Fermentazione, tutti ne parlano. Si sono accorti che esiste un lato B della cucina espressa. Che le materie prime scaldate appena dopo essere state colte o pescate non sono per forza più buone di quelle messe a riposare per mesi (o anni) a contatto col "fuoco freddo" dei batteri (brillante definizione dello scrittore americano Michael Pollan). Un istinto eterno che ora è oggetto di riflessioni che vanno oltre il significato iniziale della tecnica, nata per prolungare la longevità di un certo alimento in climi rigidi o carestia.
In occidente, è vero, fermentiamo da sempre formaggi, salumi, vino, birra, crauti. È da secoli che stiamo attenti a non varcare quella linea che divide il fermentato dal marcio o dal putrefatto. Ma ora siamo più affascinati da tutti quegli aspetti che incrementano la deliciousness (=umami) di un alimento fermentato perchè in tanti casi, alterandolo, è reso più buono e appetibile.

GUIDE. Le nostre guide d’eccezione tra i mercati di Seul: Mingoo Kang (chef del ristorante Mingles) e Jinmo Jang (ristorante And), 60 anni in due
In questo senso, nessuno vanta una tradizione più forte dell’Asia e, in particolare, della Corea. A Seul ogni famiglia tiene in casa due frigoriferi: uno normale e uno di prodotti fermentati. Il secondo ha temperature inferiori al primo e va aperto il meno possibile.
I coreani fermentano da sempre e fermentano tutto: pesce, carne, verdure. Un’ossessione su cui abbiamo cercato di indagare. Per qualcuno è un gesto di autoconsolazione identitaria, una reazione all’assedio millenario dei mai amati vicini cinesi e giapponesi: il nostro cibo basta e avanza. E se mai dovessimo avere carestie o inverni rigidi, faremo da soli.
C'è orgoglio, dunque, nella generazione delle grandi salse fermentate, i veri pilastri della cucina coreana: gan-jang (salsa di soia), gochu-jang (pasta molto piccante di peperoni rossi, fagioli di soia bolliti e sale), doen-jang (pasta di fagioli di soia), erbe e spezie. Un mondo complesso che non è possibile esaurire in una settimana di viaggio. Così come occorrerebbe una vita intera per riferire di tutti i kimchi, le verdure fermentate, il simbolo più noto del paese all’estero. Nelle 8 regioni della Sud-Corea lo fanno in un migliaio di modi diversi. Il più popolare (Geot-jeori) fa fermentare cavoli o lattughe in gan-jang, gochu-jang e olio di semi di sesamo.

BIBIMBAP. La bibimbap dello chef Mingoo Kang, il piatto nazionale del paese: riso con carne di manzo saltata e una combinazione variabile di verdure di contorno. Si aggiunge spesso la salsa gochu-jang, salsa di peperoni rossi fermentati con fagioli di soia e sale. La versione di Mingoo prevede anche del granchio
Ma non è che una porzione di un mondo che prevede infinite categorie commestibili ignote ai più come myeon (noodle e dumpling), bap (piatti a base di riso bollito ma anche orzo o fagioli), guk tang (zuppe di pesce, carne, frutti di mare, alghe o verdure), jjigae (stufati), jjim (brasati), bokkeum (stir-fried), hoe (pesce crudo, il sashimi coreano), banchan (contorni), tteok (torte di riso) e tanto altro.
Per non parlare della galassia delle bevande, dall’ubiquo makgeolli, riso fermentato, ai vari nockha (tè verde), maesil-cha (tè ricavato dallo sciroppo di prugna verde), sujeonggwa (zenzero fresco e cannella), sikhye (riso fermentato nel malto). Tutte fascinazioni che abbiamo raccolto nella fotogallery che trovate in cima all'articolo. Un viaggio tra mercati ricchissimi e ordinati, tra insegne e protagonisti di cucina tradizionale e non solo. Bontà che assegnano un grande fermento anche alle altre cucine del mondo.