Tornando verso l’aeroporto, dopo una visita di quattro giorni, attraversando le trafficate vie della città, il pensiero è chiaro: voglio tornare a Praga.
Ed è questo anche il messaggio che vuole trasmettere il Prague City Tourism, come spiegato anche dalla sua Strategy Manager, Katerina Pavlitova.

Una suggestiva immagine del ponte Carlo
«Praga viene considerata come la città da vedere una volta nella vita. Ma dopo aver fatto la “crocetta” sulle destinazioni da visitare, raramente il turista pensa di tornare. Noi vogliamo offrire l’occasione di poter tornare a Praga, non solo per visitare i principali monumenti, ma per un’esperienza più completa».
Dal nostro punto di vista, potremmo anche soffermarci sulle bellezze turistiche di una città meravigliosa, viva e vivibile. Ma c’è una Praga meno conosciuta, quella gastronomica, gourmet, che non si ferma alla birra, alle salsicce e al prosciutto affumicato, ma che va oltre.
Ma proprio dalla birra dobbiamo partire. D’altronde la Repubblica Ceca ha la birra nel cuore. Non ce ne vogliano i tedeschi, ma dobbiamo ricordare che la
Pils (o meglio
Pilsner o
Pilsener) nasce proprio nella città boema di
Plzeň (che diventa
Pilsen in lingua tedesca), sfruttando la purezza dell’acqua di quella zona, e utilizzando il luppolo
Saaz, o meglio
Žatec, altra città della Boemia.
Per gli appassionati della birra, Praga diventa un po’ come la “città dei balocchi”, quando per un boccale di Pilsner Urquell si pagano circa 50 corone ceche, meno di due euro. Per gustarla al meglio, consigliamo un salto fuori dal centro alla Karlínská Pivnice, nel quartiere di Karlín: spillatura perfetta, birra fresca direttamente dal tank. A Praga non c’è solo la cultura della birra, ma anche – per fortuna – di chi la spilla al meglio.
Nel quartiere
Vinohrady, invece, è necessaria una tappa al
Pivovar Ossegg, un birrificio urbano con un impianto sotterraneo che produce circa 2800 ettolitri all’anno, che vengono consumati quasi esclusivamente nel ristorante che si trova al piano terra, mentre la sede principale del birrificio è fuori città, nell’antico monastero di Osek.
Senza mai perdere come punto di riferimento lo stile a bassa fermentazione, all’Ossegg si possono trovare birre ben caratterizzate e con un’impronta anche molto personale.

Le birre del Pivovar Ossegg, trovano poi un ottimo abbinamento con i piatti dello chef Lukáš Holý
Tutte ottime – i birrifici della Repubblica Ceca non scherzano affatto, d’altronde – e perfette anche negli abbinamenti di chef
Lukáš Holý, uno che dimostra come la cucina tradizionale di Praga possa essere portata a un livello di maggiore raffinatezza, rimanendo nei canoni della genuinità. Molto interessanti le affumicature e alcuni piatti utilizzando, sia in abbinamento che in fase di preparazione, la stessa birra del locale.
Ancora birra, ma non solo, anche se il Výčep porta proprio il nome della spina, mentre il výčepni è colui che la serve al meglio. La cultura per la birra in questo locale, sempre nel quartiere di Vinohrady, è elevata, ma in generale si punta a valorizzare il legame con la Valacchia, regione della Moravia, a sud di Praga.

Non solo birra, ma anche buon vino e ottimo cibo al Výčep nel quartiere di Vinohrady
Così, insieme ai piatti dello chef
Jiří Hrachový, si iniziano ad assaggiare i vini della Repubblica Ceca e anche qualche distillato.
Così come al ristorante Kalina, nel quartiere di Malá Strana, in riva al fiume, grazie ai perfetti abbinamenti proposti dal bravissimo e simpatico chef Miroslav Kalina.

Il bravissimo chef Miroslav Kalina
Per capire meglio la realtà della produzione vitivinicola della Repubblica Ceca, può essere utile seguire i consigli della sommelier
Klára Kollárová, entrando al
Vinograf nel quartiere della Città Nuova (nuova si intende realizzata attorno al 1300, per intendersi).
In questa vinoteca sono presenti tantissime ceche, ma anche tante referenze da tutto il mondo, per un interessante paragone tra stili differenti. Esiste anche un secondo Vinograf, che si trova sotto il Ponte Carlo, che ha in carta solo vini cechi, con circa 350 etichette.

Il Vinograf nel quartiere della Città Nuova
In questo locale, grazie alla collaborazione del
Vinařský fond, il consorzio dei produttori di vino in Moravia e Boemia, è stato possibile avere uno spaccato di quello che è il mondo del vino in Repubblica Ceca. Parliamo di una realtà di complessivi 17.700 ettari vitati (per fare un paragone, in Italia siamo ora a 629 mila), due terzi dei quali dedicati ai vitigni a bacca bianca. La maggior parte (16.536 ettari) si trova in Moravia, nella regione a sud-est della Repubblica Ceca, al confine con l’Austria e con la Slovacchia. Proprio l’Austria ha avuto un’influenza sullo stile di produzione di questi vini.
Per quanto riguarda i vitigni, per i bianchi sono molto utilizzati Grüner Veltliner, Müller Thurgau e Welshriesling (Riesling Ceco parente stretto del Riesling Italico), mentre in grande crescita sono Sauvignon e Riesling (renano). Per i rossi, il Saint Laurent, il Blaufränkisch (di origine austriaca, il primo particolarmente aromatico) e lo Zweigeltrebe (incrocio tra i due precedenti) sono ancora i vitigni più utilizzati, ma in netto aumento è il Pinot Noir, passato in 20 anni dallo 0,8% al 4,2%. In crescita anche il Merlot.

I vini degustati, grazie al Vinařský fond, il consorzio dei produttori di vino in Moravia e Boemia
Prima di passare agli assaggi, bisogna chiarire due aspetti fondamentali. Prima di tutto il vino Ceco viene venduto quasi esclusivamente nel mercato interno e quindi va a rispecchiare un gusto più “locale” e meno internazionale. Attenzione, però: perché anche il gusto degli abitanti della Repubblica Ceca è in evoluzione, soprattutto avendo la possibilità (anche economica) di assaggiare vini provenienti da tutto il mondo, in particolare Francia e Italia. Uno sguardo internazionale che, crediamo, anche i produttori cechi dovrebbero iniziare ad avere.
In secondo luogo, non c’è la consuetudine da parte degli stessi produttori di tenere da parte qualche bottiglia per comprenderne l’evoluzione nel tempo: anche questo potrebbe rivelarsi un problema, in futuro.

Una suggestiva immagine dei vigneti della cantina U Kapličky
Per quanto riguarda gli assaggi, abbiamo trovato prodotti di buona qualità, anche se nessuno spiccava particolarmente per eleganza. La tendenza, da parte di tutti, è quella di avere un residuo zuccherino superiore a quanto siamo abituati. Tra i bianchi, non è dispiaciuto il
Veltlínské zelené 2018 di
U Kapličky, azienda che ha portato anche un ottimo
Pinot Noir 2018. Tra i rossi, segnaliamo la
Cuvée Horní Hory 2015 di
Vitis. Più semplici, ma comunque dalla discreta bevibilità, i vini di
Krásná Hora. Molto particolari, anzi estremi, i prodotti di
Richard Stávek.
La moda, anche qui, ha portato alla ricerca dei vini “naturali”, o degli orange wine, come dimostrato anche dalla Veltlín, vinoteca specializzata proprio in queste tipologie di prodotti. Al momento, però, la strada da fare sembra ancora tanta.

Una immagine di Salabka, il vigneto urbano di 4 ettari e mezzo, al quale si aggiunge anche un ottimo ristorante
Differente, invece, il caso di
Salabka. Si tratta di un ristorante, ma anche di un vigneto urbano di 4 ettari e mezzo, a 250 metri sul livello del mare, a pochi minuti dal centro di Praga, con relativa produzione di vino. In particolare in questo vigneto storico, originario del 1300 ma poi completamente rifatto negli ultimi anni, si possono trovare ben 15 tipologie differenti di vitigno (anche se il giovane enologo vorrebbe effettuare una razionalizzazione). Davvero interessante il rosè da
Pinot Nero, discreti i bianchi. Ma al
Salabka si può vivere una esperienza gastronomica a 360 gradi grazie alle preparazioni dello chef
Petr Kunc, che punta a valorizzare le produzioni locali con una cucina elegante e curata.
Non solo birra e vino, ma anche gin. Il luogo migliore per chiudere una giornata sembra proprio essere il Gin & Tonic Club: qui ci sono 400 tipi di gin e 60 toniche, differenti. E null’altro, né birra, né vino, né caffè e neppure acqua da bere. Gin&Tonic, e basta.
Qui è stato presentato il gin della
Little Urban Distillery, realizzato a Brno dall’unica distilleria ceca che realizza esclusivamente gin. Quattro i prodotti presentati da
Robert Urbánek: il primo è un gin classico, in stile
London Dry, dove al Ginepro dei Balcani, vengono aggiunti coriandolo marocchino, scorza di agrumi italiana e iris che sono completati da frutta ed erbe tipicamente ceche come angelica, veronica, lime e sambuco, mela, sorbo o olivello spinoso. La seconda versione è lo stesso gin di “base”, ma invecchiato tre mesi in botte, partendo anche da una gradazione alcolica superiore. Il terzo, invece, è un distillato definito
“Sloe Gin”, un antico stile londinese in fase di recupero. Il quarto, il
Winter, è aromatizzato con le bacche di aronia.
Di buoni motivi per tornare a Praga ce ne sono. Anche da un punto di vista gastronomico. Ma questa è un’altra storia.