«Nove anni fa abbiamo portato qui Alain Ducasse. Gli abbiamo fatto assaggiare i dumpling di carne khinkali di derivazione mongola, gli involtini di melanzane e noci badrijani nigvzit, retaggio dell’invasione persiana, lo stufato d’agnello chakapuli… Era così colpito che a un certo punto ci ha chiesto di parlare con lo chef. ‘Chef?’, l’hanno guardato stupiti, ‘in questo ristorante non ce n’è uno solo, sono in tanti a cucinare’. È li che ho capito che bisognava cambiare qualcosa».
La madrina del cambiamento georgiano si chiama Tekuna Gachechiladze ed è la cuoca che nell’ultimo decennio sta cercando di rivoltare come un guanto la cucina tradizionale del suo paese. Una tradizione di sapori sorprendenti, ci s’intenda, perché il pensiero entusiasta dell’ammiraglio francese era lo stesso nostro prima che entrassimo al Cafe Littera di Tbilisi, alla fine di un bel viaggio nel Kakheti, la culla dei vini del mondo. Avevamo trovato pomodori più esplosivi dei nostri, meravigliose insalate di verdure, khachapuri da divorare in quantità, pane di mais mchadi che aiutami a frenare la pesca.
Chi s’aspettava una cucina così leggera, profumata e per molti versi simile alla nostra? Peccato che, pellegrinando di locanda in locanda, le pietanze tendevano a rimanere sempre le stesse. «La nostra cultura gastronomica», illustrava Tekuna, caschetto biondo, inglese fluente e una loquela appassionata, «risente ancora dell’immobilismo sovietico, durato 70 anni. Siamo stati così ossessionati dal fatto di voler mantenere la nostra lingua, i nostri nomi e il nostro gusto che alla fine abbiamo eretto un muro impermeabile alle cose nuove».

L'apertura del pasto al Cafe Littera, una formula molto conviviale

Merluzzo in crosta di noci su purea di sedano e salsa di dragoncello
Non lei, che una quindicina di anni fa buttò una laurea in psicologia per diplomarsi al Culinary institute di New York: «Papà», chiamò a casa, «voglio fare la cuoca». Al babbo venne un colpo: troppo squalificante l’idea che la figlia potesse smettere il camice da scienziata per indossare quello di un mestiere da sempre anonimo. In poco tempo, il signore si è ricreduto perché
Tekuna è un personaggio sempre più trainante, al timone del ristorante più interessante di tutta Tbilisi, una graziosa dimora art nouveau costruita più di un secolo fa da un produttore di brandy, poi espropriata da un’associazione di scrittori georgiano-sovietici.
«Alla base del mio lavoro», spiega la ragazza, «c’è una doppia missione: recuperare le ricette dalle mille tradizioni che abbiamo perso, come quelle di origine
mingreli, e importare da fuori ingredienti non più in uso come anche semplici carciofi, aglio selvatico o i funghi. Lavoro molto coi contadini. Spiego loro che anche la melanzana e il mais, due simboli della nostra identità commestibile, in realtà arrivarono un tempo dall’India o dalla Persia...». È lo stesso risveglio che sta rianimando
l’universo del vino georgiano: «Nel nostro paese, un tempo c’erano 525 uve indigene. In epoca sovietica ne piantavano solo 4…».

La dimora art nouveau del ristorante

Splendido il giardino esterno

L'opulenza delle sale interne
Capita così di trovare al tavolo del
Cafe Littera un buonissimo
Carpaccio di trota di fiume con mango «perché in Georgia non c’è proprio la cultura del pesce crudo, ma è ora d’iniziare», un delizioso
Chakapuli di cozze «perché c’è chi ha cominciato ad allevarne di buonissime nel Mar Nero», delle Crocchette di melanzane con salsa di noci «alla maniera delle croquetas di patate dei baschi» e persino una deliziosa
Insalata di mozzarella, pomodoro, basilico, un omaggio all’Italia con materie prime 100% georgiane, annaffiate da un olio extravergine d’oliva autoctono, «è il primo che produciamo nel nostro paese», si illumina, «e ne siamo molto orgogliosi».
Un esempio che sta rapidamente attecchendo tra gli altri cuochi della città. Due nomi su tutti:
Levan Kobiashvili del carinissimo
Barbarestan e
Meriko Gubeladze di
Shavi Lomi.
Cafe Littera
13, Machabeli
Tbilisi, Georgia
+995.599.988308
litterareservation@gmail.com
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