26-01-2021
Forme di Montébore stagionano alla Cascina Nerchi, nel Comune di Dernice (Montébore ne è una frazione), provincia di Alessandria. Questo formaggio fino a vent'anni fa era del tutto scomparso, ora è rinato: una storia tutta da raccontare
«Ti porto ad assaggiare un Montébore fantastico», mi dice lo chef Diego Bongiovanni (gran conoscitore di bontà piemontesi che propone nei suoi Sentieri Gastronomici) durante quella scorribanda della quale avevamo già scritto per un'altra eccellenza scovata per l'occasione, leggi In val Curone nella cantina del Cianta, il re dello straordinario salame cucito. Il Montébore, dunque: formaggio bellissimo, buonissimo e rarissimo, almeno fino a pochi anni fa, "Solo due i produttori, è a rischio il presidio Slow food" titolava La Stampa nel 2016. Oggi la situazione è migliorata: sono undici le aziende - perlopiù piccolissime - socie del Consorzio di Tutela Formaggio Montébore, nato nel 2001 per provare a salvare una specialità non tanto in via d'estinzione, ma che dagli anni Ottanta era di fatto già estinta: produzione azzerata (nella prima metà del XX secolo se ne producevano circa 1.200 chili all’anno), "ricetta" rimasta solo nella memoria. Ci volle un attento e lungimirante progetto di filiera, avviato nel 1997, per "resuscitare" il Montébore: venne rintracciata e interrogata l'ultima contadina depositaria della tradizione, Carolina Semino Bracco, ora quasi novantenne, che aveva interrotto l'attività da una ventina d'anni. Da lì la lenta risalita, con la ripresa della produzione a opera inizialmente della sola cooperativa Vallenostra di Mongiardino Ligure, guidata dal benemerito Roberto Grattone, primo artefice della "rinascita".
L'entrata di Cascina Nerchi, ad accoglierci è Andrea Signori
Il panorama di Montébore, frazione dell’attuale comune di Dernice, in provincia di Alessandria, nella Val Curone: un angolo del territorio tortonese lungo l’antica via del sale, tra le valli del torrente Grue e del Borbera. È un territorio collinare, tra i 600 e gli 800 metri sul livello del mare, vocato da sempre all’allevamento: si sfruttavano i pascoli della “comunaglia”, una pratica frequente in molte zone del nostro Paese, che consisteva nell'usufruire dei prati e dei boschi di proprietà comune per il sostentamento delle famiglie rurali
Andrea Signori con la fidanzata Cecilia
Pare che il Montébore possa vantare origini risalenti agli antichi Liguri. Secondo degli studi effetuati da Filippo Maria Gambari, già direttore del Museo delle Civiltà di Roma (è morto per Covid nel novembre scorso) e Marica Venturino, della Sovrintendenza belle arti del Sud Piemonte, a Libarna - città romana che sorgeva sulla via Postumia e oggi sito archeologico vicino a Serravalle Scrivia - si mangiava un formaggio di capra prodotto sui monti limitrofi, in quella che è l’attuale Montébore. Gli studiosi hanno individuato nella Tabula alimentaria traiana rinvenuta nel 1747 a Velleia (l’attuale Lugagnano Val d’Arda nel Piacentino) un riferimento al Pago Eboreo di Libarna, cioè il villaggio di Montebore che al tempo dei Latini era abitato da soldati che vigilavano sulla via del Sale. Un territorio alle dipendenze amministrative di Libarna, posto di guardia per soldati e contadini che allevavano ovini e producevano l’antenato di quel formaggio costituito dalla sovrapposizione di forme di diverso diametro (all’epoca robiole di formaggio di capra), che ricordano tanto i castellari (poggi terrazzati) liguri e pre-romani dai cui abitanti fu forse inventato
Altri formaggi di Cascina Nerchi
C'è un'altra storia che riguarda la curiosa forma del Montébore: anno 1489, a Tortona si tenne il nobile banchetto nuziale di Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza, nipote di Ludovico il Moro. Un solo formaggio fu ammesso: il Montébore. Cerimoniere di corte era Leonardo da Vinci, leggenda vuole che la forma a torta nuziale sia stata ispirata dal genio del Rinascimento.
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Prosegue la collaborazione tra Identità Golose e Consorzio del Parmigiano Reggiano, per la quarta volta insieme al Congresso con Identità di Formaggio
Forme di formaggio come opere d'arte a Cheese