02-08-2024

Feudi del Pisciotto, impronta toscana ma cuore siciliano

L'azienda, che è anche wine resort con annesso ristorante, fa parte del gruppo Domini di Castellare. «Qui nel 2000 era tutto abbandonato»

Una visione aerea di Feudi del Pisciotto

Una visione aerea di Feudi del Pisciotto

Una perla naturalistica incastonata in zona per certi versi selvaggia della Sicilia. E un’esperienza a 360 gradi tra vino, buona tavola e accoglienza.

Quella di Feudi del Pisciotto, a Niscemi, nell’area vitivinicola di Vittoria, è una realtà abbastanza recente ed ha un’anima… toscana. Infatti tutto nasce dall’intuizione di Paolo Panerai, fondatore di Castellare in Castellina, che decide di investire su questa zona.

Marco Parisi è l'enologo dell'azienda siciliana

Marco Parisi è l'enologo dell'azienda siciliana

«Qui nel 2000 era tutto abbandonato – racconto l’attuale enologo di Feudi del Pisciotto, Marco Parisi, che è anche presidente della Strada del Vino del Cerasuolo di Vittoria – Tutta la struttura del palmento, che si pensava poter recuperare a uso della cantina, era addirittura senza tetto».

Fin da subito l’idea era quella di realizzare un’azienda che conciliasse la produzione del vino con un’accoglienza di lusso, per trasformarla in una nuova perla siciliana in un luogo che, al momento, non era particolarmente “inflazionato”.

L'antico palmento del 1700 completamente ristrutturato

L'antico palmento del 1700 completamente ristrutturato

Quindi sono stati avviati i lavori per un importante restauro conservativo, con la realizzazione a fianco della cantina costruita ex novo, di un wine resort che comprende un ristorante dove si valorizzano soprattutto le materie prime locali, ma anche camere e suite, arredate con stile, in perfetta armonia con l’antica struttura originale del 1.700.

La tenuta conta quasi 200 ettari (per la precisione 198), dei quali una cinquantina a vigneto. A guidare l’azienda, come del resto le altre realtà del gruppo Domini Castellare di Castellina (Dcc), Alessandro Cellai, allievo di Giacomo Tachis. Fu proprio Tachis che consigliò, per Feudi del Pisciotto, di utilizzare oltre ai vitigni autoctoni siciliani anche Pinot Nero, Gewürztraminer e Semillon.

I vigneti impiantati dagli anni 2000 in poi

I vigneti impiantati dagli anni 2000 in poi

«Attualmente – prosegue Marco Parisi, enologo residente da 8 anni – abbiamo 12 varietà coltivate. La produzione è di circa il 30% di vini bianchi e il 70% di vini rossi. La filosofia di produzione è “alla toscana”: poche macchine, ma utilizziamo molto barriques e travasi, mentre sui bianchi abbiamo avviato un lavoro di “dimagrimento”, per renderli sempre più bevibili».

Un discorso importante riguarda l’area di produzione. «Siamo in un territorio dove, purtroppo, c’è stato un grande abbandono di vigneti. L’arrivo di Panerai ha cambiato un po’ questa visione: qui sono stati fatti tutti impianti nuovi, proprio con l’intenzione di esaltare il territorio. Ci troviamo su terreni prevalentemente sabbiosi, in una zona molto ventilata, che può godere anche dell’influenza del mare, che in linea d’aria è vicinissimo. Inoltre abbiamo anche l’importante influenza della vicina Riserva Naturale Orientata Sughereta di Niscemi».

Un momento di degustazione in cantina

Un momento di degustazione in cantina

Si punta sulla piacevolezza, come confermato dal Grillo 2023, che è stato prodotto solo da vigne giovani: un vino che si esprime in immediatezza e freschezza, ma anche con qualche accenno piacevole di macchia mediterranea.

Ma il focus della produzione di Feudi del Pisciotto è sicuramente dedicato ai vini rossi. Il Nero d’Avola 2021, che dopo la vinificazione in acciaio riposa per 8 mesi in botti di diversi passaggi, è floreale e fruttato, ma poi subentra una piacevole speziatura e un finale ancora da erbe aromatiche.

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Il Frappato è invece il vino che va un po’ controcorrente. Di solito si pensa al Frappato come vino d’annata, o comunque con un affinamento non troppo lungo. Invece l’annata attualmente in commercio è la 2019. «È una nostra scelta specifica – ribadisce Parisi – perché crediamo molto in questo vitigno, anche in prospettiva di affinamento. Viene vinificato in acciaio, poi effettua la malolattica e infine viene portato in barriques per 9 o 10 mesi, prima di essere poi messo in bottiglia».

Un vino molto particolare, dove la classica nota fruttata passa in secondo piano, lasciando spazio fin da subito a spezie ed erbe aromatiche. Inoltre ha una grande evoluzione anche nel bicchiere: per degustarlo al meglio, consigliamo di assaggiarlo senza fretta.

I vini della linea Feudi del Pisciotto, con le etichette artistiche

I vini della linea Feudi del Pisciotto, con le etichette artistiche

Inoltre abbiamo assaggiato il Moro di Testa 2019 Syrah. «Questo vino nasce dagli assaggi in cantina – racconta con soddisfazione Parisi - Prima producevamo due vini “base”, un Nero d’Avola e un blend di Merlot e Syrah. Ma tutte le volte che assaggiavamo il Syrah ci dicevamo che era buono. Poi abbiamo preso la decisione di creare un vino solo con questo Syrah, e questo è il risultato». Un vino estremamente complesso, dove escono le note fruttate e speziate del vitigno, riuscendo ad arrivare a un ottimo equilibrio in bocca.

L’ultimo assaggio riguarda un altro vitigno che, per la Sicilia, è una vera sfida: il Pinot Nero. Si chiama l’Eterno, l’annata è la 2019, e viene affinato per 18 mesi in legno. È nato da un’idea di Paolo Panerai e di Giacomo Tachis, che hanno creduto nelle potenzialità del nobile vitigno in questo particolare angolo di Sicilia. Per gli appassionati di questo vitigno, è un vino che può spiazzare: i sentori classici del Pinot Nero ci sono, ma si sentono anche le influenze del mare (per la sapidità) e della vicina Riserva Naturale, con note di macchia mediterranea, rosmarino e timo.

Il ristorante Il Palmento dei Feudi, con la guida in cucina dello chef Giuseppe Costantino

Il ristorante Il Palmento dei Feudi, con la guida in cucina dello chef Giuseppe Costantino

Alcuni di questi vini fanno parte della Linea Feudi del Pisciotto, con etichette disegnate da grandi stilisti, quali Versace, Gianfranco Ferré, Giambattista Valli, Carolina Marengo e Stephan Janson. Il progetto nasce nel 2007 e ha anche uno scopo sociale. Gli stilisti che hanno partecipato al progetto hanno rinunciato alle royalties per contribuire, con Feudi del Pisciotto, al restauro e alla valorizzazione di opere antiche siciliane.

Vini che poi possono essere abbinati, fermandosi nella Tenuta, al ristorante Il Palmento dei Feudi, con la guida in cucina dello chef Giuseppe Costantino. Lo stile è chiaro: riscoprire i sapori della Sicilia con una nota di estro e fantasia, riuscendo a conciliare gusto e freschezza nei piatti. E si può iniziare con un calice di Davolarosa, uno spumante rosé metodo italiano realizzato da sole uve di Nero d’Avola. Infine, a chiudere, non deve mancare un assaggio di passito, anche questo dall’aria rivoluzionaria: Gewürztraminer e Semillon. Un curioso matrimonio, per la terra di Sicilia.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Raffaele Foglia

di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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