Nel 2000, finita la maturità artistica sperimentale, non avevo alcuna intenzione di continuare a studiare, nè di far spendere inutilmente soldi ai miei genitori. Nel periodo natalizio decisi di trovarmi un lavoretto, iniziai per gioco a vendere del baccalà a un banco del mercato. Solo baccalà. Viaggiavo tutti i giorni da Frosinone a Roma e ritorno.
Il gioco si fece serio: mi affidarono la gestione di un banco tutto per me. Passarono 4 anni e mi fu proposto un nuovo lavoro alla Conad di Frosinone: gestione del banco del pesce. Mi appassionai subito. E iniziò lo studio della materia prima. Sul mio banco doveva esserci solo pesce, di prima scelta. Amavo quel lavoro, ma allo stesso tempo ero incuriosita dal reparto panetteria/pasticceria (produzione interna) che stava accanto. Cominciai a comprare libri di cucina, a frequentare corsi amatoriali, a girare ristoranti importati.
Passarono 6 anni. La passione per la ristorazione mi trasportò verso un sogno: frequentare il corso di cucina “professione cuoco” alla
Città del Gusto di Roma. Nell’aprile del 2008, a 26 anni, lasciai un contratto a tempo indeterminato per inseguire un sogno che mi regalò mio zio
Silvio, parroco, alla vigilia di Natale. Ci tengo a precisarlo perché oggi associo l'amore che ho verso il pane a lui, come se quel giorno mi avesse dato una benedizione. Quando ero piccolina mio zio mi diceva sempre di mangiare il pane perché era Gesù.
Furono tre mesi intensi, in cui diedi tutta me stessa. La sera finale del corso mi affidarono il compito del cestino del pane. E lì scattò la scintilla, l'amore verso IL pane: a vedere un impasto che lievitava nello stampo rimanesi a bocca aperta. Volevo capire come fosse possibile. Dovevo correre e scegliere dei maestri. Terminai il corso col massimo dei voti – fui la più brava :-) - e iniziai gli stage. Nei week end frequentavo la cucina del Tordo Matto di Adriano Baldassarre. Nei mesi estivi, Al Circo di Enrico Pezzotti. Poi iniziò il vero stage, alla Pergola di Heinz Beck. Sei mesi interminabili, culminati con l'assunzione.
Nel frattempo avevo deciso che il maestro sulla panificazione avrebbe dovuto essere Gabriele Bonci. Iniziai a passare i miei giorni liberi al Pizzarium. Lì capii cos’era un impasto, cosa succedeva quando acqua e farina finivano in un’impastatrice. E poi la scoperta del lievito naturale, un mondo! Un giorno Gabriele mi disse che a Roma c'era Rolando Morandin, confettiere e maestro dei grandi lievitati. Divenne, e tuttora è, il mio maestro in materia.
Lasciai la
Pergola, rimanendo in buoni rapporti. Dopo un anno, ricevetti la telefonata del capo pasticcere. Nel gennaio del 2011 tornai al ristorante con l’unico obiettivo di cambiare totalmente il cestino del pane. Dopo una serie di prove, chef
Heinz selezionò le nuove tipologie di pane. Capì che avevo una forte passione per il mondo della panificazione ed era contento perché ero cresciuta professionalmente. Così acconsentì al mio desiderio di proseguire nella formazione: stage, corsi e concorsi.
Beck è stato per me un punto di riferimento, un grande maestro, anche di vita. Non smetterò mai di ringraziarlo per tutte le possibilità di crescita che mi ha dato.
Per durare 6 anni, essendo l'unica donna del team, ho dovuto però costruirmi un’armatura. E difendermi da situazioni pesanti perché, se una ragazza emerge tra tanti uomini, questo dà spesso fastidio. Ma la passione ti fa andare avanti, senza guardare in faccia nessuno. Rifarei tutto, non rimpiango nulla e ringrazio tutti i colleghi che in questi anni mi hanno fatto crescere, fin dal primo momento.

Ma è arrivato il momento di cambiare. A 32 anni si è donne e si hanno altri obiettivi. Il primo è la felicità personale e la ristorazione un po’ mi privava di questo. «Cosa vuoi fare da grande?», mi hanno sempre chiesto. L’ho capito. Io voglio fare il pane. Voglio continuare a crescere, a capire. Essere libera. Voglio volare. Passare il resto della mia vita in un panificio. Magari con un passeggino accanto. Perché la vita da ristorazione non è amica di chi vuol diventare mamma. Basta con lo stress, con le troppe ore di lavoro, con l’invidia. È ora di voltare pagina, di cercare nuove avventure dopo quella del cestino di pane perfetto, che penso di aver realizzato.
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