È appena uscito, per i tipi di Giunti, “Imparare l’arte del foraging”, un libro che non andrebbe letto una volta sola, ma consultato di frequente per la miriade d’informazioni preziose che dà. Il lettore cui si rivolge è il forager, un termine così di moda che di recente ha battezzato anche un videogame. Il foraggiere (in italiano desueto) è quella persona che ha scelto di imboccare il senso opposto all’inesorabile urbanizzazione dei nostri tempi, l’avventuriere che fugge la città (ma non necessariamente, vedremo) per andare a “conoscere, raccogliere e cucinare” il cibo spontaneo.
Nell’ultimo decennio la pratica è stata portata in auge dal cuoco Rene Redzepi e dalla scuola nordica in generale. In realtà, l'esercizio è vecchio come il mondo e si chiama alimurgia. Ce lo ricorda ogni volta Valeria Margherita Mosca, autrice del libro, una professionista che se ne occupa in modo così sistematico e da così tanto tempo che la sua autorevolezza ha ampiamente travalicato i nostri confini.
Il volume (384 pagine, 29 euro) include le schede di circa 150 tra erbe, fiori, arbusti, alberi, frutti, funghi, licheni, alghe, molluschi. E' un mondo parallelo, un sottosopra popolato da millefogli d’acqua comune, funghi rugosi, felci aquiline, noci di parinari sprucei, farinelli, vertebrate lanose, pali verdi e numerosi altri esemplari commestibili che quasi mai assumiamo nelle nostre diete, sempre più decise dalle grandi industrie e non dal buon senso o tantomeno dal gusto per la scoperta. Certo, occorre molta cautela nell’esplorazione - è sottolineato saggiamente all’inizio del volume – perché sotto il suo manto la natura può celare anche insidie incommestibili, spore e sostanze velenose.

Particolare di copertina. Il libro, prefazione di Enrico Vignoli, si può acquistare anche online scontato sul sito di Giunti
Non è quindi affare da affrontare sotto gamba, nemmeno da un punto di vista etico: è il motivo per cui il libro raccomanda pure una serie di comportamenti da sapere per non devastare l’ambiente (tipo: «Staccare parti di corteccia e di corteccia interna solo da alberi abbattuti o caduti per cause naturali» oppure «Cercare di mantenere queste risorse selvatiche intatte: sono parte della nostra ricchezza e del nostro futuro»).
Assunte le necessarie accortezze, il viaggio può svilupparsi verso tutti gli ecosistemi del pianeta terra, nessuno escluso. Che poi sono gli
habitat in cui il libro è suddiviso:
mare e costa,
acqua dolce, prateria temperata, foresta temperata, foresta boreale, foresta mediterranea, montagna, tundra alpina e artica, foresta pluviale, persino il
deserto o le città con la sezione
urban foraging e campi incolti perché anche tra le rovine di Roma, apprendiamo, si possono cogliere
spini di giuda da cui ricavare un ottimo succo, simile a quello dei piselli; o la corteccia dei
partenocissi rampicanti, che possiamo polverizzare per ricavarne una farina.

Valeria Margherita Mosca è anche fondatrice del laboratorio Wood*ing wild food lab
Conclude il libro una piccola postfazione di ricette e preparazioni, utili perché danno direttive importanti per evitare l’uso scriteriato (principalmente estetico) che viene fatto, per esempio coi fiori eduli, nell’alta ristorazione. L’enciclopedia del foraging include le belle foto di
Richard Felderer, illustrazioni precise dei cibi colti e geo-mappe che indicano con esattezza i punti del globo in cui prelevare un
agrifoglio, un
bunchberry o un
zigolo infestante. Buona esplorazione.