Chi scrive conosce la cucina di Enrico Bartolini dal 2005. Ebbi la fortuna di capitare quasi per caso nel suo primo indirizzo da protagonista, Le Robinie di Montescano, in Oltrepo Pavese, scoprendo in una memorabile serata che durò fino a notte fonda – con un’improvvisata scaloppa di foie gras saltata in padella con alcune pesche recuperate lì per lì, il nuovo giorno iniziato ormai da parecchio - il talento cristallino di uno chef “che avrebbe fatto strada”, come si suole dire. Di strada da allora, infatti Bartolini ne ha fatta davvero parecchia, il pronostico era persino troppo facile. Eppure molti nel mondo del food (che brutta espressione) storsero il naso quando nella scorsa primavera lo chef toscano lasciò il Devero, dove aveva conquistato le due stelle, e s’imbarcò col suo gruppo in tre nuove avventure praticamente in contemporanea, quella al Mudec di Milano, ristorante gastronomico con annesso bistrot tre piani sotto; quella a Bergamo con Casual; quella dell’Andana a Castiglione della Pescaia (ne abbiamo parlato qui). Più recentemente si è anche aggiunto il Glam a Venezia (leggi qui). «Troppo», si è sussurrato, pensando anche alle consulenze in giro per il mondo.

La sala di Enrico Bartolini al Mudec
Siamo stati da
Bartolini al
Mudec nei giorni scorsi. E vi abbiamo gustato di hygran lunga la più strutturata cena tra tutte quelle – parecchie, e sempre di elevata qualità – che ci ha preparato negli anni. Quasi nessun fuori carta, niente effetti speciali; lo chef era reduce da una trasferta a Giacarta, ci ha salutato con la consueta brillante calma ironica, ma era stanchissimo, ha orchestrato per un po’ la cucina, quindi si è silentemente ritirato per il meritato riposo. Voglio dire: ha messo in mostra non il talento della sua mano, nessuna dedizione speciale, ma la virtù della sua organizzazione, di uno staff affiatato – ai fornelli
Remo Capitaneo e brigata, in sala
Sebastien Ferrara e staff – che sa sempre cosa fare, gestisce le situazioni al meglio e potrebbe replicare l’incanto che ci è giunto al tavolo ancora e ancora, senza problemi. Una macchina che funziona a meraviglia.
“Struttura”, l’abbiamo anticipato qualche riga fa, è la parola chiave. La si riscontra imponente nei piatti, mai così maturi eppure moderni, capaci oggi di giocare con l’alternanza tra proposte che il giovanotto 37enne può già annoverare tra i suoi grandi classici e le nuove creazioni, che tradiscono un’eleganza sofisticata, una capacità straordinaria di dominare i gusti in perfetto, stratificato equilibrio. La si ritrova nelle scelte stilistiche, come quella di definire sempre in carta una sorta di tandem aromatico, con l’elemento principale al centro di una prima preparazione, cui è abbinata una seconda, che ne completa lo spettro gustativo: così la
Ventresca di tonno e dintorni s’abbina a
Calamaretti in brodo, mela verde e salicornia; al
Carpaccio di capesante, nocciole piemontesi, topinambur e limone arrostito segue un
Crostino di lumachine di mare, e così via, in combinazioni davvero di altissima cucina, e che sono anche divertenti, oltre che intriganti.

Ravioli di arachidi toscane, ricci di mare e ristretto di pollo ruspante: favolosi
Abbiamo fatto l’esempio di due piatti di mare, che sono anche antipasti. Perché il menu prevede la materia ittica all’inizio, poi i “primi piatti contemporanei”, quindi le carni, ma è certo possibile chiedere un antipasto ittico come seconda portata, perché è più che sufficientemente strutturato, appunto. Se invece si segue il copione, ecco un capolavoro, a noi è toccato il piccione: prima il suo petto con tre salse diverse (di capperi, di uva americana, di fegatini, poi il fondo del piccione stesso), quasi tre piatti in uno; quindi il filetto praticamente a crudo; infine l’apoteosi,
Coscia del piccione, rabarbaro, paté di fegatini e salsa di cereali e cioccolato bianco, da sballo, golosità e armonia insieme.
Non abbiamo parlato dei primi: già conoscevamo un cavallo di battaglia di Bartolini, Bottoni di olio e lime con salsa di caciucco, che richiamano le sue origini toscane. Persino superiori per compostezza austera sono i Ravioli di arachidi toscane, ricci di mare e ristretto di pollo ruspante. E’ paradossale dirlo, se si considera quanto gli ingredienti siano muscolosi, invadenti: eppure raggiungono bilanciamento nobile e perfetto, da grande maestro.
Tutto a gonfie vele dunque? Quasi. La parte dolce del pasto è almeno un gradino sotto al resto. D’altra parte la collaborazione con il pastry chef Antonino Maresca è iniziata solo da pochi mesi, «fatece lavorà» (questo è un virgolettato non attribuibile, anzi inventato. Bartolini non parla così).