Il cibo è un viaggio. E il mio, di viaggio, è partito proprio dalla convinzione che esso rappresenti una profonda verità. Niente narra più di noi e ci mette tutti sullo stesso piano come ciò con cui ci nutriamo. La rubrica de La Stampa In Cibo Veritas è andata avanti per due anni raccontando diversi personaggi attraverso i loro gusti e disgusti. Quando la mia redazione mi ha comunicato il nuovo titolo della colonna, la prima reazione è stata di scarsa convinzione. La Pizza del cuore non pensavo potesse racchiudere tutte le emozioni e le storie che ero abituata a raccogliere.
Mi sbagliavo. E non poco. Il mondo della pizza ha a che fare con un immaginario collettivo variegato e pop che avevo sottovalutato. La pizza è la nostra parte ingenua, pura, perché ancora bambina. La pizza è, prima di tutto, lo specchio della nostra giovinezza. È l’amore, l’amicizia. La goduria, insomma. Ovviamente le cose belle uno se le porta dietro anche da adulto ed è per questo motivo che non si smette mai di mangiarla. Solo, la si vuole più buona. E, contro ogni previsione, il meglio deve ancora venire.

Ottanta i pizzaioli invitati a PizzaUp (220 le richieste giunte)
Sempre parlando di viaggi, quello che mi ha portato a Vighizzolo d’Este, è stato splendido. Accompagnato da un caldo sole estivo e sorprese inaspettate. La pizza di
Simone Padoan, che ha scandito la prima tappa, ha rotto gli argini. Quelli dei miei limiti. È assolutamente divina, un vero capolavoro rifinito da ingredienti di primissimo livello. Ma la cosa più sublime, per me, è la proposta a spicchi. Questo godersi il sapore a piccoli bocconi, in infinite e multiformi coazioni a ripetere. Una libidine e una libertà.
Fuori dal
Molino Quaglia l’atmosfera era leggera e ottimista. Tanti i partecipanti alla kermesse
PizzaUp, da tutta Italia. Tutti con una sconfinata passione: l’impasto. Strani questi pizzaioli. Pronti a mettersi in gioco, con braccia forti e innamorate della farina. In visibilio per le consistenze. Tutti con la speranza che possa cambiare qualcosa in questo loro mondo, sottovalutato e spesso disprezzato. Come il prodotto che confezionano, del resto.
È in corso un movimento rivoluzionario che potrebbe essere un esempio di quella parte buona che ancora resta di questo paese. Mani che affondano in impasti “sovversivi”, nasi che fiutano farine macinate a pietra e un’attrazione fatale per il lievito madre. Per fare qualcosa di giusto servono i discepoli ma soprattutto i maestri. Per primi:
Piero Gabrieli e
Chiara Quaglia, imprenditori illuminati e gran signori. A seguire, un immenso
Corrado Assenza ha tessuto la tela della qualità, selezionando, con amore, le materie prime migliori.

Le firme sul Manifesto della Pizza Italiana
Beniamino Bilali, giovane genietto, scopritore della rivoluzionaria Idrolisi dell’amido. Per essere grandi non bisogna essere anziani. E poi gli arditi, i passionali, i visionari
Simone Padoan e
Renato Bosco. La loro pizza farà storia. Oltre che acquolina. Deliziosamente coinvolti i giornalisti che hanno lavorato sodo sul
Manifesto della Pizza Contemporanea. Il loro impegno non andrà sprecato. Noi osserviamo con ammirazione. E ci si allarga il cuore, perché la parola più pronunciata è stata: condivisione. Dicono che la bellezza salverà il mondo. La bellezza è qui. Anche.