Lo ha spiegato con estrema chiarezza il direttore del Consorzio Vini di Soave, Aldo Lorenzoni: la strada da seguire è quella del legame al territorio. Una strada che «esce dalla logica di vigneti un po’ standardizzati, un po’ monotoni». Perché a Soave, la ricchezza ce l’hanno in casa. Non per altro la zona vitivinicola ha ottenuto il riconoscimento di paesaggio storico rurale d’Italia da parte del ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Soave Preview ha mostrato le varie facce del Soave, che dimostra di essere un vino dalle numerose espressioni e che ha grandissime possibilità di affinare negli anni. Freschezza in gioventù e complessità in maturità: tutti i produttori dovrebbero rendersi conto del grande potenziale che hanno a disposizione, senza “internazionalizzare” i loro vini, rendendoli più “adatti” a certi tipi di mercati o a certe mode, estraniandoli dal loro stesso territorio e dalla loro stessa natura.
Un concetto caro anche al direttore
Lorenzoni, che ha anche evidenziato come «non esista un solo Soave, ma diverse espressioni di questo prodotto», una complessità determinatà da una zona ricca di differenze geologiche e microclimatiche, che permettono di avere varie sfaccettature e differenze anche a distanza di poche centinaia di metri tra vigneto e vigneto.
Paesaggio, quindi: territorio, e non moda. Ed è quello che si sperava di trovare nei 61 campioni della sola annata 2015 presentati durante il
Soave Preview. Non possiamo negare che ci siano stati alcuni vini che erano buoni, ma marcatamente distanti da quel concetto di territorialità così tanto predicato. Per fortuna, comunque, la maggior parte dei produttori ha scelto la strada del Soave, cioè del legame con la
Garganega (che da disciplinare deve essere presente almeno per il 70%, percentuale che alcuni produttori portano addirittura al 100%).
Di questi 2015, sono piaciuti il
Cà de’ Rocchi di
Tinazzi, il
Corte Paradiso di
Mosconi, il
Corte Giacobbe di
Dal Cero e il
Roncathe di
Corte Moschina, tra i classici, invece, su tutti spicca
Gini, e ottimi anche
Suavia, il
Cà Visco di
Coffele,
Pieropan,
Le Bancole di
Tenuta Solar e
Decanto di
Collis.
Questi i vini dell’ultima annata, con un 2015 che dimostra di avere enormi possibilità e potenzialità. Proprio la potenzialità di invecchiamento del Soave è stata al centro di una degustazione di alcune vecchie annate, dove la Garganega ha potuto dimostrare quando sia longeva, regalando ottime sensazioni.
In particolare, hanno dimostrato di avere classe il Soave Doc “
Monte Ceriani” di
Tenuta Sant’Antonio 2007, il Soave Doc Classico di
Suavia 2006, il Soave Doc Classico “
Salvarenza” di
Gini 2005 e grande prova l’ha data anche il “
Cà Visco” di
Coffele, annata 2000 (anche se ha stupito di più un 2002 assaggiato direttamente in cantina).
In conclusione, il
Consorzio del Soave ha dato un ottimo indirizzo a tutti i produttori: uscire dalla standardizzazione. E ci sta riuscendo.