E’ stato un caso, una cena in un locale sulla costa atlantica della Francia, estate 1988, ma bisogna anche avere gli occhi aperti per cogliere dettagli che possono rivelarsi importanti. Successe che quello chef era iscritto all’associazione dei Jeunes Restaurateurs transalpini, tanti nomi raccolti in una piccola guida celeste. Ne portai via due o tre copie e capii che sarebbe stato un mio obiettivo futuro, fare in modo che anche l’Italia avesse il suo gruppo di giovani ristoratori. Chef-patron, cuochi titolari della licenza e non dipendenti. Rilievo molto importante anche per capire il presente. Imprenditori per usare un’unica precisa parola. Come ha detto Marco Stabile, dimessosi dalla carica di presidente al termine del congresso, 23° in assoluto, tenutosi lunedì 4 aprile a Orvieto: «Noi siamo quelli che rischiano ogni giorno, sulla loro pelle e su quella della loro famiglia».
In Francia tutto ebbe inizio nel 1974, mai che noi italiani facciamo qualcosa di bello e concreto prima. Ai cugini i fatti, a noi le parole. Salvo poi copiarli, che è sempre meglio che non fare mai niente di concreto. Sia come sia, il seme dei JRE italiani venne gettato nel 1990. Attecchì in pieno tre anni dopo. Oggi gli iscritti sono 88, sei quelli appena entrati. Rispetto ai primi due decenni, oggi i limiti di età sono troppo alti, l’asticella di ingresso è stata posta a 42 anni. In pratica, si è JRE a vita ed è in stridente contrasto con lo spirito e le finalità del gruppo. Arriva il momento di infilarsi i pantaloni lunghi.
I nomi e i volti nuovi sono quelli di
Alberto Basso del 3Quarti di Grancona (Vicenza),
Martina Caruso del Signum sull’isola siciliana di Salina,
Stefano di Gennaro del Quintessenza di Trani in Puglia,
Dario Guidi dell’Antica Osteria Magenes di Gaggiano alle porte di Milano,
Stefano Pinciaroli del Ps Ristorante di Cerreto Guidi (Firenze), dove quel Ps sta per
Pinciaroli Stefano, e infine
Cristian Santandrea della Tenda Rossa di Cerbaia Val di Pesa fuori Firenze, cuoco che divide compiti e soddisfazioni con la moglie
Maria Probst.
Per questa edizione due colori, il bianco e il nero, per evidenziare i due volti di una ristorante: la cucina e la sala, bianca la casacca dei cuochi, nera la giacca di chi si muove tra sala e cantina. E cena con ogni piatto giocato su questo accoppiamento cromatico.

Al momento del dolce alla cena di gala del congresso dei JRE a Orvieto la sorpresa: lo aveva preparato Marco Bistarelli, al centro nella foto con il microfono in mano. Umbro, già presidente dell’associazione, lo scorso 21 marzo ha aperto a Città di Castello la sua nuova insegna, Kook dinner, assieme con la pasticciera Linda Boncini, la signora su cui appoggia un braccio. All’estrema sinistra Iside De Cesare e Paolo Trippini, tutto a destra Marco Stabile
E allora ecco il presidente europeo, il napoletano
Ernesto Iaccarino, assieme con
Marco Stabile, esaltare il lavoro di un manipolo di maître e sommelier:
Simona Beltrami del Magorabin a Torino,
Claudio Bronzi del Tino a Ostia (Roma),
Valentina Centofanti dell’Angolo d’Abruzzo a Carsoli,
Christian Danese del 3Quarti in Veneto,
Christian e
Saverio Di Gennaro del Quintessenza a Trani,
Pino Esposito del Ristorante Sud a Quarto (Napoli),
Enrico Maglio della Tana ad Asiago in Veneto,
Cristina Parizzi del Parizzi a Parma,
Luca Santella della Parolina ad Acquapendente (Viterbo),
Mario Sposito della Taverna Estia a Brusciano (Napoli),
Pascal Tinari di Villa Maiella a Guardiagrele in Abruzzo e infine
Luca Trippini del
Trippini a Baschi in provincia di Terni, Umbria quindi come Orvieto. Lui e suo fratello
Paolo, lo chef, unici JRE umbri, si sono caricati ogni aspetto dell’appuntamento. Bravi.
E bello il lavoro a livello europeo evidenziato da Iaccarino, deluso però perché al congresso generale dello scorso anno in Olanda erano presenti appena 5 associati di casa nostra. Ammonizione per tutti, cartellino giallo con invito a riscattarsi il prossimo anno in Svizzera: «Pochi, negli ultimi dieci anni l’Italia ha latitato molto, chiudendosi su se stessa. Ma il mondo va avanti e se noi continuiamo a dire di no, non costruiamo nulla». Parole sante.

Paolo Trippini del ristorante di famiglia a Baschi in Umbria
Lo chef del
Don Alfonso a Sant’Agata dei Due Golfi, Napoli e Salerno, ha ricordato il manifesto partorito a livello europeo. Lo riporto, titolo
Passione senza fine: «
1) ABBIAMO PARTICOLARMENTE A CUORE il cibo e la sua provenienza, la sostenibilità e il rispetto delle biodiversità.
2) RESTIAMO FEDELI A NOI STESSI proponendo una cucina contemporanea che renda omaggio alla nostra tradizione culturale, rispettando e promuovendo le differenti identità culinarie e salvaguardando la territorialità.
3) SIAMO APERTI ALLA NOVITA' intendendo il cibo come evoluzione, portando avanti l'innovazione, essendo consapevoli che le innovazioni migliori diventeranno la nuova tradizione.
4) TRASMETTIAMO LA NOSTRA PASSIONE INFINITA PER LA VITA quando creiamo e cuciniamo, quando ci supportiamo l'un l'altro e nel nostro essere "padroni di casa".
5) CREIAMO IL MOMENTO PERFETTO curando in prima persona, facendo sentire l'ospite a casa e mettendo in relazione le persone.
Questo è il modo in cui portiamo avanti i nostri valori».