosciuta in Cile come cochayuyo, può raggiungere i 15 metri di altezza). Il brodo che se ne ricava ricorda vagamente la salsa di soia (ma non c’è stata fermentazione). Servito con piante di roccia appassite alla brace, estratti marini. Le alghe utilizzate sono: la bietola di spiaggia, luche (un’alga rossa ricca di sali minerali, iodio, fibra, proteine), verdolaga (una pianta grassa, infestante, molto ricca di omega 3 e vitamine), gota de mar, malva di spiaggia. Incredibile la giostra di sapori e consistenze che queste piante generano al palato. Si va dal dolce, al salato, al piccante, a un profondo umami marino, all’amaro, al floreale. 
Plantas de rocas, piante di roccia, è come si presentano, per le piante alofite agli ospiti di Boragò. Quelle piante cioè che vivono in terreni altamente salini o in presenza di acque salmastre e che necessitano di pochissima acqua per sopravvivere. Alta sapidità, una interessante percentuale di proteine e una resistenza alla siccità, ci dice Guzman, possono trasformarle in una importante risorsa per l’alimentazione del pianeta

Milcao al rescoldo y mantequilla de pajarito. Ossia: pagnotta milcao cotta al rescoldo accompagnata da un burro di kefir. Milcao è un tipo di pane dell’isola di Chiloé, a base di patate. Il rescoldo è una tecnica di cottura usata da milenni dal popolo mapuche che consiste nel sommergere nella cenere un alimento. Il pajarito è il nome che si usa in Cile per il kefir. Questo burro ottenuto a partire da uno yogurt di kefir - umami, acido, cremoso, delizioso - da spalmare sopra il milcao è una sorta di versione cilena della crème fraîche francese

Milcao al rescoldo y mantequilla de pajarito. Ossia: pagnotta milcao cotta al rescoldo accompagnata da un burro di kefir. Milcao è un tipo di pane dell’isola di Chiloé, a base di patate. Il rescoldo è una tecnica di cottura usata da milenni dal popolo mapuche che consiste nel sommergere nella cenere un alimento. Il pajarito è il nome che si usa in Cile per il kefir. Questo burro ottenuto a partire da uno yogurt di kefir - umami, acido, cremoso, delizioso - da spalmare sopra il milcao è una sorta di versione cilena della crème fraîche francese

Crudo di cervo maturato in cera d'api e affinato nelle foglie dell'albero di peumo. Il peumo è una specie endemia della flora cilena, un sempreverde che cresce nella parte centrale del paese, molto aromatico. Sulla parte superiore dei coriandoli croccanti di latte tostato. Il crudo di cervo racchiude un biscotto a base di farina di lenticchie. Anche questo piatto è da mangiare con le mani

Crudo di cervo maturato in cera d'api e affinato nelle foglie dell'albero di peumo. Il peumo è una specie endemia della flora cilena, un sempreverde che cresce nella parte centrale del paese, molto aromatico. Sulla parte superiore dei coriandoli croccanti di latte tostato. Il crudo di cervo racchiude un biscotto a base di farina di lenticchie. Anche questo piatto è da mangiare con le mani

 Ice brûlée, mariscal y fragoline bianche di Nahuelbuta.  
Il mariscal è una pietanza tipica cilena, una sorta di brodetto di frutti di mare. Le fragoline bianche, fruttilas blancas o kelleñ (secondo il nome originario di questo frutto antichissimo), vengono dai boschi del profondo Sud del Cile, nella regione dell’Araucania, durano appena 3-4 settimane all’anno “una finestra di tempo molto corta per sperimentare con questo ingrediente” ci ha detto Guzman. È uno dei frutti più antichi del pianeta e appare all’inizio dell’estate. Queste sono le prime e questo ice brûlée è un’anticipazione, una preview, del menù Endémica - Verano (Estate) che inizierà il 15 gennaio

 Ice brûlée, mariscal y fragoline bianche di Nahuelbuta.  
Il mariscal è una pietanza tipica cilena, una sorta di brodetto di frutti di mare. Le fragoline bianche, fruttilas blancas o kelleñ (secondo il nome originario di questo frutto antichissimo), vengono dai boschi del profondo Sud del Cile, nella regione dell’Araucania, durano appena 3-4 settimane all’anno “una finestra di tempo molto corta per sperimentare con questo ingrediente” ci ha detto Guzman. È uno dei frutti più antichi del pianeta e appare all’inizio dell’estate. Queste sono le prime e questo ice brûlée è un’anticipazione, una preview, del menù Endémica - Verano (Estate) che inizierà il 15 gennaio

Ceviche caldo di funghi di fine primavera, servito in una chirimoya stagionata come si trattasse di un formaggio camembert e cotta in tepú (un sempreverde dei boschi temeprati del Cile). La chirimoya è un frutto tipico cileno, aromatico, dal sapore acidulo che ricorda un incrocio tra l’ananas, la banana e la pera

Ceviche caldo di funghi di fine primavera, servito in una chirimoya stagionata come si trattasse di un formaggio camembert e cotta in tepú (un sempreverde dei boschi temeprati del Cile). La chirimoya è un frutto tipico cileno, aromatico, dal sapore acidulo che ricorda un incrocio tra l’ananas, la banana e la pera

Agnello patagonico con un anno attorno all’albero del fico. Agnello patagonico, a cottura lenta (dalle 10 del mattino) attraverso una forma tradizionale che prevede una sorta di crocifissione dell’agnello le cui carni vengono tese di fianco del fuoco. A Boragò si cucina “al contrario”. Mentre nel sud del Cile si prepara con la testa verso il basso e iniziando la cottura dal lato della pelle, qui invece si usa una inclinazione di 30° e la cottura parte dal lato delle ossa. L’inclinazione dell’agnello cresce lentamente fino a raggiungere i 90°, a quel punto si passa alla cottura della pelle che rimane croccante. È accompagnato da una specie di spiedino che hanno chiamato “un anno attorno all’albero del fico”. Una specie di umeboshi di fico con purè di tartufi cileni, fico e spinaci

Agnello patagonico con un anno attorno all’albero del fico. Agnello patagonico, a cottura lenta (dalle 10 del mattino) attraverso una forma tradizionale che prevede una sorta di crocifissione dell’agnello le cui carni vengono tese di fianco del fuoco. A Boragò si cucina “al contrario”. Mentre nel sud del Cile si prepara con la testa verso il basso e iniziando la cottura dal lato della pelle, qui invece si usa una inclinazione di 30° e la cottura parte dal lato delle ossa. L’inclinazione dell’agnello cresce lentamente fino a raggiungere i 90°, a quel punto si passa alla cottura della pelle che rimane croccante. È accompagnato da una specie di spiedino che hanno chiamato “un anno attorno all’albero del fico”. Una specie di umeboshi di fico con purè di tartufi cileni, fico e spinaci

Un momento della cottura dell’agnello a la inversa

Un momento della cottura dell’agnello a la inversa

Il primo di una successione mozzafiato di dolci chiamata Deserto fiorito di Atacama (un fenomeno molto raro che si verifica quando piove nel deserto più arido del pianeta che si copre eccezionalmente di fiori coloratissimi). Chirimoya e piante amare di Atacama. Si tratta di una chirimoya alegre, dolce tipico cileno (a base di chirimoya e succo d’arancia), invasa da piante fiorite del deserto. La linea conduttrice è l’amaro ma verso una nota decisamente floreale. Rinfrescante e sublime il gioco tra dolce, amaro e floreale

Il primo di una successione mozzafiato di dolci chiamata Deserto fiorito di Atacama (un fenomeno molto raro che si verifica quando piove nel deserto più arido del pianeta che si copre eccezionalmente di fiori coloratissimi). Chirimoya e piante amare di Atacama. Si tratta di una chirimoya alegre, dolce tipico cileno (a base di chirimoya e succo d’arancia), invasa da piante fiorite del deserto. La linea conduttrice è l’amaro ma verso una nota decisamente floreale. Rinfrescante e sublime il gioco tra dolce, amaro e floreale

Frio Glacial, freddo glaciale. Intende riprodurre il freddo estremo della punta sud della patagonia cilena. Lemon curd nella base, su cui appoggia una specie di meringa mentolata nitrogenata che lascia un piacevole sapore di menta al palato e che, una volta in bocca, si "scioglie" in fumi simili al fiato condendato nelle gelide giornate di inverno

Frio Glacial, freddo glaciale. Intende riprodurre il freddo estremo della punta sud della patagonia cilena. Lemon curd nella base, su cui appoggia una specie di meringa mentolata nitrogenata che lascia un piacevole sapore di menta al palato e che, una volta in bocca, si "scioglie" in fumi simili al fiato condendato nelle gelide giornate di inverno

Rica-rica e alghe con semifreddo di rosa del año. Nascosto tra le foglie, c’è un bocciolo di rosa che avvolge della crema gelata di rica-rica un fiore che cresce a grande altitudine, con un estratto concentrato dello stesso fiore. Nel corpo della farfalla, si trova un semifreddo di rosa del año (un fiore che appare solo quando si verifica il fenomeno del deserto fiorito) condito con estratto di chañar (un frutto selvatico del deserto di Atacama). Anche questo dolce si mangia con le mani. Stupendo

Rica-rica e alghe con semifreddo di rosa del año. Nascosto tra le foglie, c’è un bocciolo di rosa che avvolge della crema gelata di rica-rica un fiore che cresce a grande altitudine, con un estratto concentrato dello stesso fiore. Nel corpo della farfalla, si trova un semifreddo di rosa del año (un fiore che appare solo quando si verifica il fenomeno del deserto fiorito) condito con estratto di chañar (un frutto selvatico del deserto di Atacama). Anche questo dolce si mangia con le mani. Stupendo

Loyo, alga, maqui. Torniamo per questo dolce, nel Sud del Cile, nella regione dell’Araucanía: si è voluto ricreare un fungo che vi cresce da oltre 160 milioni di anni: il loyo. La testa del fungo è fatta di un sontuoso gelato di loyo caramellizzato, il tronco è fatto con alghe arrostite, ripieno con una crema di maqui (una specie di mirtillo selvatico che cresce su alberi sempreverdi, Chilean wineberry). Anche questo da mangiare con le mani, a piccoli morsi. Una goduria

Loyo, alga, maqui. Torniamo per questo dolce, nel Sud del Cile, nella regione dell’Araucanía: si è voluto ricreare un fungo che vi cresce da oltre 160 milioni di anni: il loyo. La testa del fungo è fatta di un sontuoso gelato di loyo caramellizzato, il tronco è fatto con alghe arrostite, ripieno con una crema di maqui (una specie di mirtillo selvatico che cresce su alberi sempreverdi, Chilean wineberry). Anche questo da mangiare con le mani, a piccoli morsi. Una goduria


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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