Dice Mauro Uliassi che non si sente affatto un maestro: «Non mi va di dire cosa si debba fare per la cucina italiana: a che titolo dovrei indicare una strada? Ognuno deve trovare la propria». Dice però Mauro Uliassi che qualche stella polare bisogna pur individuarla: «Autenticità, semplicità. E ristorante pieno». Lavora così nel suo locale adagiato sul lungomare di Senigallia. Al termine di una cena di gran livello (la raccontiamo nella fotogallery, gli scatti sono di Tanio Liotta) ci accomodiamo con lui, sul tavolo una bottiglia di acqua minerale. E’ il momento del racconto, lo riassumiamo in pillole di saggezza.
CRESCERE - «La crescita è qualcosa che è dentro di te. Significa andare a guardare cosa c’è dietro la siepe. Studiare, apportare cambiamenti ma sempre legati a ciò che ti circonda. Noi siamo in questa fase: vogliamo crescere, siamo concentrati sulla ricerca della perfezione. Per ottenere le tre stelle? Anche, come negarlo. Stiamo gareggiando, magari non ci riusciremo mai, ma siamo comunque felici».
LA VISIONE - «Credo che vi siano due momenti. Il primo è quello in cui ci troviamo ora noi, lo dicevo prima: ci preoccupiamo del qui e dell’adesso, per costruire il nostro futuro. Siamo impegnati a migliorarci. Se decidessimo che va bene così, che abbiamo centrato l’obiettivo, potremmo pensare a come allargare la nostra visione, a come intraprendere altri progetti. Ma non ci basta ancora quello che siamo, e allora lavoriamo per perfezionarci». Lo strumento è il
brain-sailing di gruppo, «cinque persone che per un mese, prima della riapertura primaverile,
veleggiano con la mente, per discutere di ciò che faremo» e partoriscono così il
Lab, il menu creativo, mentre altre cinque sono impegnate nella manutenzione della struttura. Una sorta di palingenesi annuale, un momento di vivificante, periodica rinascita.
NIKO ROMITO - «Poi c’è il secondo momento, quello di chi ha fatto il passo in più. Prendiamo Niko Romito, ad esempio: in pochi anni ha ottenuto un successo straordinario, bruciando le tappe. Ha investito 3 milioni di euro in un momento difficile, di crisi economica, e così si è posto in una dimensione superiore, l’ulteriore fase della quale dicevo, la stessa che noi potremmo ricercare quando finiremo di occuparci del presente, quando saremo arrivati. Niko ha creato le basi che gli consentono di dedicarsi anche ad altri progetti. Può vedere le cose con più ampiezza. Noi no, non ancora».
LE STELLE POLARI - «La cucina italiana credo non debba mai dimenticare due parametri fondamentali. Innanzitutto l’autenticità: bisogna sempre rimanere all’interno del proprio contesto. Nei piatti deve esserci il qui, la verità: nessuna posa, ma un nucleo forte che esprima la passione che muove lo chef. Poi la semplicità: bisogna proporre qualcosa che sia sempre riconoscibile, che tenga conto del
food cost e della reperibilità della materia prima. Sono i binari lungo i quali ci muoviamo».
LA CUCINA PARTE DAL BASSO - «L’anima della cucina è popolare, da questa devono partire i ragazzi di 20 anni che vogliono intreprendere questo mestiere. Devono preparare piatti per la gente del posto. Imparino a cucinare delle grandi tagliatelle al ragù: la gente riempirà il ristorante ed è la premessa per tutto, per l’emancipazione. Poi verranno i viaggi, e coi viaggi nuove esperienze, magari la scoperta di come fanno le tagliatelle in Giappone. E’ uno stadio successivo, per raggiungerlo occorre tempo».

Uliassi con Massimo Bottura
MASSIMO BOTTURA - «E’ un mito. Un grandissimo chef e un ottimo comunicatore. Ma è inimitabile, unico, chi tenta di battere la stessa strada cade nel manierismo. Perché non ha al suo fianco
Lara (
Gilmore, la moglie,
ndr), perché non ha passato metà della sua vita tra Modena e New York, perché non sa bene l’inglese come lui. Ci troviamo a volte insieme a eventi con la stampa internazionale, noi balbettiamo qualche parola stentorea, con l’aiuto dell’interprete; lui è fluente, un narratore accattivante, crea empatia, i giornalisti iniziano a dialogare con lui e per noi è finita».

Identità 2006: Cedroni, Scabin, Bottura, Uliassi, Marchi, Cracco e Leemann
LA FOTO A IDENTITA’ GOLOSE - «C’è questa famosa foto, a
Identità Milano 2006. Siamo ritratti io,
Cedroni, Scabin, Bottura, Cracco e
Leemann, oltre a
Paolo Marchi.
Alajmo era appena andato via. Ecco, io sono il più vecchio tra gli chef di quella generazione, sono nato negli anni Cinquanta, il decennio dei marchesiani che hanno furoreggiato a fine secolo - i
Corelli, i
Pierangelini, i
Vissani – e poi sono stati avvicendati dall’ondata successiva. Ma nella foto non sono un intruso, perché mi sono trovato a condividere l’affermazione di quel gruppo che era riunito a
Identità: avevo iniziato tardi, dovevo ancora crescere, mi sono collegato a loro. Oggi si affaccia anche la generazione successiva: penso a
Enrico Bartolini, a
Piergiorgio Parini…»
GENIUS LOCI – «Senigallia è un luogo pieno di energia. Questo dove ci troviamo in particolare: il fiume Misa qui accanto, la
spiaggia di velluto dinnanzi, poi il molo, il porto, la città: diversi elementi che interagiscono col mare e regalano sempre odori diversi, cambiano se c’è il sole o la nebbia, se è estate o inverno. Poi Senigallia è geograficamente perfetta: si trova al centro, a 40 minuti da cinque regioni diverse. Si passa da qui sempre».

Uliassi con Moreno Cedroni
MORENO CEDRONI - «Tale felice disposizione geografica ha consentito a Senigallia di reggere due ristoranti di livello, il mio e quello di
Moreno Cedroni. L’altro fattore che ci ha fatto crescere è stata proprio l’utile competizione tra noi.
Moreno è partito prima, per noi è stato un punto di riferimento. Ricordo quando mi capitava di avere il ristorante mezzo vuoto: mandavo un ragazzo in bici a guardare cosa accadesse alla
Madonnina del Pescatore: se c’era poca gente anche lì mi tranquillizzavo, voleva dire che la serata era un po' morta per tutti; altrimenti mi domandavo cosa stessi sbagliando. So già che, quando smetteremo di lavorare in cucina, io e
Moreno ci ritroveremo a cenare insieme, da qualche parte. Da buoni amici quali siamo».