Dopo la presentazione dei cuochi italiani, prendiamo oggi confidenza con i 6 cuochi "stranieri" (5 americani e uno francese, ordinati sotto alfabeticamente) che terranno lezione a Eataly, sede per il quarto anno di Identità New York. Qua il programma di tutte le lezioni e le cene in programma da venerdì 4 a domenica 6 ottobre.
Mario Batali, Babbo
Esattamente come l’anno scorso, toccherà al cuoco italo-americano più celebre d’Oltreoceano aprire Identità New York. E, proprio come nell’edizione 2012, il tema sarà quello della pasta. Cambia però la spalla di lusso: non Davide Scabin, fermato da un infortunio alla gamba, ma il milanese Cesare Battisti). Batali, a detta dello stesso cuoco piemontese, «è l’uomo che ha fatto per la cucina italiana più di quello che hanno fatto tutti i ministri dell’agricoltura messi assieme». Classe 1960, da Seattle, figlio di padre ingegnere italo-americano e madre franco-camadese, non si contano i ristoranti aperti negli anni tra la Grande Mela, Las Vegas, Los Angeles e Singapore (qui la lista completa). E nemmeno i libri pubblicati. Il suo motto: «Un grande chef è un grande cuoco che sa anche organizzare un business e una cucina». (A lezione con Cesare Battisti. Tema: la pasta)
Jeremy Bearman,
Rouge Tomato
Executive chef di una popolare insegna alle soglie di Central Park (lato est), al
Rouge Tomato (1 stella Michelin) Jeremy Bearman è autore di un menu scritto a quattro mani con una nutrizionista. Lo scopo è quello di realizzare una cucina equilibrata e mirata al benessere dell’individuo, anche etico e ambientalista, con pietanze non solo vegetariane. Un approccio che Bearman ha maturato dopo aver imparato il mestiere sotto tetti importanti come
L’Atelier de Joël Robuchon a Las Vegas e il
Bistro Moderne di
Daniel Boulud a Manhattan. (Lezione con
Viviana Varese. Tema: il formaggio)
Daniel Boulud, Daniel
Francese di Saint Pierre de Chandieu, vicino a Lione, noto ai più semplicemente come “Daniel”, è uno dei cuochi francesi più celebri al mondo, forte di un impero che oggi conta insegne tra New York (il più celebre è Daniel, 3 stelle Michelin), Palm Beach, Montreal, Toronto, Londra, Pechino e Singapore. Tutto questo partendo dall’insegnamento dei più grandi maestri della Nouvelle Cuisine - Roger Vergé, Georges Blanc e Michel Guérard – e da un’esperienza al Le Cirque dal 1986 al 1992. Non si contano i riconoscimenti sommati negli anni. Merito di una rigorosa cucina francese ortodossa, negli anni alleggerita dai bisogni della clientela contemporanea. (Lezione con Massimo Bottura. Tema: l'uovo)
Sara Jenkins, Porsena
Porsena, quartiere Noho, è una trattoria – nel significato più autentico del termine - che cerca di conciliare la tradizione conviviale italiana con lo spirito urbano della Grande Mela. Succede grazie al mestiere di questa cuoca che ha speso una buona fetta a imparare il mestiere tra Roma e la Toscana. Dopo Il Buco, Il Patio, 50 Carmine e Porchetta, la consacrazione dello stesso Batali: «Sara è una delle poche cuoche in America a comprendere il significato di cucina italiana e di quello che mangiano gli Italiani». (Lezione con Mauro Uliassi. Tema: il pomodoro)

Matthew Lightner, 33 anni, Atera (foto Michael Russell per Oregon Live)
Matthew Lightner,
Atera
Chef nativo di Portland, Oregon, classe 1980, è oggi l’executive di un ristorante neo-2 stelle Michelin ai margini del quartiere Tribeca. Questo, non prima di aver affinato il mestiere in altri templi di grande cucina come il
Noma di Copenhagen, il
Mugaritz nei Paesi Baschi o
L’Auberge in California, accanto a
Paul McCabe. Miglior nuovo chef 2010 secondo la rivista
Food & Wine, la sua cucina muove da due concetti su tutti: stagionalità e localismo. Ma in modo originale e creativo, degno dei maestri che ne hanno affinato il sapere. (A lezione con
Carlo Cracco. Tema: il riso)
Dave Pasternack, Esca
Esca, a due passi da Time Square, è uno dei tanti capitoli scritti dalla coppia d’oro Batali/Bastianich. Qui c’è in più tutto l’apporto che può dare questo cuoco dal cognome illustre. Per il New Yorker, la sua forza sta tutta nel “conoscere bene ogni volta quel piccolo qualcosa che manca al piatto”. Mentre per Frank Bruni del NY Times lo chef è uno di quelli capaci di “sussurare ai pesci”. Già miglior cuoco della Grande Mela per la James Beard Foundation, il mare di Pasternack spazia da un halibut pescato nel Pacifico e uno snapper catturato all’amo da lui stesso a Long Island. (A lezione con Moreno Cedroni sul baccalà)