«Questo non è semplicemente un libro di ricette di selvaggina... Questo libro vuole dimostrare che c'è interesse per un mondo che oggi è ingiustamente bistrattato e relegato a semplici ricordi della tradizione»: nelle prime righe della sua introduzione, Michele Milani presenta in modo chiaro e diretto l'intenzione del libro Selvatica, uscito oggi, venerdì 10 novembre, per EDT.
Milani, piacentino classe 1972, con un passato da pubblicitario e un presente da cacciatore - cuoco - contadino (ma aveva anche partecipato come investitore e socio nel progetto QB di Davide Scabin al Mercato Centrale di Torino), non è nuovo ai libri dedicati alla selvaggina: nel 2015 per l'editore MiCom aveva pubblicato infatti Storie di caccia e di cucina, con una cinquantina di ricette, e nel 2016 sempre per MiCom era uscito La caccia di Igles e dei suoi amici, firmato insieme allo chef Igles Corelli, con la partecipazione di 25 altri personaggi di spicco della cucina d'autore italiana, ormai introvabile.
Selvatica è, in buona sostanza, la riedizione di quest'ultimo lavoro, che conserva le 35 ricette originali (dieci di
Corelli e una ciascuno per chef come
Bottura,
Uliassi,
Cedroni,
Petza,
Tassa,
Beck,
Crippa,
Léveillé,
Perbellini,
Baiocco,
Scabin,
Mazzocchi...), ciascuna illustrata da bellissime foto a cura di
Davide Dutto. Accompagnate infine da altri testi, come appunto l'introduzione citata in apertura di questo articolo.

Una delle ricette di Igles Corelli

Massimo Bottura fotografato da Davide Dutto con l'allora sous chef dell'Osteria Francescana, Takahiko Kondo
In cui non è difficile intuire il carattere netto, animato da sincera passione, dell'autore. Che da un lato si rammarica del «paradosso tutto italiano» per il quale certe carni di selvaggina, a causa delle leggi che le regolano, non sono più disponibili sul mercato della ristorazione. Germani, alzavole, beccacce, tortore: «dobbiamo tornare ad averne disponibilità per le loro cucine, in modo regolare, senza nasconderci dietro a ipocrisia e ignoranza», scrive
Milani. Dall'altro lato rivendica che la valorizzazione di queste carni possa «diventare una risorsa per la promozione di un territorio che rischia l'abbandono anche per l'insostenibilità di un'economia agricola tradizionale».
Oggi l'autore di Selvatica si impegna molto direttamente sul territorio con un progetto che si chiama The Gardener, affiancato dal figlio Jacopo. Venti ettari di terreno in Val Luretta, tra Emilia Romagna, Lombardia e Liguria, in cui prendersi cura della terra e applicare un approccio antico alle coltivazioni: piante da siepe, grani autoctoni, erbe aromatiche, piante da orto e da frutto. Tutte scelte che offrono indici di produttività sicuramente non competitivi con l'agricoltura intensiva, ma che assicurano una qualità diversa, superiore, non solo al palato.

Un'altra fotografia di Davide Dutto dalle pagine di Selvatica
E poi la caccia, la passione che interpreta con un'integrità e un rispetto per le regole e le leggi che egli stesso riconosce che «solo una piccola percentuale di cacciatori conserva, purtroppo». Con questi ingredienti organizza il servizio di
home restaurant: per ora un unico tavolo da prenotare in anticipo, scegliendo tra tre possibili menu. Ci riserviamo, con grande curiosità, di andarlo a provare molto presto, per raccontarlo ai nostri lettori.
Intanto abbiamo avuto la possibilità, durante una presentazione del libro Selvatica uscito con EDT, di assaggiare alcuni dei suoi piatti. Non ce ne vorrà sicuramente l'appassionato di caccia se diremo che la memoria della sua Insalata selvatica (accompagnata da una buonissima carne salata di cervo) è ancora vivissima. Come dovrebbe essere sempre un'insalata: vivace e sorprendente, con ogni boccone diverso dall'altro, tra croccantezze e accenni amaricanti, piccole esplosioni di freschezza e improvvise dolcezze.

Insalata selvatica e carne salata di cervo
La sua
Tartare di daino, piatto preparato anche in una cena omaggio al
Trigabolo dell'amico
Igles Corelli, accompagnata semplicemente da una crème fraîche con erbe aromatiche, è una dimostrazione di quanto il famigerato "sapore di selvatico" sia soltanto la dimostrazione dell'imperizia di chi ha cacciato e preparato la carne. Se infatti la pratica venatoria si interpreta in modo responsabile, evitando di stressare e far soffrire l'animale cacciato, le sue carni risultano prive di quei sapori forti e invasivi. Ma non solo: come scrive il medico veterinario dell'Azienda AUSL di Bologna
Roberto Barbani sulle pagine di
Selvatica, le carni degli animali selvatici sono nutrizionalmente le più preziose per l'alimentazione umana: scarsissime quantità di grassi, ottimo rapporti tra acidi grassi polinsaturi omega-6 e omega-3, nessun residuo farmacologico dovuto ai trattamenti terapeutici, frequentissimi invece negli allevamenti intensivi.

Isa Mazzocchi e il suo Pasticcio di pernici alla piacentina
Le carni di selvaggina sono poi una materia straordinaria per far affiorare ricette antiche, strettamente legate alla cultura popolare dei territori italiani:
Isa Mazzocchi, chef de
La Palta di Borgonovo Val Tidone (Piacenza), in questa occasione speciale ha portato in tavola un
Pasticcio di pernici alla piacentina da urlo, proponendo una ricetta che lei ha imparato dalla madre. «E' un involucro di pasta frolla - ha spiegato
Mazzocchi - che mia mamma chiamava "magra", perché ci sono meno uova e meno burro, che contiene dei maccheroncini che nella ricetta tradizionale venivano conditi con il piccione, mentre in questo caso abbiamo usato le pernici». Accompagnando poi il piatto, dal piacevole tono dolce tipico di queste antiche preparazioni, con un brodo di pernice ed erbe che assomigliava molto a un elisir di lunga vita.

Carrè di capriolo in crosta di arachidi con erbe di campo

Isa Mazzocchi e Michele Milani
Non è stato da meno il
Carrè di capriolo in crosta di arachidi con erbe di campo, preparato ancora da
Isa Mazzocchi per celebrare l'uscita del libro dell'amico
Michele Milani. Dei cui progetti, come promesso, torneremo a parlare presto.