La forza di Domenico Candela sta nella complessità strutturata di uno stile che - poiché lo chef è ancora giovane, classe 1986 - non solo può vantare un'identità già sviluppata e in generale assai interessante, ma (anzi: forse ancor più) promette ulteriori evoluzioni future. È insomma fertile: siamo all'interno di un percorso fruttifero che dà parecchio fin d'ora e tanto altro può ancora regalare, nel continuo processo di acquisizione di consapevolezza propria dei professionisti intelligenti, determinati e ispirati, quale Candela è appieno, almeno ai nostri occhi.
D'altra parte, la "Napoli diversa" dello chef del
George - il ristorante gourmet aperto a luglio 2018 al sesto piano del
Grand Hotel Parker’s, lo storico cinque stelle lusso di Napoli, accoglienza dal 1870 con vista magnifica - deriva dalla sua biografia. Lui è tornato nel capoluogo campano, sua terra d'origine, nel gennaio 2018, proprio per il
George. Per il resto, tante le sue esperienze, concentrate soprattutto su due filoni. C'è quello che comprende
Antonio Guida a I
l Pellicano, poi
Stefano Mazzone al
Grand Hotel Quisisana di Capri,
Damiano Nigro al
Villa d’Amelia e
Enrico Bartolini al
Devero; per contro registriamo anche
Alain Solivérès al famoso
Le Taillevent di Parigi; e l'altrettanto celebre
Pavillion Ledoyen con
Yannich Alléno. Da una parte dunque la Francia, che si sente tutta; dall'altra un'italianità che profuma soprattutto di Mediterraneo.

Omaggio ad Alain Solivérès, una delle tappe della carriera di Candela: turbante di spaghetti di Gragnano con astice blu bretone finocchio e caviale oscietra
Sembrerebbe una lezione già scritta, vien in mente
Antonino Cannavacciuolo. Ma
Candela è della generazione successiva, con tutti i pregi che questo significa: così innesta su queste fondamenta solide altre influenze, soprattutto orientali, che arricchiscono ulteriormente il suo bagaglio. Pensiamo a
Flavours of freedom, ossia (buonissimi) noodles di grano arso con granciporro, finger lime, latte di cocco e curry verde thai; oppure a
Ostrica, pesto di sesamo e alghe, finocchio di mare, sorbetto al cetriolo, estratto di shibazuke (specialità di Kyoto, viene prodotto fermentando le melanzane tenere assieme allo shiso rosso) accompagnati da
Melanzane shabu shabu, aceto e cetriolo, sempre altissimi livelli; e a
Asparago bianco di Bassano, mandorle in varie consistenze, Verjus di Charente, uva, mizuna e cappero...

Flavours of freedom, ossia noodles di grano arso, granciporro, acidità di finger lime e salsa al latte di cocco e curry verde thai
E ancora:
Scampi arrostiti con foglie di ciliegio e crosta di sale con ciliegie del monte Somma macerate in aceto di sambuco, cardamomo, coriandolo, pepi, olio al dragoncello e olio al prezzemolo, in accompagnamento
Consommé tiepido di chele ai fiori di sambuco e pepe di Timut; poi
Risotto cotto in estrazione di peperoni bruciati, crema di jalapeño fermentato, sardina affumicata, bagna cauda leggera; e infine il nostro piatto del viaggio, spettacolare, si chiama
17 febbraio 2014, ovvero scaloppa di foie gras delle Landes alla plancia, carote al Lagavulin, crema di kumquat, salsa di carote al curry di Madras (il piatto si chiama così per celebrare il primo servizio di
Candela con
Antonio Lerro, suo sous al
George: i due si sono incontrati in quella data, ai tempi de
Le Taillevent,
Antonio aveva soli 19 anni, lui commis e
Candela chef de partie. E hanno proseguito la carriera insieme).

Un altro dei nostri assaggi al George: Piccione, il petto e la coscia farcita alla brace, indivia belga cotta in succo di calamansi, guanciale e arachidi salate
Eccellenze, certo, armonie difficili eppure riuscite. E intendiamoci: non è che
tanto (nelle suggestioni, nei rimandi, nella ricchezza, nella complessità aromatica) sia di per sé un bene, perché confina spesso col
troppo, la linea di demarcazione è effimera. A volte consiglieremmo persino un'opera di semplificazione. Ma c'è la mano, ci sono i numeri, c'è lo stile, c'è la mente. C'è, lo ripetiamo, una struttura solidissima, già in parte sedimentata; un'ulteriore tempo di decantazione consentirà - ne siamo a buona ragione certi - di esprimere con ancora maggiore forza e consapevolezza uno stile instradato su un percorso per nulla facile, anzi decisamente complicato, ma che
Candela sente suo, è la sua identità, già gli (e ci) dona ottimi risultati e non potrà che offrire ulteriori soddisfazioni.
Qualcosa di fecondo sta sviluppandosi sempre più a Napoli, al George, sesto piano del Parker’s. Val la pena non perderlo di vista.