La bresaola può essere un prodotto di eccellenza assoluta? Chi è un po’ informato, sa che ormai da diverso tempo è difficile considerare tale un prodotto che, una volta, era una ricercata tipicità della Valtellina. La bresaola - salume ottenuto da muscoli interi di bovino, principalmente da tagli come la punta d’anca o il magatello, che vengono prima cosparsi di spezie, per poi essere stagionati - è amatissima dal pubblico italiano anche per la sua fama di cibo leggero, salutare.
Ma, anche per via della grandissima richiesta - che non sarebbe possibile soddisfare, soprattutto da parte dei produttori industriali, usando solo carni italiane - è da parecchi anni che il disciplinare del Consorzio della Bresaola della Valtellina permette, ad esempio, l’importazione di carni bovine da tutto il mondo. Buona parte di queste carni arrivano dal Sudamerica e in particolare sono carni di zebù, un bovino di origini asiatiche e africane. Un parente assai prossimo dei bovini europei, ma non proprio la stessa cosa.

Inoltre l’uso di nitriti e nitrati, di additivi e conservanti, è praticamente una regola per la maggior parte dei salumi, ma in particolare per la bresaola è piuttosto elevato, anche per la pratica ormai consolidata di usare tagli di carne precedentemente congelati per produrla. Sono considerazioni introduttive che portano a concludere che, fino a poco tempo fa, non esistesse sul mercato una proposta di eccellenza tra le bresaole. Così come invece per la maggior parte degli altri salumi in commercio.
Fino a poco tempo fa, in quanto è molto recente il lancio della linea di bresaole Gio’ Porro, un progetto affascinante, ambizioso, decisamente raffinato sia in senso tecnologico e scientifico, sia in senso puramente gourmet. Un progetto iniziato nel 2016, che ha iniziato le produzioni alla fine del 2017 e che ha presentato sul mercato i suoi prodotti alla fine del 2018.
Giovanni Porro, ideatore e fondatore di origini brianzole, è un uomo di grande esperienza nel settore: si è laureato in Veterinaria all’Università degli Studi di Milano e si è da subito appassionato allo studio scientifico dei processi produttivi della salumeria italiana. Nel corso della sua carriera
Porro ha anche fatto parte del CdA della
Stazione Sperimentale Industria Conserve Alimentari di Parma, un centro all’avanguardia nel campo della ricerca alimentare.
Grazie anche a queste competenze, oltre che assecondando una storia familiare (il bisnonno Luigi era imprenditore, proprietario terriero, allevatore, maestro salumiere), Gio’ Porro ha iniziato qualche anno fa a studiare un sistema produttivo che permettesse di realizzare dei salumi, e delle bresaole in particolare, a “Metodo Zero”. Che significa: zero nitriti, nitrati, glucosio, lattosio, conservanti e additivi vari.
Un sistema ora brevettato, studiato anche con la collaborazione della già citata
Stazione Sperimentale di Parma: era infatti fondamentale validare questo approccio alla produzione, per garantire che fosse sicuro al 100% per l’alimentazione umana. E lo è. Anche grazie a rigorosissimi controlli e procedure applicate nello stabilimento costruito appositamente a Ponte Valtellina (Sondrio).
«Chi entrasse nel nostro stabilimento - racconta Andrea Porro, che guida l’azienda insieme al padre Gio’ e alla socia, valtellinese doc, Elena Pedrana - potrebbe pensare di trovarsi in un’azienda farmaceutica, più che in un salumificio. Ad esempio i nostri addetti sono sempre completamente protetti, da capo a piedi, da abiti sterili, così come accade appunto nelle ditte farmaceutiche». Per garantire la sicurezza alimentare della produzione è stato perfezionato un sistema interamente robotizzato per gestire i processi e l’approvvigionamento. Camere stagne e trasferimenti automatizzati per impedire le contaminazioni della carne che, in assenza di sostanze chimiche, potrebbero danneggiare il prodotto.
Ma per
Gio’ Porro non si tratta solamente di produrre bresaole con il “Metodo Zero”, garantendo quindi quella salubrità assoluta che i consumatori ricercano quando scelgono di mangiare questo salume. L’idea imprenditoriale che i
Porro portano avanti ha come elemento essenziale anche la selezione di una materia prima d’eccellenza. Per questo vengono utilizzate carni bovine delle migliori razze mondiali, quali Kobe, Wagyu e Black Angus, e anche italiane. E vengono commercializzate tre bresaole diverse.
La Rosè: ottenuta da sola punta d’anca di pregiate razze europee e italiane, è la bresaola più magra, e quindi ideale per un regime alimentare controllato. La Angus: prodotta da sola punta d’anca di bovini di razza Black Angus, lavorata esclusivamente fresca, viene stagionata e affinata a lungo, ottenendo così un gusto maturo, pieno e profumato. La Wagyu: realizzata con sola punta d’anca di bovini di pregiata razza Wagyu, lavorata esclusivamente fresca, è la massima espressione in termini di esperienza olfattiva e gustativa.
Per celebrare questo grande prodotto è stato realizzato un ricettario singolare e sfizioso, che ha coinvolto dodici chef, tra i migliori interpreti della nostra cucina, chiamati a raccontare questa squisita bresaola attraverso ricette che ne esaltino le proprietà nutrizionali, la piacevolezza e soprattutto mettendo al centro della tavola la salute.

Bresaola, caprino e rucola
Durante la presentazione delle bresaole
Gio’ Porro, ospitata da
Identità Golose Milano in via Romagnosi 3, i primi tre chef coinvolti nel progetto sono stati invitati a proporre le proprie ricette:
Andrea Ribaldone (
Osteria Arborina a La Morra, oltre che coordinatore delle cucine di
Identità Golose Milano) ha pensato a un piatto partendo dalla
Rosè, proponendo una sua rivisitazione, molto particolare, di
Bresaola, caprino e rucola.

Caramelle di bresaola Angus e burratina, mandorla, limone e insalatine di campo
I fratelli
Antonio e Vincenzo Lebano (executive chef di
Terrazza Gallia dell’Hotel Excelsior Gallia di Milano) hanno invece creato una ricetta con la
Angus, giocando anche in questo caso con una rivisitazione in chiave creativa e gourmet di un classico accostamento della bresaola, con delle
Caramelle di bresaola Angus e burratina, mandorla, limone e insalatine di campo.
Il più ambizioso dei tre è stato forse
Matteo Baronetto (
Del Cambio a Torino), che ha stupito i partecipanti alla presentazione con un piatto davvero affascinante. Dovendo inventarsi una ricetta partendo dalla bresaola di
Wagyu, lo chef ha immaginato e poi realizzato un
Ramen Italian Style, in cui poter poi intingere le fette del grande prodotto di
Gio’ Porro. Grande classe e ottima valorizzazione di un prodotto di qualità indiscutibile. Di cui siamo certi che si parlerà tanto e molto presto, e che già ora viene commercializzato sia in pezzi interi, dedicati principalmente a salumerie e gastronomie di qualità, sia in buste con la bresaola già affettata.