18-11-2012

Essenze boschive

Dal coregone affumicato al caviale di cioccolato. I due estremi del menu degustazione di Gilmozzi

Sorbetto di larice con crema di miele e topinambur

Sorbetto di larice con crema di miele e topinambur, croccante al mais e lichene candito e resina, uno dei piatti al termine del percorso degustazione "Essenze" di Alessandro Gilmozzi al Molin di Cavalese (Trento)

Esaurite le premesse, procediamo con ordine. Alessandro Gilmozzi è allievo di Alain Ducasse, con stage da Ferran Adrià da cui oltre alcune tecniche ben citate ha preso i lunghi periodi di studio e la preparazione dei piatti. E così lo cogliamo in questi giorni mentre schizza su carta da disegno alcune nuove composizioni che dovranno rendere onore al gallo forcello, selvaggina da piuma quasi persa, certamente scomparsa dalle tavole. Il percorso è lungo, testimoniato dai due menu classici e godibilissimi che caratterizzano la sua carta più convenzionale sommando piatti nuovi e i classici riproposti da alcuni anni. Le visioni invece le ferma in un menu più ardito, Essenze, che raccoglie anni di esperienze e invenzioni.

E da qui decidiamo di partire noi. Piccole cose, per cominciare, come il Coregone – pesce di lago – affumicato e abbinato a un’esemplare crudità di trota, "miniature Wilde" le chiama. Esperimenti sulla materia prima come gli Spaghetti (freddi) al nero di seppia di Felicetti, pastai degni della tradizione campana ma richiusi tra i monti della val di Fiemme, che accompagna alla bottarga di trota. Il gioco delle affumicature invece prosegue nel burro al cirmolo che fa compagnia a una divina crema di graukäse maturo. Lo speck è di cinta senese, contrappuntato da un gelato di semi di zucca. Ma è solo l’introduzione.

Essenza breezer

Essenza breezer

Saliamo quasi subito di tono con le animelle quasi crude racchiuse in un carpaccio di vitello. Primi campanelli di allarme. Estremi provocatori che ritroveremo ma accresciuti nelle frollature quasi selvagge della selvaggina. E non è un gioco di parole. Il mazzo di erbe che ci arriva ora sa di rassicurazione. 17 creature dei prati assemblate secondo stagione nella coppa di vetro ricolma di schiuma di latte e olio e su una crema di sarde di lago. Dalle erbe pendolano come gocce di resina perle irregolari di olio sferizzato. È l’Olio e la montagna, uno delle sue creazioni più amate.

Puro amore per la cucina quasi di scuola – leggi Ducasse – sono le Lumache in schiuma di birra e asparagi selvatici. Segue Come (quasi) il foie gras, uno dei piatti meno definibili. Gioco o nuova provocazione? La trota in questo caso assume una consistenza e un colore simile al foie gras ma senza la sua nobiltà purtroppo. Da rivedere. Seguono intanto altri intermezzi, sorprese, come il Roche di foie gras (vero) avvolto in polline di edera accanto una crema di caffè al cioccolato, sale al lime e una divina centrifuga di carote e cardamomo. Di nuovo il passaggio rinfrescante per la bocca prelude a un nuovo affondo per i nostri sensi che è la tostissima Tartara di cervo composta con un cappello di riccio di mare, olio di cardo e pistacchio di Bronte. Una camminata su una corda tesa tra due estremi. Non c’è verso: o lo ami o non ci tornerai mai più.

Stesso discorso per il Carpaccio di capriolo. Un tenebroso affondo nel mistero della carne. Quasi un rito primitivo mediato solo dalla frollatura. Lo civilizza solo una pallina di foie gras ghiacciata, sormontata da una radice di liquirizia, da addentare però cruda. Quasi un gioco di scuola il Risotto ai germinati di lichene mentre la Crudità di Temolo profumata da un pesto di abete ci riconcilia dall’invasione virale di crudità varie di tonno nelle alte e basse cucine italiane. Materia prima e territorio, almeno qui un binomio riuscito come nel succulento Reale di Grigio Alpina salmistrato. Frutto di 45 giorni di frollatura e 6 ore di marinatura. Affumicato a freddo come uno speck autentico. A fianco una spugna di latte al Cirmolo e gelato al fieno profumato di violette.

Roche di foie gras, lichene di pino e polline d’edera

Roche di foie gras, lichene di pino e polline d’edera

Seguiranno Gelati di tagliatelle di kamut, sorbetti al larice e lichene candito per chiudere con il suo ormai celebre Caviale di cioccolato. Poi ci sarebbe da svelare il mistero dell’incenso delle formiche. Ma il piatto è stato rimandato. C’è troppa gente ormai che ha scoperto il segreto gastronomico di questi incolpevoli insetti. In val di Fiemme invece tutti sanno da sempre che le formiche producono una specie di resina, una pallina che sa di incenso con cui profumare le carni. Prima o poi ve le farò provare, promette il cuoco con una lampo luciferino nello sguardo. Diavolo d’un Gilmozzi.

El Molin
piazza Cesare Battisti, 11
Cavalese (Trento)
+39.0462.340074
Menu degustazione: Classici (70), Classici moderni (80), Essenze (100 euro).

2. fine


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Angelo Carrillo

Giornalista, esperto di vini, è tra i maggiori conoscitori della gastronomia e della cultura agroalimentare dell’Alto Adige, e non solo

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