Avete in mente un krapfen, un bombolone ripieno di crema o di marmellata e ricoperto di zucchero? Per far capire cosa sarebbe stato servito, la giornalista Pavia Rosati ha scomodato i doughnuts, stesso impasto, stessa cottura fritta ma tondi e con il buco in mezzo. A quel punto la platea della prima lezione di Identità New York ha annuito, senza però capire perché, al termine di un lungo parlare di pasta, con Mario Batali e Cesare Battisti, sarebbe stato servito loro un dolce. Non eravamo a cena, bensì alla Scuola di Eataly sulla 23rd Street West e così tutti a interrogarsi e a meravigliarsi davanti a un krapfen più chiaro e con la sorpresa dentro: cacio e pepe, la salsa dei tonnarelli cacio e pepe.

Il Krapfen Felicetti cacio e pepe di Davide Scabin, preparato a Identità New York da Beppe Rambaldi
Bombolone salato, italianissimo, parto della mente del grande assente della quarta edizione a Manhattan, quel
Davide Scabin azzoppato da un incidente in auto (
Battisti ne ha fatto le veci nella lezione con
Batali) e rappresentato dal suo vice,
Beppe Rambaldi, in altri due momenti targati anche
Pasta Felicetti. Per l’impasto del bombolone sono partiti dalla stracottura della pasta, con quasi azzeramento del burro. A cena invece
Rambaldi ha curato la
Scarpetta Felicetti & Bagna Cauda, salsa e verdure servite nella fondina e, in una ciotola a parte, conchiglioni solo bolliti e da intingere con le mani nel sugo proprio con il gesto della scarpetta. Americani stupiti e felici.
Ora il film della giornata di ieri. Bello il confronto tra Batali e Battisti, per Mario simpatici Ravioli gamberi e basilico con burro e zucca, per Cesare brillanti Penne con crema di peperoni. Al momento di aggiungere la buccia del limone conservato solo sale, Batali è esploso di gioia: “Il tocco del genio di questo ragazzo”. E poi via a confrontarsi con l’eterno problema dell’al dente. Ha detto l’americano: “I miei connazionali fanno quello che è scritto sulla confezione della pasta. Se leggono 12 minuti, 12 minuti di bollitura sono. Non pensano che sono meglio, per dire, 9 e poi gli altri in padella per amalgamare bene tutto col sugo”.

Dave Pasternack e Moreno Cedroni
Quindi una verità, che non appartiene a tutti i cuochi: “Nei miei ristoranti non posso essere severo con la cottura come se avessi davanti solo degli italiani. Non scordo mai che il cliente deve sentirsi contento e, per quanto cerchi di portarlo dalla mia, gli servo quello che so lo fa felice, anche perché c'è chi mi rimanda indietro il piatto chiedendo che gli venga cotto più a lungo. Una cosa è cambiata nel tempo: una volta la pasta doveva annegare nel sugo, adesso si dà valore anche al prodotto”.
E nel pomeriggio la seconda lezione, quella attorno al baccalà con Dave Pasternack e Moreno Cedroni, un crudo con mele e rape per il primo, il Baccalà e lepre in salsa di lamponi per Moreno, piatto tratto dal menù Susci selvaggio al Clandestino, carne e pesce, così come avremmo avuto le favole in versione susci, la cara vecchia Inghilterra quest’estate e la prossima? Già deciso: “La letteratura, la poesia in particolare”, ha rivelato il marchigiano che questa sera, sabato, cucinerà in Birreria esattamente come hanno fatto ieri Battisti, Ladner, Rambaldi, Cracco, Uliassi e Katia Delogu.

La capasanta di Carlo Cracco
Battisti ha portato a Manhattan i Mondeghili, un mini risotto giallo al salto con ossobuco sopra e gelatina di Lambrusco con scaglia di
Grana Padano.
Ladner, l’anti-personaggio fatto cuoco, quattro stelle sul
New York Times, che per gli americani pesano più delle tre della
Michelin, e sembra lì per caso con il suo carpaccio di manzo frollato 90 giorni.
E’ stata poi la volta della Pasta scarpetta di Scabin/Rambaldi, delle Cappesante scottate, mandorle tostate, crema di mais e caviale Calvisius di Carlo Cracco, un'altra ottima proposta che smentisce la nomea qui in America dei cuochi italiani bravi a scofanare pasta. Idea, brillantezza, prodotti, tecnica, gusto e in una situazione che non è certo quella del proprio ristorante. Si gioca in trasferta. E ancora l’Atlantic White Fish alla moda marchigiana di Mauro Uliassi e la scatola misteriosa tutta cioccolata, dentro e fuori. della Delogu. L’ha chiamata Appuntamento al buio perché, senza aprirla, faticavi a capire cosa di buono vi avesse messo dentro. E dopo perfetti sogni d’oro.