And the winner is… Se esistesse un Oscar per la miglior pasta, noi lo assegneremmo – diciamo per la categoria “Miglior piatto di pasta dell’estate 2017” – ad Alfonso Crescenzo, chef del Pietramare Natural Food del Praia Art Resort, a Isola di Capo Rizzuto, Crotone. I suoi Tagliolini di pasta fresca all’uovo (farina di grano Senatore Cappelli), tartufo nero uncinato del Pollino, gamberi rossi di Capo Rizzuto, salsa di burro normanno e Parmigiano Reggiano vacche rosse ci hanno fatto letteralmente perdere la testa. Sono stati, peraltro, uno dei picchi – non l’unico - di una cena eccellente in un luogo bellissimo. Lo chef è campano, di Sarno, e ha la pasta nel suo dna: così raggiunge alti livelli anche con gli Spaghettoni di Gragnano cacio e pepe, battuto di triglia, cipolla rossa di Tropea, finocchietto e profumo di sedano (il cacio è un pecorino di Cutro): lussuriosi. La tavola è insomma ottimo motivo per elogiare il Pietramare. Ce ne sono altri.

Alfonso Crescenzo e Giancarlo Marena
Uno è la sala. Dove comanda un fior di professionista,
Giancarlo Marena, classe 1979, gran sommelier a sua volta campano, ma con vasta esperienza internazionale. Oggi si divide tra Italia e New York (dove importa prodotti italiani con la sua
Gmd import); questa vocazione cosmopolita traspare dalla carta dei vini… e non solo, perché in lista vi è anche una novantina di sake, passione personale di
Marena, che li usa anche per fantastici cocktail sia per l’abbinamento a tutto pasto, sia per l’aperitivo iniziale: a noi uno a base di sake tagliato con
Roger (un bitter prodotto nella vicina Montalto), poi liquore a base di sake, ciliegia, mela e whisky giapponese; e un secondo tagliato con bollicine Franciacorta, tè bianco giapponese e fumo dolce.
Poi c’è il luogo.
Praia Art Resort si trova a Praialonga di Isola di Capo Rizzuto, tra incantevoli panorami costieri, di fronte l’orizzonte aperto sul vasto Ionio, attorno la macchia che profuma di mirto e lentischi. La spiaggia è a soli 20 metri, in questi giorni è ancora possibile godersi l’ultimo sole estivo magari sdraiati sulle amache che spuntano dall’acqua, come fossero palafitte. Una perfetta rappresentazione del relax, che va a crescere: l’anno prossimo sarà inaugurata una bella spa, con 10 nuove camere.
Ma torniamo alla cucina. Crescenzo, classe 1978, è uno chef umile e appassionato, «parto sempre dalla tradizione, da nonna e mamma massaie che mi preparavano pasta e patate». La sua prima preoccupazione è quella di «proporre sapori veri da prodotti autentici». E’ al Pietramare dal 2015, dopo un lungo cursus honorum che l’ha portato sue giù per lo Stivale, e non solo: citando alla rinfusa, il Santa Caterina ad Amalfi, il San Pietro a Positano con Alois Vanlangenaeker, Georges Blanc in Francia, Pino Lavarra a Palazzo Sasso di Ravello come sous chef, Tonino Mellino ai Quattro Passi, il Trussardi alla Scala («Gli ultimi 12 giorni di Alfio Ghezzi, e poi Andrea Berton»), Il Rigoletto di Gianni D’Amato, la Terrazza dell'Eden con Enrico Derflingher, il St.Regis a Pechino, «dove ho conosciuto Marena», persino 3 anni a solcare i mari su uno yacht esclusivo della russa Lukoil.

Racconta: «Vengo da una famiglia di agricoltori. Quando si cresce in strada, a Sarno, è facile perdersi. La cucina in qualche modo mi ha salvato. Tornavo da scuola e i miei genitori erano preoccupati, perché loro sudavano nei campi e io avrei potuto fare cattive amicizie, così mi imposero di trovarmi un lavoretto. Lo ricordo bene, era l’anno in cui ho fatto la prima comunione, mi mandarono in una pasticcieria, iniziai a lavare gli utensili ma ero piccolo, avevo difficoltà ad arrivare al lavabo. Prendevo 2mila lire a settimana, ma poco a poco ho imparato la fatica e il mestiere. Non ho mai smesso di lavorare, il pomeriggio e nei giorni di festa, finché sono diventato un professionista».
Ogni tanto torna nella sua Campania, «mi piace confrontarmi con le casalinghe. Il mio sogno è aprire un mio locale proprio a Sarno, un agriturismo, sfidando le difficoltà di una zona così particolare, considerata luogo di contadini ignoranti, quando va bene». Ma in Calabria si trova benissimo, «qui mi confronto con prodotti eccezionali». L’agnello, ed esempio. I vermituri. Il pesce dello Ionio, fantastico. Il pepe rosso. I carciofini selvatici. La cipolla di Tropea, «io ho un piatto in cui l’abbino, stufata, con uovo e sale alla vaniglia. E ci faccio anche la genovese, che risulta diversa, perché la cipolla ramata è più dolce, questa più aromatica». Le patate della Sila, «preparo Pipi e patate, un classico della tradizione».

E ancora: il tartufo fiorone del Pollino, «lo assaggio e dico: come fa una regione che ha queste bontà a non dire ancora la sua?». I gamberi rossi di Capo Rizzuto, «ma anche il violetto eh…». La ‘nduja. Il bergamotto, il cedro e il peperoncino, ci aromatizza anche un delizioso panettone, che abbiamo gustato ad agosto, perché il buono è tale 365 giorni l’anno e d’altra parte: i migliori produttori del dolce meneghino non sono ormai campani, da qualche anno a questa parte? Da salernitano,
Crescenzo pensa che cambiano i prodotti, ma con gli stessi concetti, con le medesime tecniche, comunque racconti il Mediterraneo. «In Calabria non manca nulla». E al
Pietramare si sta benissimo.