21-05-2016

Feudo Maccari, brindisi alla Sicilia

Il toscano Antonio Moretti ha fatto rinascere una tenuta della Val di Noto con vini di grande fascino

Una vista dall'alto, poco dopo il tramonto, de

Una vista dall'alto, poco dopo il tramonto, della tenuta in Contrada Maccari

L'imprenditore aretino Antonio Moretti è molto sicuro e diretto nello spiegare perché, a partire dal 2000, ha deciso di investire in Feudo Maccari, tenuta e azienda vitivinicola nella Val di Noto: «Questa è una terra meravigliosa. Per me è la parte più bella della Sicilia e credo che possa avere ancora un grande sviluppo, turistico, economico, culturale. Qui non solo c'è una terra perfetta per il vino, ma c'è tutto: un mare splendido, i Monti Iblei, città piene di storia e di arte come Noto, Siracusa...».

Difficile non dare ragione al dottor Moretti, come lo chiamano tutti quelli che lavorano a Feudo Maccari: basta percorrere la strada che da Siracusa porta all'azienda per scoprire un paesaggio in costante, splendida mutazione. Vasto, vario, affascinante, dai colori intensi. Antonio Moretti arriva qui dopo aver consolidato la prima azienda vitivinicola di famiglia, Tenuta Sette Ponti, acquistata dal padre Alberto negli anni '50 e portata però da Antonio al successo, grazie a grandi vini come l'Oreno, vera punta di diamante di un'ampia produzione di qualità.

In Sicilia decide di rilevare un'azienda che era praticamente ridotta allo zero: «Quasi, sì. Anzi – scherza Antonio Moretti – forse se avessimo dovuto proprio ricostruire da zero sarebbe stato più semplice». Ma in pochi anni l'imprenditore toscano è riuscito a ricostituire una proprietà che nel tempo si era frammentata tra oltre 50 diversi titolari, costituendo ora una delle realtà più rilevanti dell'isola.

Antonio Moretti

Antonio Moretti

Il centro dell'azienda è a Contrada Maccari, con un'estensione che rappresenta più del 70% del Feudo, dove i vigneti, principalmente dedicati al Nero d'Avola (le altre varietà coltivate in azienda sono Grillo, Syrah e Moscato), sono esposti al sole tutto il giorno. Su questi terreni sono state restaurate con grande gusto e altrettanta attenzione filologica la cantina, dove si lavora con strumentazioni all'avanguardia, la sala degustazione, alcune abitazioni e anche una foresteria, con un po' di stanze per ora dedicate agli amici, ma nel futuro, contando anche sullo sviluppo turistico di questa parte di Sicilia, «potrebbero rappresentare un piccolo esperimento di ospitalità di qualità».

A guidarci tra le vigne incontriamo Angelo Sica, dal 2008 responsabile della cantina: «Prima ero il responsabile della qualità nel più grande magazzino di ortofrutta di Pachino, ma vengo da una famiglia che da sempre ha avuto a che fare con i vigneti e con il vino. Ho colto al volo la possibilità di tornare a questa tradizione familiare qui a Feudo Maccari».

Ed è sempre lui a mostrarci e raccontarci con orgoglio le scelte fatte dall'azienda per produrre vini di grande qualità e personalità: «La base di tutto è il desiderio di tutelare il più possibile l'uva, e per farlo uniamo tecniche antiche e tecnologia moderna. Iniziando dalla coltivazione delle vigne ad “alberello”, la più antica e caratteristica di queste zone. Questa tecnica tiene i grappoli più vicini al terreno, permettendo un afflusso più immediato della linfa; inoltre, per via dell'inferiore sviluppo vegetativo, permette a tutti i grappoli di ricevere sempre il sole e il vento. Chiaramente questa tecnica è più costosa per un'azienda, perché riduce un po' la produzione e richiede la cura manuale di ogni pianta».

La coltivazione ad "alberello"

La coltivazione ad "alberello"

Un'altra particolarità dell'approccio di Feudo Maccari alla coltivazione delle vigne è l'uso di diversi terreni, alcuni più calcarei, altri più argillosi, altri ancora più grassi: questo perché le stesse varietà che crescono su ciascuno di questi terreni prendono caratteri diversi, che miscelati esprimono appieno le potenzialità di un vitigno. «Per esaltare queste caratteristiche e dare il meglio su questi diversi terreni – spiega Angelo Sica – abbiamo selezionato in tutta la zona delle “marze” (la base per un innesto, ndr) di Nero d'Avola anche da vitigni non nostri e le abbiamo innestate su un terreno neutro. Ora quando dobbiamo innestare, usiamo le viti che provengono da altri terreni simili».

Infine ogni grappolo viene trattato con la massima cura fino al suo arrivo nei container per la fermentazione: «Per questo usiamo solo piccole cassette, per evitare che i grappoli schiaccino con il loro peso altri grappoli, e abbiamo costruito un sistema di trasporto fino ai silos che tuteli al massimo l'integrità degli acini. In questo modo conserviamo intatti i profumi di ogni grappolo d'uva, per ritrovarli poi nel nostro vino».

La cantina dove, tra tonneau e barrique, riposa il Nero d'Avola per il Saia di Feudo Maccari

La cantina dove, tra tonneau e barrique, riposa il Nero d'Avola per il Saia di Feudo Maccari

Al momento la produzione di Feudo Maccari ha come propri fiori all'occhiello un rosso e un bianco: il primo è Saia, che prende il nome dagli antichi canali di irrigazione della zona, ed è un Nero d'Avola in purezza che matura dai 10 ai 14 mesi in barrique e tonneau di rovere francese (è l'enologo dell'azienda a decidere le proporzioni tra botti piccole e grandi). Un grande vino, dal naso intenso, complesso, equilibrato e avvolgente al palato, con tannini molto delicati.

Il secondo è invece il Grillo, uno dei vitigni più celebrati dell'isola, che in questa declinazione colpisce per la sua raffinatezza, per la sua mineralità ammaliante, per la sua personalità vivace. Ma i progetti di sviluppo di Antonio Moretti hanno come oggetto un altro vitigno, di popolarità internazionale, come il Syrah: «Alcuni storici sostengono che questo vitigno sia arrivato con i greci in questa zona e che abbia preso il suo nome proprio da Siracusa. Io ho deciso di credere a questa versione», scherza. E' serissimo però nell'interpretare queste uve straordinarie, creando un vino, il Maharis, Syrah al 100%, dal grandissimo carisma e potenziale, la cui produzione verrà aumentata nei prossimi anni.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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