Alessandro Milone o
Christian Dal Degan? La marcia in più che possono avere i nostri giovani chef capaci già di eccellere sta nella loro maggiore predisposizione a “fare sistema”, si suole dire con espressione migliorabile. Ossia: a fondere capacità ed esperienze, come noi abbiamo fatto coi loro nomi. E com’è stato sottolineato l’altra sera alla
Trattoria Zappatori di Pinerolo, il
Salone del Gusto non era lontano ma qui si sperimentava qualcosa di inedito, sorta di
unicum dell’alta cucina, l’impiattato di una creatura a due teste,
cyber-chef nato dalla perfetta interazione di due freschi alfieri del
fine dining made in Italy. Pasto preparato a quattro mani, dunque: iniziativa risultata tanto più importante perché capace di indicare una strada possibile alla tavola nostrana del futuro; la condivisione di talento che ne è scaturita – e che ha strappato complimenti ai commensali, tra i quali un
Bob Noto stuzzicato dall’esperimento – ha visto dominare note balsamiche, vegetali, resinose, di terra…
Più
Dal Degan che
Milone in questo caso, perché il primo era ospite, in trasferta: dunque spazio ad alcuni suoi ingredienti, dal pino mugo al lichene islandico, dall’orzo perlato al brodo di corteccia d’abete rosso; era stato il contrario qualche mese fa, quando
chez Dal Degan si era disputata l’andata dell’incontro tra fornelli ricchi di un talento capace di esondare persino in sala, sia per il coordinamento affidato a
Enrico Maglio, maître della
Tana, sia per l’affaccendarsi a servir piatti di un cameriere sui generis,
Giuseppe Iannotti.

Preparativi per la cena a quattro mani: ecco il vassoio con le erbe...
Nessun punto in comune tra le due date, se non per un
fil rouge costituito dal
plin: piatto piemontese (dunque tendenza-
Milone) per eccellenza e appartenenza, declinato il 21 agosto scorso ad Asiago con una salsa barbecue e sul tovagliolo, come tradizione e
Lidia Alciati comanda(va)no; al ritorno invece nel piatto, con gli agnolotti bagnati da un brodo di corteccia di abete rosso che conferiva suadenze amarognole e resinose mai gustate, specie d’incontro tra mondi diversi, una bisnonna nata a inizio Novecento abbraccia il suo nipotino che quel secolo non l’ha mai vissuto.
Ma tutto il menu è stato immaginifico e strutturato, quasi che Milone-Dal Degan avessero provato e riprovato a integrare i loro stili, quando invece si è trattato di un incontro lampo, «Alessandro è arrivato a Pinerolo la sera prima, io non sapevo cosa avrebbe portato. La mattina abbiamo deciso i piatti», trovando un’interazione sorprendente. Un classico di Dal Degan come Orzotto ai margini del bosco (orzo, latte, Asiago stravecchio, burro di malga, aghi gemme e resina di pino mugo, funghi porcini, carbone, carnesecca e pane) è stato semplificato e stravolto da Milone, che ha imposto una decimazione dei componenti: hanno resistito solo il cereale, il formaggio e le note resinose e balsamiche, rese preponderanti, in un gioco a far saltare l'equilibrio che finiva per trovarne uno nuovo, inatteso.

Trippa di vitello in fricassea, lichene di terra e cozze: straordinaria, insolita interazione tra due ingredienti, ma anche tra due stili, quelli degli chef
Clamorosa anche la sintonia registrata in
Trippa di vitello in fricassea, lichene di terra e cozze, là dove due elementi (le frattaglie e i molluschi) fanno parte del bagaglio di entrambi gli chef, mentre il lichene è la “firma” apportata dall’altopiano di Asiago. Squisito, come il
Filetto di maiale croccante (cottura alla
Dal Degan),
topinambur e caviale di tartufo (è nel complesso un piatto miloniano). E così via.
Prove tecniche di cucina del prossimo futuro.