12-07-2022

Racconto del sorprendente Belrespiro nel Piacentino: viaggi di gusto inattesi, cotture ancestrali

Un indirizzo fuori dagli schemi ad Agazzano, in Val Luretta. Chef Fabio Delledonne è autodidatta, faceva il meccanico; con la moglie Chiara Beretta ha dato vita a un'insegna che stupisce: il mondo e il territorio, prodotti straordinari e fuoco vivo

Fabio Delledonne davanti alla griglia., Lui è pro

Fabio Delledonne davanti alla griglia., Lui è protagonista, con la moglie Chiara Beretta, di un indirizzo inatteso e prezioso, il Belrespiro in provincia di Piacenza

Brum brum. Roaaaaar! Rombo di motori, baccano di martelli, stridio di trapani. Un caos organizzato. È strano pensare come Fabio Delledonne appena pochi anni fa fosse immerso tutto il giorno nello sclapitio continuo dell'autofficina di papà Angelo, a Rottofreno, provincia di Piacenza. Lavorava lì come meccanico, Fabio, continuando insomma una tradizione di famiglia. Sembrava un destino già scritto, il suo. Ma aveva qualcosa di diverso nel cuore, una passione che gli ardeva dentro. Quella per la cucina.

Ritroviamo oggi Fabio, classe 1977, in tutt'altro ambiente: silenzio, natura, un casolare isolato tra i dolci pendii del Piacentino. Ci si arriva percorrendo strade sinuose, godibili. Appena superato il paesino di Agazzano, sulla destra si scorge una cascina, con tanto di fienile e giardino, solitario, quasi in cima a una piccola collinetta, a mo’ di belvedere. Proprio questa posizione, così aperta e libera, ha suggerito il nome di Belrespiro. È un luogo di ristoro fuori dagli schemi: in cucina il nostro Fabio, in sala Chiara Beretta, classe 1983. Coppia sul lavoro come nella vita, da undici anni; marito e moglie (lei lavorava nel settore della logistica). Perfetti sognatori concreti e coraggiosi.

Belrespiro

Belrespiro

Nulla nasce per caso. L'amore di Fabio Delledonne per i fornelli era stato alimentato come fiamma viva da mamma Francesca. Da lei aveva imparato mille e più segreti per le ricette della tradizione, cioè i solidi pilastri propedeutici a nuove future creazioni tutte sue (Chiara: «A dirla tutta, quando ho conosciuto Fabio ai fornelli ero sempre io, lui non cucinava nemmeno una pasta in bianco. Poi abbiamo iniziato, insieme, col pane...»). Da lì era sorto tutto il resto: prima le cene conviviali con gli amici, poi le tavolate sempre più grandi... I complimenti, «Fabio sei bravissimo, perché non apri un locale tutto tuo?» ed ecco insinuarsi l'idea vivifica. Cambiare vita: mollare il lavoro in officina per aprire un luogo per far star bene sé e gli altri. Chiara lo ha assecondato, scommettendo sulla stessa missione, «siam partiti sfruttando le mezze giornate libere. Io uscivo dall'ufficio, lui dall'officina, nelle serate tra giovedì e domenica, e ci mettevamo a spignattare».

Coppola sempre in testa, sorriso sornione e baffo onnipresente, Fabio sembra uscito da un film anni 70: «Il mio motto è “cucina sincera”, cioè preparo quello che mi spinge a fare il cuore, quello che mi piace, senza compromessi. Uso quello che c’è, giocando con la stagionalità per le verdure». È autodidatta totale, se si eccettua un passaggio da Diego Rossi. Viaggia con la mente, intuisce per associazione d'idee: la bomba di riso si trasforma in un arancino al piccione, i pisarei e faśö incontrano il pane burro e acciughe, il ragù italiano fa crasi col mole messicano. La tradizione locale e lo sguardo sul mondo. Il suo eclettismo è puro godimento, funzionale a una continua sperimentazione, che prima di tutto diverte e stimola lui. È un cuoco senza schemi fissi, a cui piace cambiare il menu spesso, proprio per vivere appieno quel rispetto della materia prima di cui tutti parlano: è un po’ un “nobile zingaro” della cucina, con uno spirito gitano, che rilancia mille e più culture. Lo stile rimanda a tutto e a nulla. Nel senso: è libero dagli schemi, non c'è una scuola di riferimento, tutto è lasciato all'istinto, al piacere, a una creatività fertile e giocosa che può declinarsi in mille modi diversi, puro convivio, che sia una fetta di salame - ma di quello buono, eh - o un ramen che ammicca al territorio.

Chiara Beretta e Fabio Delledonne

Chiara Beretta e Fabio Delledonne

La crescita tecnica si tocca con il recupero di cotture ancestrali quasi dimenticate, che sono diventate scheletro della proposta gastronomica del Belrespiro: metodo trapper, lenta cottura interrata con la cenere, brace in tutte le declinazioni, cotture “da lontano”. Tutto però è cominciato con il fuoco del forno a legna, perfetto legante tra tradizione e creatività, fulcro della “cucina sincera” che si assapora qui.

La varietà di piatti sfornati è tale da poter creare un menu tranquillamente solo “a legna”: pane, batarò (tipico pane rigonfio piacentino, ormai quasi scomparso, da farcire con salumi o altro), sformato di anolini (chiamato Pastisona, sfruttando un simpatico epiteto dialettale), arrosti e persino dolci (sfogliatine glassate, meringhe).

Noi abbiamo incontrato la cucina di Fabio Delledonne in due diverse occasioni, una "normale" e l'altra "speciale". Iniziamo da quest'ultima: forte della collaborazione con Michele Varvara (qui un suo ritratto) e il suo Varvara - fratelli di carne in Puglia, lo chef organizza periodicamente una serata “solo fuoco”, in cui al Belrespiro si cuoce con le fiamme vive e si rinuncia, il più possibile, a gas ed elettricità. Protagonista è ogni taglio di carne possibile: non solo i più pregiati, ma anche i meno conosciuti ma non per questo da scartare.

La griglia per la serata "solo fuoco"...

La griglia per la serata "solo fuoco"...

...e la sala del Belrespiro a lume di candela

...e la sala del Belrespiro a lume di candela

La sala si veste del giallo vivo delle candele, il giardino odora di fieno e brace, le cotture richiedono più tempo e più dedizione. Non c’è solo carne, ma anche una forte presenza di verdure, elevate a portate principali e viste non solo come contorni. Il Kebab di finocchi è un tributo vegetale a Varvara, partendo dallo stile turco, cioè dallo spiedone orizzontale, che ricorda anche lo spiedo bresciano, in una continua associazione d'idee. I finocchi alla brace vengono spennellati con burro per poi essere tagliati finemente e serviti con beurre blanc e peperone crusco, come omaggio alla Puglia, più la salsiccia a punta di coltello prodotta da Varvara. Il calore della brace morente ha pure abbrustolito l’Indivia caramellata con un miso di ceci e rosa antica (dal sapore che ricorda i crostacei, in rimando al Noma e al piatto Crostacei e rose), impreziosita con un crumble di ciccioli, per sottolineare, con una “botta” di sapidità festosa, che si è pur sempre a Piacenza.

Kebab di finocchi spennellati con burro per poi essere tagliati finemente e serviti con beurre blanc e peperone crusco, come omaggio alla Puglia. L’affumicato della brace è lieve, avvolto dalla grassezza del beurre blanc e dalla spinta concentrata del crusco, per un umami inedito. Commenta Fabio: «Tante idee di cucina e tante culture confluiscono in un unico piatto, che a sua volta si ispira ai finocchi al burro che preparavano le nostre mamme, con un’unica idea di fondo: unire una sensazione di casa a un viaggio, per regalare un’esperienza inedita»

Kebab di finocchi spennellati con burro per poi essere tagliati finemente e serviti con beurre blanc e peperone crusco, come omaggio alla Puglia. Laffumicato della brace è lieve, avvolto dalla grassezza del beurre blanc e dalla spinta concentrata del crusco, per un umami inedito. Commenta Fabio: «Tante idee di cucina e tante culture confluiscono in un unico piatto, che a sua volta si ispira ai finocchi al burro che preparavano le nostre mamme, con un’unica idea di fondo: unire una sensazione di casa a un viaggio, per regalare un’esperienza inedita»

Indivia caramellata con un miso di ceci, rosa antica, crumble di ciccioli

Indivia caramellata con un miso di ceci, rosa antica, crumble di ciccioli

Ostrica Tsarskaya e sashimi di spalla di pecora

Ostrica Tsarskaya e sashimi di spalla di pecora

L’Ostrica Tsarskaya invece è un gioco dell’illusione: figlia del mare, di solito eletta a cibo di lusso, in questo caso è un catalizzatore che esalta la vera protagonista del piatto, cioè la pecora di Varvara. È questa carne, davvero tanto rara e preziosa, il vero lusso. Il guscio contiene l’ostrica e una fettina di sashimi di spalla di pecora, flambata con il suo grasso, e condita con la sola acqua del mollusco: non viene addizionato altro. I ritagli della spalla sono serviti come side nel piatto, con rafano e ruta, per contrastare un poco la dolcezza della carne.

La voglia di giocare resta accesa, sfociando nell’Asado di pancia di vacca Jersey: è taglio molto complicato da fare arrosto ed è solitamente prediletto per i bolliti o come carne da brodo. Fabione vuole, anche qui, invertire la tendenza, puntando sulla cottura come un asado; coccola ancora di più questo arrosto, rimasto sulla brace tutto il pomeriggio, per permettere al grasso di sciogliersi. Il contorno completa: barbabietole cotte nello stesso fuoco, condite con aceto di sidro (prodotto con le mele di Biofilia, giovane azienda agricola di Gropparello), fiori di sambuco marinati nel sidro, petali di rosa antica e una salsa realizzata con il fondo dello stracotto usato per il ripieno degli anolini. Anche qui, pur viaggiando tantissimo con la mente e il gusto, il richiamo dei sapori di casa è sempre presente.

Asado di pancia di vacca Jersey, barbabietole all'aceto di sidro, fiori di sambuco marinati nel sidro, petali di rosa antica e salsa di fondo dello stracotto

Asado di pancia di vacca Jersey, barbabietole all'aceto di sidro, fiori di sambuco marinati nel sidro, petali di rosa antica e salsa di fondo dello stracotto

Sukiyaki di controfiletto di podolica

Sukiyaki di controfiletto di podolica

Il capolavoro viene dopo: Sukiyaki di controfiletto di podolica, partendo anche qui da un’associazione di idee semplicissima, l’unione di carne e uovo. Si fondono tante suggestioni: il ricordo di una tartare alla francese, quello del gesto del terminare la salsa della bagna cauda avanzata con l’uovo, e il rimando alla cultura giapponese della carne servita in brodo. Una ciotola di terracotta accoglie delle fettine di carne cotte in sospensione, cioè da lontano, con un tuorlo, verdure di stagione (asparagi e cipollotti), funghi cardoncelli lattofermentati saltati in padella. Il tutto è irrorato generosamente da un brodo che, da solo, varrebbe la degustazione intera: base di salsa shoyu, elaborata da Fabio con roveja (pisello selvatico), farina di enkir (un grano antichissimo), vino Malvasia de La Stoppa, vino Fiocco di Rose di Lusenti e miele. Il risultato va oltre ogni immaginazione: è Piacenza che parla giapponese.

Sfogliatina di pasta di pane e crema chantilly

Sfogliatina di pasta di pane e crema chantilly

Ma il dolce finale? Si plana su una pista ben conosciuta: la cottura col forno a legna. Attenzione però: la Sfogliatina di pasta di pane, con tanto burro “inside” e caramellata con miele piacentino, è veramente difficile da cuocere così, a legna, appunto. Fabio ci ha messo circa un anno per perfezionarla e ora è il dessert che non può mai mancare dalla carta, con anche un tocco di crema chantilly profumata al cardamomo: coccola vera.

Di seguito vi raccontiamo invece, foto dopo foto, un pasto "standard" al Belrespiro, le foto sono di Tanio Liotta. Con un'avvertenza: il menu, come detto, cambia spesso, in questo angolo magico della Val Luretta.

I salumi stagionati e la sfogliatina

I salumi stagionati e la sfogliatina

La nostra giardiniera

La nostra giardiniera

Diaframma e midollo

Diaframma e midollo

Animella di vitello alla plancia, emulsione di funghi, fiori di sambuco in agro

Animella di vitello alla plancia, emulsione di funghi, fiori di sambuco in agro

Arancino con ragù di pecora e fonduta di Parmigiano Reggiano 30 mesi

Arancino con ragù di pecora e fonduta di Parmigiano Reggiano 30 mesi

Pisarei, emulsione di burro agrumato, acciughe masculina da magghia, crumble di ciccioli

Pisarei, emulsione di burro agrumato, acciughe masculina da magghia, crumble di ciccioli

Il ramen del Belrespiro

Il ramen del Belrespiro

Crostone con ragù di frattaglie di piccione

Crostone con ragù di frattaglie di piccione

Cavolfiore asado, emulsione di acciughe

Cavolfiore asado, emulsione di acciughe

Pancia di suino nero lucano alla brace, polenta fritta e cime di rapa

Pancia di suino nero lucano alla brace, polenta fritta e cime di rapa

Anolini in brodo di cappone

Anolini in brodo di cappone

Bombolone alla crema pasticcera

Bombolone alla crema pasticcera


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

di

Luca Farina e Carlo Passera

Luca, piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88.
Carlo, classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it. Instagram: carlopassera

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