Apre il centro commerciale in periferia e ci piazzano dentro (o appena fuori) l’hamburgerificio. Chiude la tintoria, subentra l’hamburger gourmet. Inaugurano il nuovo sito internet di gastronomia e via subito con la top ten dei migliori hamburger in town. E se fosse tutta fuffa?
Se lo domanda giustamente da un po’ Cesare Battisti, chef del Ratanà di Milano, per il quale già nelle sue radici popolari «L’hamburger è un’espressione di non-cucina: carnaccia trita, sporcata da salse immani e chiusa da due fette di pane ignobile». Se, insomma, vogliamo nobilitarlo e non solo seguire in trance le sirene del business facile (mica sempre vero, poi), «Occorre almeno fare lo sforzo di ragionare su quello che stiamo facendo».
«Intanto», incalza il cuoco, «se davvero dichiaro di fare uso esclusivo di ingredienti pazzeschi, perché mai dovrei ripetere lo schema classico della carne cotta con la fetta di cipolla cruda? Il paradigma va invertito: carne cruda e cipolla (o scalogno) cotta». La trasposizione intelligente di un piatto senz’anima la puoi fare e disponi di grandi materie prime come la tartare di fassona piemontese («Muscolo anteriore o posteriore, non tagli nobili, l’importante è che sia ben frollata»), per esempio quella dei ragazzi dell’Annunciata di Milano, e cipollotti rossi, cipolle di Breme in stagione o scalogni banana».
Fatto il contenuto, passiamo alle due fette di pane, punto storicamente debolissimo: «Le cose forse stanno cambiando, ma negli Stati Uniti la cultura del pane non è mai brillata: quello dell’hamburger è fatto spesso lievitare con l’ammonio. E per loro impastare solo acqua e farina è ridicolo: ci aggiungono zucchero, latte… pensate al pane degli hot dog». Quello di
Battisti è da formula uno: «Uso l’
Amj (iniziali di
Alexandre Marius Jacob, anarchico francese,
ndr) di
Eugenio Pol: è una miscela di farine di antichi grani duri: russello, timilia, margherito, strazzavisaz, senatore cappelli, grano del faraone… Un composto incredibile».
L’ultimo fattore non è certo il meno importante: «Tu puoi anche usare materie prime incredibili, ma se sbagli la temperatura di servizio diventa tutto inutile». Regola da applicare alla cucina tutta. Nel nostro caso: «Non c’è niente di peggio che addentare un hamburger classico con carne rovente e verdure o pomodori freddi. O un hamburger di tartare con la carne appena tirata fuori dal frigo. Questa dev’essere servita a temperatura ambiente, con le verdure leggermente più calde».
Disclaimer finale prima della ricetta: l’hamburger di Battisti non lo trovate in carta al Ratanà. «Lo faccio solo agli amici più cari».
L’hamburger al contrario di Cesare Battisti
INGREDIENTI
2 fette di pane Amj di Eugenio Pol
130 g tartare di fassona piemontese
mezza cipolla, cipollotto o scalogno
2-3 pomodori confit
salsa verde
3 germogli di cicoria
guanciale di cinta senese
sale e olio

Cesare Battisti è Chef Ambassador di Expo 2015
PROCEDIMENTO
per i pomodorini confit
Appassirli in forno (90°C per 90 minuti) con sale, zucchero e uno spicchio d’aglio.
per i germogli di cicoria
scottarli nell’acqua acidulata e conservarli sottolio.
Un’ora prima del servizio, tirare fuori dal frigorifero la tartare. In una padella, cuocere il guanciale. Nel grasso ottenuto, cuocere la cipolla tagliata a fette molto sottili. Adagiare le fette ben calde di cipolla sopra alla carne per farla intiepidire. Tostare le due fette di pane in forno per 5 minuti a 180°C. Spennellarle con salsa verde (leggera: senz’aglio e con pochissime acciughe). Aggiungere la tartare, i pomodorini confit, i germogli di cicoria e rifinire con qualche fiocco di sale.