13-03-2018
La Margherita di Carlo Cracco, nel suo nuovo bistrot in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, al piano terra (il ristorante gastronomico è un piano sopra). Le foto sono di Tanio Liotta
Nel gran mare d’idiozie che si sono lette in questi giorni (e per le quali peraltro l’interessato gongola. Tante chiacchiere, altrettanta pubblicità. Alle 20,30, ieri sera, le palline per la pizza erano già finite, mentre la richiesta continuava) una sola cosa è certa: la discussa pizza di Carlo Cracco è buonissima. Ha la piena dignità di chiamarsi con questo nome, senza certe storpiature che pure abbiamo letto. Ne è una versione d’autore, che piaccia (come a noi) o no.
Non è di tradizione napoletana, e non lo vuole peraltro essere - che poi: vi immaginate Cracco sfornare dischi gommosi come un Pasquale Esposito qualsiasi? – Non è peraltro nemmeno una pizza “gastronomica”, “contemporanea”, “alla Padoan”, si scelga pure la formula che più aggrada, anche se qualcosa alla scuola veneta deve: l’impasto è a grandi linee quello, 24 ore di lievitazione con lievito madre e soprattutto una farina ricca di fibre (Petra 9, 100% grano tenero integrale) che rendono la texture croccante all’esterno, morbida all’interno, molto ariosa, leggera, il tutto a vantaggio del gusto – tostato per l’aggiunta di cereali, sapore e profumi intensi di grano - e anche della digeribilità. A dirla tutta, questo impasto è proprio riuscitissimo, goloso, di quelli che ti vien voglia di addentare ancora e ancora.
Il bancone all'ingresso del bistrot
Quindi non una salsa di pummarola acquosa, ma una sua versione concentrata (perciò dal colore più scuro, come anche l’impasto), un San Marzano esplosivo ma bilanciato, armonico tra note dolci e acide, quest’ultime spiccate di loro a fare da contrappeso ai toni tostati tipo crosta di pane della base. Insomma un giusto accoppiamento.
Al palato l’ensemble è molto riuscito, davvero appetitoso. Non dà mai la sensazione di pesantezza; sempre, invece, di godibilità. Protagonisti sono certamente il grano e il pomodoro, con gli altri elementi di contorno. Insomma una versione d’autore, come abbiamo detto: se non si perdesse tempo a polemizzare sterilmente attorno alla figura di Cracco, si dovrebbe apprezzare la sua scelta di inserire nel menu del nuovo bistrot un piatto come questo, così omaggiando la pizza, che richiama l’identità italiana in un luogo cosmopolita quale l’Ottagono meneghino; piatto che peraltro fino a non molti anni fa era scansato dai maggiori chef quasi fosse peste (qui la grande americana Alice Waters ci ha raccontato come volle proporre pizze e si fece installare un forno nel suo mitico Chez Panisse, in California, fine anni Settanta. All’epoca in Italia la cosa non era nemmeno pensabile, a quei livelli).
Abbiamo fatto un salto anche all'ultimo piano, riservato agli eventi...
...e dal quale si gode una vista impareggiabile sulla Galleria
Dato che s’è fatta confusione, ricordiamo: la pizza è servita al piano terra del nuovo locale di Galleria Vittorio Emanuele, non al piano nobile, dove trova sede il ristorante gastronomico. Sotto, al bistrot, oltre alla pizza anche altre sfiziosità, dai lievitati dolci per la colazione del mattino (bancone letteralmente preso d’assalto), alla pausa pranzo e via via, fino alla cena.
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Cotoletta alla milanese
Per finire in dolcezza
Ps: molto divertente questa frase, che copiamo/incolliamo: "Ognuno ha la sua opinione, anche se ritengo l’idea di andare da Cracco per gustarsi una Margherita economica e tradizionale una forma di perversione piuttosto bizzarra" (Alessandro Ricci, papilleclandestine.it)
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera