Nella presentazione della Guida ai ristoranti di Identità Golose di lunedì scorso all’hotel Gallia di Milano c’è stato un momento importante dedicato ad alcuni tra i più grandi maître di sala. Sul palco sono saliti assieme Giovanni Alajmo del Caffè Stern di Parigi, Nicola Ultimo del Vun del Park Hyatt di Milano, Beppe Palmieri dell’Osteria Francescana di Modena, Raffaele Alajmo delle Calandre di Padova, Cristiana Romito di Reale Casadonna in Abruzzo, Enrico Baronetto del ristorante Alain Ducasse del Dorchester di Londra e Stefania Giordano Alija del Nerua di Bilbao.
Un plotone di stelle cui avrebbero dovuto associarsi - non ce l’hanno fatta per cause di forza maggiore – Catia Uliassi di Uliassi a Senigallia e Marco Reitano della Pergola di Roma. Nove magnifici interpreti di sala, autori di altrettante Storie di Gola, cioè segnalazioni di posti del cuore nelle rispettive città. Un pretesto per parlare del lato visibile del ristorante, quello che però paradossalmente si celebra di meno. «Conosco pochissimi giornalisti che parlano di sala», si lamentò con noi Ferran Adrià poche settimane fa, «è assurdo».

Alberto Tasinato, maitre dell'anno per la Guida di Identità 2019, premiato da Kettmeir

Con Davide Oldani (di spalle), Antonio Santini, maestro di sala
Ma il vento sta cambiando e la sala comincia a ottenere le attenzioni che merita. «Mi chiedono spesso se sono la sorella di
Niko», ha esordito sul palco del
Gallia Cristiana Romito, «così tante volte che ho trovato la risposta: no, è lui che è mio fratello», scherza. «Ma non parliamo di rivincita», è intervenuto
Palmieri, «sarebbe molto pericoloso. È vero che il successo di un cuoco passa dalla sala, ma non esistono antagonismi tra sala e cucina. Dobbiamo evitare di banalizzare l’argomento, di
mostrificarlo. Per parte nostra, abbiamo un solo ruolo da rispettare, il più difficile: imparare a fare bene i gregari. Occorre buongusto, dedizione e sobrietà».
Nicola Ultimo: «La chiave è la formazione. Perché fare i gregari è un mestiere che si impara, così come quello di illustrare al cliente l’anima di un ristorante».
Stefania Giordano, ligure finita nei Paesi Baschi per amore e professione: «Mai mi sarei immaginata che sarei finita dove sono finita. Ancora meno avrei potuto immaginare che le responsabilità sarebbero cresciute così in fretta. La nostra missione? Alzare non muri ma ponti. Mai far polemica o criticare gratuitamente».
«Che rapporto c’è tra me e
Giovanni?», hanno chiesto a
Raffaele Alajmo a proposito di suo figlio
Giovanni, giunto a Milano con la sorella
Giuditta, lei con un futuro nella comunicazione della holding
Alajmo, «Semplice: io sono il fratello di
Massimiliano e
Giovanni è il nipote di
Massimiliano. Il gregario? Una figura molto complessa, che non deve limitarsi al suo ruolo ma integrarsi nel lavoro di squadra».

Emanuele Izzo, il sommelier dell'anno, premiato da Zonin 1821

Anna Cardin, la sommelier dell'anno, premiata da Veuve Clicquot Italia
Subito dopo è venuto il momento di
Alberto Tasinato del ristorante
L’Alchimia di Milano, premiato maitre dell’anno: «Sono molto emozionato: è così facile parlare ai tavoli ma così difficile farlo su questo palco. Lasciatemi solo ringraziare i miei soci, che hanno avuto fiducia in un uomo di sala».
Commozione e fatica anche negli ultimi due premiati,
Emanuele Izzo di
Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia (Napoli), miglior sommelier: «Quando mi hanno comunicato il premio, mi sono passate per la mente tutte le volte in cui ho messo la cravatta e girato un cavatappi. Da oggi abbiamo nuova linfa e nuovi sogni». La conclusione perfetta è quella di
Anna Cardin, la miglior sommelier, in forze all’
Oro del Cipriani di Venezia: «Ho un solo pensiero: dire grazie a tutti quelli che si sono seduti alla mia tavola, a tutti quelli che ho avuto il piacere di servire». Sublime.